“…e Dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza…” e creò Adamo, modellando una massa, senza forma, che in ebraico viene denominata Golem, fatta cioè di terra e di acqua.”
Nel corso del tempo ho sentito le più svariate affermazioni su questo gigante, “un’immensa creatura, scolpita abilmente nella soffice argilla, vestita di pochi stracci e dal volto vagamente umanoide”. Ma non è tutto: altri hanno invece detto che “era una spaventosa mostruosità fatta di pezzi diversi, tenuta insieme da ferro e borchie, che aveva una parvenza di vita”. Per altri ancora, invece questo nome suscita avventure e Giochi di Ruolo, dove il Golem, nella sua concezione di classico, assume la forma di un costrutto di ferro. Eppure qualcosa nella nostra cultura ci lega indissolubilmente al fascino e al mistero di questa creatura. Essa, infatti, se ci fermiamo a riflettere viene letteralmente creata.
Pare ovvio che la creazione dell’uomo non poteva non dar vita a tutta una serie di leggende che, seppur non menzionate nella Bibbia, hanno trovato, ognuna, un’appropriata collocazione in molti antichi testi di tradizioni ebraiche, ed in particolare in quelli che riguardano la Creazione: la possibilità di donare vita, come Dio, a un Golem, un impasto di argilla, un Adamo creato però dall’uomo. Una condizione essenziale si imponeva per animare la statua di argilla, ed era quella di inserire nel petto, all’altezza del cuore, o nella fronte, una pergamena con la trascrizione di uno dei tanti misteriosi “nomi di Dio” che solo pochi maestri, chiamati ßaal Shem (“i maestri del nome”) conoscevano, perché addentro ai segreti della Kabalàh. Eppure, durante tutta questa chiacchierata sul Golem, mi rimane alla mente un solo dettaglio: “l’uomo non può sostituirsi al mondo”.
A questo punto, però, occorre anche un breve accenno al rituale per plasmare i Golem, tenuti nella massima segretezza perché la creatura, una volta in vita, rispondeva ciecamente soltanto agli ordini di colui che lo aveva creato. Nel titolo si parla non a caso di Praga: infatti, tra i tanti Golem, il più famoso è senza ombra di dubbio quello realizzato verso la fine del 1600 dal rabbino Judah Low Bezaleel, conosciuto come il “Gran Maestro Low”, nel ghetto della capitale ceca, città in cui le tradizioni occulte ebraiche erano intense e fiorenti. Qui diverse sono le leggende legate ai giganti d’argilla: fra tutte, vale la pena di raccontare le due più accreditate e più note. La prima racconta di Rabbi Low e di come utilizzasse un gigantesco Golem, dotato di una forza mostruosa che gli consentiva di lavorare nei campi, senza mai stancarsi, tutti i giorni escluso il sabato. Rabbi Low, temendo di profanare lo “shàbat”, il giorno sacro dedicato al riposo e alla meditazione, aveva ben cura di togliere ogni venerdì sera, dal petto della creatura, la stella di Davide contenente le misteriose lettere componenti il nome di Dio. Una volta terminata l’operazione, il gigante si bloccava per incanto diventando di colpo una massa di argilla senza vita. Un venerdì, però, Rabbi Low, distratto da altri problemi, dimenticò di togliere il talismano. Accortosi dell’accaduto, e non trovando la gigantesca creatura in casa, corse per strada alla ricerca del Golem, riuscendo a raggiungerlo nei pressi della Sinagoga. Sebbene affannato per la lunga corsa, Rabbi, con un movimento lesto, riuscì ad estrarre la stella dal petto del gigante d’argilla che in un baleno cadde a terra in mille pezzi.
