Dopo l’uscita della recensione dedicata al primo libro della saga, l’autrice Elena Cavicchi parla ai microfoni di Illyon per raccontarci la sua esperienza.
Bentrovata Elena! Presentati al pubblico di Illyon.
Ciao a tutti! Sono Elena Cavicchi, classe 1973, appassionata di fantasy praticamente da quando sono nata grazie agli stimoli offerti da mio padre – a sua volta fanatico di fantasy e sci-fi – il quale mi ha introdotta all’universo della lettura proponendomi all’età di dodici anni “Il Signore degli Anelli“; ed è proprio con Tolkien che inizia il mio cammino verso un certo tipo di fantasy, più spirituale che materiale, che predilige l’epico e la simbologia a dispetto di una visione più “medieval”.
Parliamo un po’ del sequel. Perché ci sarà un sequel, vero?
Certamente sì. Nel secondo libro de “I Racconti del Grande Nord” tratterò l’epilogo delle storie dei protagonisti del primo libro, attualmente in una situazione di stallo apparente. Sarà inoltre concesso maggiore spazio alle divinità del pantheon celtico e norreno che per il momento sono state volutamente tralasciate; verranno infine introdotte vicende concernenti Albion, la terra dei gloriosi cavalieri di Artù, e Fròn, l’antica Islanda. Naturalmente le azioni dei protagonisti punteranno in maniera più o meno esplicita alla ricerca di una soluzione per distruggere Abomalith e le sue armate. Incrociamo le dita per i nostri eroi…
Ho notato che il tema del viaggio torna molto spesso nella saga: è un caso o è una scelta premeditata?
Assolutamente premeditata: questo perché è proprio attraverso il viaggio che i nostri eroi sviluppano una definita evoluzione spirituale che punta a una coscienza di sé più forte e che consente a questi ultimi di affrontare tutte le sfide della propria esistenza.
Ti pongo una domanda molto personale: esistono personaggi biografici o con i quali hai una certa affinità?
Althea è sempre stato il mio alter ego da giocatrice, sia di ruolo che di videogame. Per cui posso sicuramente affidare a lei parte della mia storia personale, benché abbia comunque preferito mantenermi molto sul vago.
E invece la passione per la mitologia norrena come e quando nasce?
Ancor prima della passione per il fantasy. Un bel giorno, tra i sei e i sette anni, fui incuriosita dal fumetto della Marvel “Thor“; albo dopo albo, l’interesse verso le tematiche mitologiche è cresciuto sempre più fino a spingermi, negli anni a venire, ad approfondire la mia conoscenza delle religioni antiche.
Mi confermi quindi che i pilastri della cultura pagana sono un must ne “I Racconti del Grande Nord”?
Sì, i principali attributi delle civiltà pagane sono di fatto onnipresenti nella saga. Non solo nella loro cornice sovrannaturale ma anche in quella terrena, dal punto di vista sia economico che sociale.
La passione per il lupo come, perché e quando nasce?
Ho sempre nutrito una grande passione per i cani, e non potrei mai fare a meno della loro presenza. Il lupo conserva tutte le caratteristiche somatiche del suo cugino domestico aggiungendo però, dopo secoli di adattamento territoriale, una struttura sociale pressoché perfetta, oltre a un’intelligenza molto sviluppata. Il lupo nutre inoltre un profondo attaccamento alla famiglia – o al branco che si voglia – ed è portatore sano di valori quasi impressi nel DNA.
Qual’è stato l’iter che ha portato alla nascita della saga?
Tutto è iniziato dal background di un personaggio per un gioco di ruolo, per l’appunto Althea; dopodiché è nato un meccanismo quasi fiabesco che ha innescato in me la volontà di scrivere e di narrare i fatti concernenti la protagonista. Quando il libro ha iniziato a prender forma ho capito che avrei dovuto dedicarmi con maggiore costanza ed è così che è nata “La Principessa dei Lupi“; la pubblicazione è stata possibile solo dopo 6 mesi dall’ultimazione a causa di alcune necessarie revisioni da parte degli editors e delle successive pratiche di stampa e diffusione.
Ne “La Principessa dei Lupi” ho notato una descrizione molto dettagliata della magia: è stato difficile conciliare l’utilizzo degli incantesimi con la stesura del libro?
In realtà è stato più semplice di quanto sembri: quando scrivo è come se avessi un ricordo, del tutto realistico, che consente un certo livello di dettaglio nella descrizione senza troppi sforzi da parte mia.
Parliamo ora di attualità: può secondo te il fantasy essere concepito come stile di vita, oltre che come hobby?
Assolutamente sì. Per chi come me è cresciuto con una certa visione dell’universo immaginario non può che far propri i principi che il simbolismo mitologico nasconde gratificando la propria anima grazie a visioni che rendono il nostro presente degno di essere vissuto.
Secondo te il lettore contemporaneo è in grado di cogliere tutte le sfumature del fantasy moderno?
A differenza del panorama mondiale – e in particolare quello nordico – il lettore medio italiano è purtroppo abituato a visioni assolutamente mediocri di vita quotidiana quasi depressa, dove le ingiustizie sembrano prevalere sul buon senso e il disfattismo regna sovrano. Nel fantasy c’è ancora spazio per la meritocrazia, spero quindi che i nostri compatrioti se ne accorgano un bel giorno.
Da autrice freelance, credi sia giusto investire nei propri sogni anche in periodi di crisi come il nostro?
È più che giusto inseguire sempre i propri sogni, senza mai ovviamente eccedere. D’altronde una vita priva di speranze e visioni è una mera corsa per la sopravvivenza.
Un saluto agli isolani?
Voglio ringraziare lo staff per il tempo e per la visibilità concessami, gli amanti del fantasy di tutto il mondo che viaggiano in realtà dove la fantasia prende il posto della scienza poiché non mi fanno sentire sola nel cammino che mi aspetta in questo universo così vasto.
– Pasquale Palma –