Che fine ha fatto The Winds of Winter, sesto libro de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco? Riuscirà George Martin a portare a termine la saga fantasy più apprezzata degli ultimi tempi prima di passare a miglior vita? Il nostro ciccioso autore ha qualche tipo di parentela con Capitan Findus? RT + LS è davvero uguale a JS? Queste ed altre domande sono state poste dai lettori del portale americano Suvudu Universe ad Anne Groell, editor di George R.R. Martin, nel corso di una sessione di Domande&Risposte organizzata dal sito web. Nonostante molti quesiti ancora non abbiano avuto una risposta, la chiacchierata con la Groell ha portato alla luce diversi aspetti interessanti del rapporto editor-autore, nonché le particolarità di Martin, e delle informazioni sul futuro sia della saga letteraria che della controparte televisiva: abbiamo tradotto per voi tutte le domande e le risposte, e la prima parte la trovate di seguito!
NON CI SONO SPOILER: l’intervista contiene soltanto alcune vaghe anticipazioni di ciò che accade negli ultimi libri pubblicati, che ho provveduto a coprire in nero. Potete leggere e comprendere tutto anche senza questi piccoli spoiler, ma se avete già letto l’ultimo libro, La Danza dei Draghi, allora vi basterà cliccare e trascinare il mouse sopra le barre nere per scoprire ciò che c’è scritto sotto.
Quando uscirà The Winds of Winter?
Per quanto riguarda The Winds of Winter, nel momento in cui io avrò una data, l’avrete anche voi. Sono su Twitter, e la Spectra (casa editrice americana dei libri di Martin, ndr) è presente su numerosi social network, quindi appena lo sapremo spargeremo subito la voce. Posso dirvi che George sta lavorando duramente sul libro, e penso che lo avremo in tempi ragionevoli. In questo momento ho 168 pagine che mi ha inviato a febbraio 2013 in modo da poter ricevere il pagamento come da contratto, ma so che ne ha già pronte delle altre, perché spesso mi parla di capitoli che non mi ha ancora inviato. Infatti, quando decidemmo di scegliere quale estratto di TWOW inserire nell’app di A World of Ice and Fire – una cosa meravigliosa che, a proposito, dovreste acquistare e utilizzare tutti! (ad avercela anche noi…, ndr) – lui suggerì il secondo POV di Tyrion, e dovetti ricordargli che non c’era tra il materiale che avevo già.
Puoi spiegarci il tuo ruolo nel processo che va dalla nascita di un manoscritto fino alla sua pubblicazione come libro?
Come dico sempre, quando un editor sceglie un libro deve amarlo veramente… perché finisci col leggerlo un minimo di tre volte, che in altri casi diventano anche sette/otto. Di solito io mi innamoro di un libro nel momento in cui mi viene presentato. In questo periodo ricevo circa un libro al giorno da diversi agenti, quindi faccio vere e proprie scorpacciate di lettura. Ti accorgi subito quando salta fuori qualche racconto particolare, perché è uno di quelli che non riesci a posare, che ti lascia sveglio a leggere fino a tardi. Ho ricevuto materiale di tutti i tipi, da script grezzi ma con molto potenziale fino a manoscritti quasi perfetti. In ogni caso il mio primo editing avviene sempre nello stesso modo: per prima cosa leggo tutto il libro dall’inizio alla fine, modificando in corso di lettura costrutti poco chiari o periodi errati, e nello stesso momento dividendo in pezzi la trama nella mia mente. Poi, arrivata alla fine, ricomincio subito da capo alla ricerca di incongruenze tra gli elementi che ho appreso dopo aver letto il finale, e ciò che c’è durante tutto il racconto. Fatto questo, scrivo una lunga lettera all’autore dove gli parlo di tutti i problemi che ho riscontrato e gli chiedo di risolverli. L’autore poi me lo rispedisce e io lo rileggo tutto per vedere se i miei commenti hanno portato a delle correzioni, ed eventualmente se ci sono altre cose che non vanno bene. E così via, il ciclo si ripete. Solitamente bastano due o tre revisioni per rendere il lavoro accettabile, ma non sono mancati episodi in cui questo processo si è ripetuto per sei/sette volte. Non mi piace dare il via libera ad un prodotto fino a che sia io che l’autore non riteniamo di aver fatto il possibile per renderlo perfetto.
