Le forze del caos hanno trovato una breccia per tornare nel nostro mondo. Il loro obbiettivo? Fagocitare l’universo e ristabilite il disordine primigenio.
Hoenir il Druido è un libro di Daniele Bello, Edizioni PerSempre. O meglio è una serie. Qui parliamo del primo libro che ha per titolo La Profezia. Lo guardo, è un libro piccolo, un cartaceo dalla copertina morbida, poco più di duecento pagine. Penso che lo leggerò in fretta, dopotutto ho letto libri molto più grandi in poco tempo. C’è una piccola nota sull’autore in basso, sul retro del volume. Leggo.
Si interessa e scrive di mitologia e fantasy.
Toh, – penso – uno che ne capisce qualcosa! Uno che sa di quello che scrive, potrebbe tirare fuori qualche antica leggenda e scrivere qualcosa in merito.
Ho sempre adorato la mitologia. Mi è sempre piaciuto ficcare il naso in in culture e tradizioni di altri popoli. Al diavolo, ho un dizionario di geroglifico seppure non mi sia mai messa di lena a studiarlo. Conosco il mito così come me l’hanno insegnato. Quello greco, quello romano, qualcuno anche egizio.
Comincio a leggere.
Una breve introduzione in versi, secondo rigo, primo errore. Invio una serie di spergiuri all’editor che dovrebbe essersi accorto di un refuso posto così in evidenza dal verso, un femminile al posto di un maschile, ma vado avanti. Può capitare, mi dico, dopotutto anche a me capita qualche attacco di dislessia, per questo anche su Illyon abbiamo il nostro editor. Non me la prendo con l’autore, ma con chi avrebbe dovuto correggere, sarà ma magari è sfuggito anche a lui, può succedere anche questo. Vado avanti, dopo l’introduzione, che poteva funzionare come una dedica, è il prologo il quale si sviscera come una presentazione di quelli che saranno i personaggi principali: il druido Hoenir, il ladro Autolico, il fabbro Kowen e la sacerdotessa Crise.
Capitolo due.
C’è un tratto scritto in piccolo. Enciclopedia del Sapere, cita. Ce ne sarà uno ad ogni inizio capitolo. Mi chiedo perché l’autore non abbia lasciato questi pezzi nelle note a fine testo OPPURE non abbia preferito sfruttarli all’interno della narrazione. Scelte stilistiche, chi sono io per giudicare? Ah, sì, sono il recensore! Il secondo capitolo è, comunque, ancora introduttivo, spiega il contesto, evidentemente. Leggo nomi: Ymir, Midgard, Yggdrasill… Ah! Mitologia nordica! Mi manca una vera cultura in questo campo, conosco i nomi, conosco alcuni personaggi, ma non posso dire di esserne un esperta. Bene, qualcosa di nuovo da imparare. Del resto mi manca solo il tempo, o avrei già buttato un occhio alla mitologia nordica.
La lettura prosegue. Il ritmo mi risulta lento eppure gli eventi sono veloci. Anche negli scontri, quando ci sono, non si percepisce il movimento, pochi attacchi portati a segno e tutto si conclude. Gli errori grammaticali continuano a essere presenti nel testo, più volte mi chiedo che diavolo abbia fatto l’editor con questo testo e se l’abbia corretto mentre giocava a Farmville su Facebook (d’accordo questa era cattiva). Le parentesi imperversano. Ci sono parentesi ovunque, spesso risultano obsolete, appesantiscono il testo, parecchie volte sarebbero state sufficienti un paio di virgole, altre davvero sarebbe bastato omettere.
Altro tasto dolente: le citazioni.
Troppe, decisamente troppe. Abbiamo capito che all’autore piaccia la mitologia, abbiamo capito che abbia usato questa come base, ma ci sono continue interruzioni della trama che come ho detto risulta già parecchio lenta. La storia dello scriba si sarebbe tranquillamente potuta aggiungere in appendice, in un unico blocco. Avrebbe reso il tutto decisamente più scorrevole. Io l’ho odiato, a tratti lo scriba, l’ho odiato profondamente. Una nota positiva: l’appuntarmi di comprare una copia dell’Edda di Snorri e anche la Voluspà e leggerla in edizione integrale quando il tempo consentirà. Magari vedrete una recensione anche su quella. Un po’ di cultura, ragazzi, non fa male.
Andiamo avanti. I personaggi. Hoenir mi è sembrato un po’ afflitto dal morbo del powerplay: d’accordo che è il prescelto della profezia, ma non puoi far fuori i cattivi così, come se niente fosse. Insomma, anche i cattivi hanno una loro dignità. Il fabbro è il tipico personaggio buono. Se ne sta lì, fa il suo dovere e non si chiede troppo perché. Lo fa perché è giusto, fine della storia. Il ladro mi è simpatico, mette allegria e almeno c’è qualcuno che si diverte nella compagnia. La sacerdotessa… lei mi ha lasciato parecchi dubbi. Da giocatrice di ruolo mi sembra assurdo che la sacerdotessa di turno abbia da farsi dare delucidazioni sui non-morti da un fabbro, insomma, “Individuare non-morti” è un incantesimo di primo livello. Ma questi sacerdoti alla fine si ritengono più filosofi che altro. Quando però poi sul finale si trova a dover praticare esorcismi, lì le riesce anche fin troppo facilmente. Sarà un problema mio, forse, ma quando gli eroi hanno vita troppo facile mi riesce difficile legarmi alla storia e poi, provando una grande simpatia per i cattivi mi sale una certa tristezza a vederli bistrattati così, spesso sembra che non gli si dia nemmeno il tempo di agire.
In conclusione è un libro che mi ha lasciata molto perplessa. Forse per impostazione, forse per altri elementi di quelli trattati non sono riuscita a goderne. Forse, chi lo sa, l’autore sarà più fortunato con il capitolo successivo. In ogni caso vi lascio comunque il link, se magari siete curiosi o volete farvene un’idea vostra di dove sia possibile acquistare il libro: http://www.edizionipersempre.it/catalogo/hoenir_il_druido.html