The Legend of Zelda: A Link to the Past (1991)
Il nostro primo appuntamento è servito a presentarvi i due episodi di The Legend of Zelda pubblicati su NES, e a farvi stringere un cuscino piangendo e ricordando quei fantastici momenti. Adesso le cose iniziano a farsi serie, perché Nintendo ebbe tanto successo con quei titoli, e la possibilità di attingere ad un budget più cospicuo, unita all’arrivo di una macchina più potente (il mai troppo lodato Super Nintendo), fece sì che ci fossero tutti i presupposti perché il mondo potesse mettere le mani su uno degli episodi di Zelda più amati di sempre, secondo soltanto ad Ocarina of Time per Nintendo 64 (almeno per me, ma lo so che tanti di voi non la pensano allo stesso modo). In Giappone è il 21 novembre 1991, e nei negozi approda A Link to the Past, che da noi sarà disponibile circa un anno dopo, nel settembre del ’92. Grandissimo potrebbe essere uno degli aggettivi per questo gioco. Un mondo enorme da esplorare, miriadi di oggetti da raccogliere e dungeon da affrontare: per quanto i primi due Zelda siano ottimi giochi, e per quanto fossero stati limitati dall’hardware della console sulla quale giravano, è impossibile non rimanere comunque colpiti dalla vastità di A Link to the Past, se confrontato con i suoi due predecessori. Lo so che è un paragone senza senso, ma di fronte a un capolavoro uno non sta lì ad essere oggettivo, ecchecazzo.
Nintendo decise che lo stile a scorrimento laterale di Zelda II non poteva rendere giustizia a questo nuovo gioco, quindi adottò di nuovo la visuale dall’alto del primo episodio, ovviamente molto più curata e “malleabile”. La storia raccontata qui è antecedente ai titoli NES, a ci mette nei panni di un Link che stavolta dovrà salvare il regno dallo stregone Agahnim, deciso a liberare Ganon dalla sua prigionia nel Dark World. Il suino birbantone, infatti, secoli prima era riuscito a penetrare nel Sacred Realm, una sorta di piano parallelo ad Hyrule, ottenendo il potere della Triforza custodita al suo interno, e trasformando le lande dorate in un regno oscuro. Per evitare il contagio con Hyrule, Ganon fu quindi sigillato all’interno del Dark World da sette saggi. Il piano di Agahnim è quello di spedire nel Dark World i discendenti di quei saggi, così che possano rompere il sigillo e liberare il porcellone. Link tenta dunque di impedirlo, ma nonostante riesca a far fuori lo stregone, finisce anch’egli nel mondo oscuro, e alla fine fa ancora una volta i conti col suo nemico giurato.
Anche con questo titolo vengono introdotti tanti elementi che poi saranno ripresi in futuri capitoli, come i Frammenti di Cuore, la leggendaria Master Sword, e l’Arpione. Il discorso vale anche per la parte musicale, realizzata dal maestro Koji Kondo (autore che noi appassionati Nintendo conosciamo bene e col quale ci intratterremmo volentieri in rapporti carnali) e riarrangiata spesso anche nei successivi The Legend of Zelda, con nostra somma ggiuoia.
La particolarità di A Link to the Past è che il giocatore si trova a viaggiare continuamente tra due mondi, ovvero il Light World (la Hyrule vera e propria) e il già citato Dark World (che, come ho detto prima, è il piano di Hyrule divenuto corrotto dopo l’arrivo di Ganon). I due regni, essendo paralleli, sono fondamentalmente uguali, tranne che per l’atmosfera, i colori e la diversa disposizione di alcuni elementi. È proprio per questi ultimi che l’utente si ritrova spesso a dover passare da uno all’altro piano: un personaggio che cerchiamo può essere presente solo in uno dei due regni, così come è possibile accedere ad alcune zone soltanto in uno o nell’altro mondo. Questa dualità è la chiave sulla quale ruota tutta la seconda parte di A Link to the Past, e chi l’ha completato ricorderà sicuramente la soddisfazione nel risolvere i vari enigmi viaggiando tra il Light e il Dark World. Questo è anche il primo Zelda ad introdurre i dungeon multipiano, che chiaramente contribuiscono a rendere la risoluzione degli stessi molto più ardua, ma fortunatamente mai frustrante. La formula, però, resta la stessa: all’interno di ogni labirinto c’è un nuovo oggetto o arma da utilizzare per sconfiggere il boss, e successivamente per raggiungere zone della mappa (che, a proposito, ha un fighissimo effetto simil-3D) altrimenti precluse.
Il gioco originale ha venduto oltre 4 milioni di copie, e ovviamente Nintendo ha pensato bene di farlo conoscere anche alle generazioni successive di giocatori, rendendolo disponibile con un porting sia su GameBoy Advance (insieme ad una divertentissima modalità multiplayer chiamata Four Swords, della quale vi parlerò prossimamente), sia sulla Virtual Console di Wii. In più, il prossimo Zelda attualmente in sviluppo, ovvero quello per Nintendo 3DS, sarà proprio un sequel di questo A Link to the Past. E voi che mi dite? Quanto avete amato questo gioco? Nel lasciarvi, vi do appuntamento alla prossima retrospettiva, dove parleremo del primo episodio portatile della saga, Link’s Awakening per il mattonoso GameBoy!
BONUS: ecco lo spot giapponese di A Link to the Past. Da mani nei capelli, proprio.
–Mario Ferrentino–