Pensi che Martin impiegherà più di sette libri per concludere Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco?
Ho iniziato a farmi la stessa domanda – anche se lui attualmente ne ha sotto contratto solo sette. Ricordo ancora quando mi chiamò, anni fa, confessandomi che la sua piccola trilogia… beh… non era più una trilogia. Pianificò quattro libri. Io gli dissi: “Sette libri per Sette Regni”. Allora lui disse: “Cinque libri”. E io ancora “Sette libri per Sette Regni”. Poi arrivò a sei. E ribadii… beh, avete capito. Alla fine ci siamo trovati d’accordo. Sette libri per Sette Regni. Bene. Il fatto è che recentemente ho iniziato a lavorare su A World of Ice and Fire (una sorta di grossa enciclopedia su “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” che dovrebbe uscire in Autunno, si vocifera anche in Italia: presto ne parleremo qui su Illyon, ndr) e ho scoperto che tecnicamente i Regni non sono sette, ma otto (poi scoprirete queste cose su chi ha annesso cosa, quando Aegon il Conquistatore è arrivato nel Westeros). Quindi, forse “Otto libri per Sette Regni” andrebbe meglio. In più, mi ha assicurato che non appena concluderà tutto, avrò il permesso di pubblicare una sua lettera di cinque pagine dove viene spiegato lo “scheletro” della storia inizialmente pensata come trilogia.
Credi sia stato saggio tagliare da A Dance With Dragons (il quinto libro americano, ndr) le tre battaglie maggiori?
Sì… le battaglie… Strutturalmente sarebbe stato bello averle tutte insieme. Ma ci sono state delle grosse limitazioni. Per esempio, dovreste sapere che c’è solo un certo numero massimo di pagine che fisicamente è possibile racchiudere in una copertina, e che ci sono davvero poche aziende capaci di rilegare libri così grandi. Quando abbiamo completato A Dance With Dragons, il manoscritto (senza le tre battaglie) era lungo 1513 pagine. Se avessimo dovuto includere anche queste battaglie… beh, non avremmo avuto modo di mandare il libro in stampa. Si poteva dividere il volume in due parti, ma sarebbe stato meno soddisfacente. E probabilmente non sarebbe neanche stato ancora pubblicato, visto che George starebbe ancora lì a scriverlo. Quindi abbiamo tentato di tirare fuori il meglio possibile con i mezzi che avevamo, e crediamo di esserci riusciti: anche se mancano le battaglie, sono certa che il risultato sia comunque soddisfacente, e tanti la pensano come me.
Quali sono i dibattiti autore-editore di cui hai fatto parte e che ti hanno fatta arrabbiare di più?
Non ricordo di aver mai avuto discussioni “pesanti” con autori. Quando amo un libro, lo amo e basta, e faccio il possibile per lavorare nella stima reciproca e soprattutto nel rispetto dell’opera. E credo di essere riuscita sempre a trasmettere la mia passione e il mio entusiasmo anche agli autori: sanno che tutto ciò che io dico è soltanto per il bene del libro. So bene che alcune volte per un autore può essere dura sentirsi dire che la propria “creatura” abbia qualcosa che non vada, e può capitare che inizialmente siano restii a fare delle modifiche e decidano di prendersi un po’ di tempo per pensarci bene – è tutto nella norma –, ma alla fine solitamente ammettono che avessi ragione. In più, non pretendo assolutamente che una soluzione che propongo io sia LA soluzione. Gli autori sono loro, e conoscono meglio di me il proprio libro: ciò che faccio io è semplicemente indicare loro quali sono le cose che non funzionano nella maniera in cui loro le hanno intese, e offro potenziali soluzioni. Se loro dovessero avere idee migliori delle mie, ben vengano! Una delle cose che mi piace di più di questo lavoro è il brainstorming a telefono, durante il quale saltano fuori un sacco di idee. Amo tutti i miei bambini – è così che considero i libri su cui lavoro – e l’unica cosa che voglio è che escano in questo mondo e facciano buona impressione!
Martin spesso inventa parole, nomi e terminologie al volo, a volte ben lontani dall’inglese ordinario. Che sfida editoriale offre una cosa del genere, e come funziona il lavoro di adattamento?