Ma non è tutto, non sarebbe interessante altrimenti, no? La versione più accreditata della leggenda del Golem, in verità, è quella ambientata nel periodo delle persecuzioni antiebraiche a Praga, durante il regno dell’imperatore Rodolfo di Asburgo, nel periodo che va dal 1683 al 1710. Il rabbino capo Low, capo spirituale della comunità ebraica del ghetto, preoccupato per l’editto dell’imperatore che imponeva l’allontanamento di tutti gli ebrei dalla città decise – extrema ratio – di dare vita a un gigante di argilla, al fine di difendere la sua gente. Si diede, dunque, alla febbrile ricerca della formula misteriosa e, una volta trovatala, non esitò ad animare il Golem secondo il rituale arcano. Chiese udienza all’imperatore e, una volta ottenuta, si recò a corte accompagnato dal silenzioso e fedele servitore, per chiedere l’annullamento dell’editto persecutorio. Rodolfo d’Asburgo, a cui avevano molto parlato delle conoscenze iniziatiche dei rabbino Low ben Bezaleel, gli chiese una dimostrazione di tali poteri. Indescrivibili furono lo stupore e il timoroso silenzio da cui furono presi i cortigiani, turbati dal susseguirsi delle visioni legate alla storia di Israele: Mosè, il Mar Rosso e il peregrinare nel deserto dei figli di Abramo, come in un film tridimensionale. Ad un certo punto, però, qualcuno cominciò a ridere contagiando tutti, imperatore compreso. In tutto il salone del castello, ben presto, non echeggiarono che sonore risate e commenti irriguardosi. A dire il vero, non furono i soli a sentirsi. Sinistri scricchiolii e fragore di vetri infranti accompagnarono il distacco dei decori dalle pareti generando, in un attimo, terrore e scompiglio: tutto sembrava fosse in procinto di crollare. L’imperatore, terrorizzato da quanto stava accadendo, supplicò il rabbino Low di perdonare l’irriverenza promettendo, in cambio della salvezza, la revoca del provvedimento. Il Golem, allora, dopo aver ricevuto un comando dal Rabbi, sorresse la trave centrale che reggeva la volta del salone, consentendo a tutti di salvarsi. Da quel momento in poi, però, Low non riuscì più a controllare la gigantesca creatura che, quasi impazzita, gli impedì l’asportazione dell’amuleto: il Golem si era reso conto che la sua umanizzazione dipendeva proprio da quella misteriosa stella che portava nel petto e, respingendo tutti, incominciò a girovagare per Praga, seminando panico e travolgendo, con la sua mole, ogni cosa. A un certo punto, però, il Golem s’imbatté in un bambino, per nulla spaventato di quanto stava accadendo e, afferratolo con le sue possenti mani, lo sollevò per guardarlo meglio, rimanendo indeciso sul da farsi. Non si accorse, però, che il luccichio della stella di Davide aveva attratto l’interesse del bambino. La mano del bimbo, allora, si tese verso l’amuleto e lesta, in un attimo, lo strappò dal petto del Golem, determinando la sua conseguente caduta al suolo, tra un rovinio di pezzi informi di argilla.
Malgrado siano trascorsi da quel giorno tanti anni, ancora oggi, specialmente in coincidenza del cambio delle stagioni, sono in molti a giurare di veder vagare, nei vicoli del ghetto di Praga, un uomo gigantesco, con una stella di Davide sul petto, silenzioso e docile, pronto ad accorrere in aiuto di chi, trovandosi in difficoltà, lo chiama.
Tutte le leggende legate ai Golem, stranamente, non possono non sollecitare alcuni interrogativi destinati, purtroppo, a rimanere senza risposta alcuna. Perché mai “i maestri del nome”, coloro che potevano creare i giganti d’argilla, hanno sempre impedito la completa umanizzazione delle loro creature? Forse temevano la più ovvia conclusione, ovver0 che prima o poi tanto potere sarebbe sfuggito alle mani dell’uomo? Eppure il Golem, pur di pervenire alla dimensione umana, allo stadio evolutivo dei loro “creatori”, contravvenendo alla regola dell’obbedienza si era ribellato determinando, così, la sua fine. Continuate pure il vostro viaggio nel fantasy e nel mistero: ora conoscete una delle creature più comuni lungo i luoghi del potere, creati da “uomini potenti per servire in eterno”. A noi rimane la biblica lezione della “creazione dell’uomo”, dell’Adamo scacciato dal Paradiso terrestre, che, ciò nonostante, induce l’Uomo ancora oggi a sfidare “l’ordine precostituito della natura”… ma non è molto simile a quella del Golem?
Michele D’Elia