Giochi di successo in America, Europa e Asia… mai arrivati in Italia. Diciamo basta!
Il mondo dei videogiochi è in continua espansione. Con la progressiva evoluzione delle console e, di conseguenza, con gli sforzi sempre maggiori degli sviluppatori di tutto il mondo, il mercato è molto vivo e florido e continua a sfornare titoli più o meno rispettabili. Ma volendo essere più specifici e volendo rimanere nell’ambito della nostra penisola, il discorso tende a farsi insidioso. È risaputo, in effetti, che in Italia la cultura del videogame è un po’ meno sviluppata rispetto a molti altri Paesi. Siamo più aggiornati del Burkina Faso, certamente, ma non è questo il punto.
Ci sono, tuttavia, delle precisazioni da fare. Anche se di videogames made in Italy ce ne sono pochi e ancora meno degni di essere giocati, negli ultimi tempi ci sono delle promettenti scintille di creatività nostrana. Basti pensare alla Indomitus Games di cui abbiamo già parlato in un altro articolo o all’annuncio di un gioco indie esclusivo per PS4 sviluppato interamente da un team italiano in collaborazione con Sony. Ma a parte questo, la maggior parte dei prodotti videoludici va necessariamente importata. Ed è qui che cominciano i problemi.
Molto spesso, succede che determinati videogiochi che potrebbero essere importati e tradotti a dovere, non raggiungono mai la nostra nazione. È il caso soprattutto di moltissimi videogiochi giapponesi e anche americani, che non hanno mai visto la bandiera tricolore. Tutto ciò, per un appassionato del genere, può essere assai frustrante e molto spesso porta quasi “necessariamente” alla pirateria. Senza contare poi la sempre presente e attivissima censura italiana, che molto spesso impedisce l’arrivo in Italia di determinati tipi di prodotti che, tutto sommato, potrebbero comunque essere più che apprezzati.
Uno degli esempi a mio parere più discutibili è dato dai videogiochi di “Shin Megami Tensei” e in particolare della serie dei “Persona”, direttamente dalla Atlus. Si tratta di RPG molto particolari ma anche molto affascinanti. Il gameplay è assai innovativo: unisce in sé moltissimi elementi diversi, tra cui il real-life simulator e l’RPG vecchio stile, con combattimenti a turnazione (stile Final Fantasy VII o X, per capirci), magie, mostri e boss vari, ecc. La trama, poi, è particolarmente originale e cattura molto l’attenzione del giocatore. In America e Giappone, il successo è stato molto più che discreto ma, in Italia, l’intera serie non è mai arrivata, con l’eccezione di “Persona 4 Arena”, che è però un picchiaduro.
Un altro clamoroso esempio è la trilogia dei “Dot Hack G.U.” della CyberConnect2 (stessi sviluppatori di tutti i giochi di Naruto). Anche questo è un RPG molto particolare, ambientato in un mondo cibernetico, con personaggi e armi piuttosto futuristiche, ma ambientazioni, incantesimi e nemici in stile fantasy vecchio stampo. Il gameplay è in stile “hack ‘n’ slash” con parecchi elementi ruolistici e una trama particolare e piuttosto originale. Unica pecca comune a tutti e tre i titoli è una certa ripetitività, ma è inevitabile. E anche qui un successo strepitoso all’estero, la completa assenza in Italia. E anche stavolta, l’unico gioco tradotto in italiano e distribuito qui da noi è un picchiaduro basato sui personaggi della serie. Coincidenza? Chissà.
E questi sono solo un paio di esempi, ma la lista di “aborti” è lunghissima. Tantissimi giochi, anche avendo avuto riscontri positivi in altri paesi, vengono snobbati totalmente dall’Italia. Tutto questo non può che generare una grande frustrazione in tutti noi videogiocatori incalliti. Questa tendenza tutta italiana a scartare determinati tipi di videogames porta il consumatore a dover fare i salti mortali o a dover sfociare nella pirateria per riuscire a raggiungere un determinato prodotto. La colpa è probabilmente da attribuire alla compagnie di distribuzione italiane, forse troppo poco sensibili a determinati prodotti. Ma è solo un’ipotesi; sta di fatto che, con l’avvento della Next Gen, non possiamo che sperare in una più che moderata sensibilizzazione a questo proposito. Altrimenti… Riot is the way!
– Giovanni Vietri –