Non mi occupo io di traduzione, quindi non saprei come risponderti. In ogni caso, non credo sia una cosa così difficile. Nel mondo fantasy accade di continuo che vengano inventati nuovi termini e, anzi, spesso può essere anche divertente, a patto che l’autore non esageri – e George, ve l’assicuro, non lo fa.
Sappiamo che gli autori della serie tv Il Trono di Spade conoscono a grandi linee la fine dell’arco narrativo principale di tutti i personaggi. Senza farci spoiler, puoi dirci se la conosci anche tu?
No. George è un tipo riservato, e sa come custodire i suoi segreti. Conosco qualcosa riguardante The Winds of Winter, ma soltanto perché abbiamo dovuto lavorare per ridurre alcune parti del libro che rischiavano di protrarsi troppo, e lui mi ha dovuto rivelare qualche segreto così che io potessi aiutarlo a riorganizzare meglio certi punti della trama. Conosco la fine della storia di Bran e Daniel Abrams, che si sta occupando dell’adattamento in graphic novel di A Game of Thrones per me, sa come si concluderà la storia di Tyrion (e di questo sono invidiosa!), ma come voi siete riusciti a tenere segrete tante cose a chi ha seguito la serie tv senza aver letto prima i libri (e ancora sono impressionata da come siate riusciti a non spoilerare niente sulle Nozze Rosse), anche io non vi dirò nulla di ciò che so. George in qualche modo è riuscito a coinvolgerci tutti in questa “cospirazione del silenzio”, che apprezzo molto e alla quale ovviamente aderisco! Sono stata a pranzo con Daniel (B. Weiss, uno degli sceneggiatori della serie tv, ndr) e ci siamo ripromessi di non svelarci a vicenda ciò che già sapevamo. Insomma, per farla breve, proprio come voi anche io mantengo i segreti di George.
Come ci si sente a poter leggere prima di tutti gli altri i racconti di George Martin, Terry Brooks, Robin Hobb e Scott Lynch?
Ovviamente è la cosa più incredibile dell’universo! Come potrebbe essere altrimenti? Non c’è dubbio che si tratti dell’aspetto più bello di questo lavoro! Adoro quando succede che sono così presa da un manoscritto da dimenticare di star lì a leggerlo per doverlo correggere, trovando qualcosa che non funziona bene e rimanendoci male… per poi ricordarmi che, essendo l’editor, POSSO SISTEMARE TUTTO! Yay!
Hai mai pensato, quando hai iniziato ad occuparti de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, che ci avresti lavorato quasi per una vita intera?
No. Mi sono innamorata del libro per la prima volta nel 1994, venti anni fa, quando esistevano soltanto 100 pagine (più la famosa lettera di George dove spiegava a grandi linee il nucleo centrale della trama). Il primo e il secondo libro uscirono poco tempo dopo, e a poca distanza anche il terzo. Poi ho conosciuto e sposato mio marito nel periodo di tempo in cui sarebbe dovuto uscire il quarto libro (che invece era in ritardo), e per come si erano messe le cose temevo che prima che ciò accadesse sarebbero trascorsi anche il nostro primo Natale e la nostra luna di miele. Non mi sarei dovuta preoccupare. Quando George era in ritardo, invece, con l’uscita del quinto libro, ho avuto un bambino. C’è stato questo momento divertente nel 2008, quando ero incinta e sia George che Connie Willis erano in gran ritardo con i loro libri. George propose questa “corsa alla consegna”, e chi avrebbe concluso per primo avrebbe scelto il nome di mio figlio. Declinai la cosa, ma non avrei dovuto temere niente: Connie mi “sconfisse” consegnando il manoscritto due mesi prima della nascita del bambino, ma sono certa che avrebbe scelto un nome fantastico. In ogni caso, provo sempre un certo piacere perverso nel ricordare a George che l’ho battuto sul tempo con un essere umano di due anni e mezzo che cammina e parla. A parte gli scherzi, resto ottimista. Voglio continuare con questa avventura fino alla fine, qualsiasi cosa essa comporti!
Un’altra bella caterva di domande e risposte vi aspetta nella seconda e ultima parte dell’intervista, che pubblicheremo la settimana prossima: restate sintonizzati!