Non vi posso negare che per i primi 15-20 minuti, ho temuto il peggio. Poi la situazione è migliorata. Alla fine era più o meno tutto chiaro.
Cloud Atlas, l’ultimo lavoro di Tom Tykwer, Andy Wachowski e Lana Wachowski, tratto a sua volta dal romanzo di David Mitchell, potrebbe scatenarvi più o meno la stessa reazione. Non si tratta di un prodotto leggero e per tutti, ma sicuramente meno terribile di quanto la gente voglia far credere. È comunque piuttosto difficile assegnarlo ad uno specifico genere, considerando che il film è suddiviso in sei storie, che spaziano dal tema del fantastico, fino a quello noir. Ve le riporto in breve:
1839: L’avvocato Adam Ewing (Jim Sturgess) si ammala durante un viaggio, e viene curato dal dottor Goose (Tom Hanks). Mentre sta per tornare negli Stati Uniti, scopre che sulla nave si è nascosto un clandestino di colore, Autua (David Gyasi), che chiede il suo aiuto per poter restare sull’imbarcazione.
1936: A Zedelgem, in Belgio, il giovane musicista bisessuale Robert Frobisher (Ben Whishaw) lavora come copista per Vyvyan Ayris (Jim Broadbent), celebre compositore, raccontando le sue esperienze al suo amante Rufus Sixsmith (James D’Arcy), tramite delle lettere. Robert è impegnato nella composizione di una sinfonia che chiama Cloud Atlas Sextet.
1972: Luisa Rey (Halle Berry) è una giornalista di Spyglass Magazine, rivista con sede a San Francisco, e per caso conosce un anziano signore, Rufus Sixmith (James D’Arcy), che le chiede aiuto per indagare sui pericoli di una nuova centrale nucleare.
2012: Timothy Cavendish (Jim Broadbent) è un editore un po’ sfortunato. Dopo aver subito le minacce dei tirapiedi di un suo scrittore (Tom Hanks), giunti a reclamare una parte dei guadagni sul suo libro, chiede aiuto a suo fratello Denholme (Hugh Grant), che invece lo fa rinchiudere in una casa di riposo fin troppo simile ad una prigione.
2144: la Terra è dominata dal consumismo, e a Neo Seoul vengono prodotti esseri umani artificiali con lo scopo di essere schiavizzati. Qui il clone Sonmi-451 (Doona Bae) lavora in un fast food dov’è costretta a sopportare le angherie del capo e dei clienti. Viene però liberata dal ribelle Hae-Joo Chang (Jim Sturgess), convinto che lei possa in qualche modo guidare una rivoluzione e rovesciare il sistema.
2321: Zachry (Tom Hanks) appartiene a una pacifica tribù primitiva di contadini, adoratori della divinità Sonmi, e superstiti di un mondo devastato alcuni anni prima da un cataclisma noto come “La Caduta”. L’arrivo di Meronym (Halle Berry), emissaria di una comunità moderna, cambierà la sua vita.
Queste sono le storie. Alcune di esse, come avrete capito, sono direttamente collegate tra loro. Altre in apparenza no ma, una volta alzati dalla poltroncina rossa, vi renderete conto che in realtà c’è davvero una linea (anzi, più di una) che connette le vicende dei vari protagonisti. Si potrebbe quasi dire che ci troviamo di fronte ad una visione un po’ più ampia del concetto dell’effetto farfalla della teoria del caos: piccole variazioni in una condizione iniziale producono grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema. In Cloud Atlas queste variazioni avvengono addirittura nel passato e nel presente. Per far capire allo spettatore questi link (dopo i famosi venti minuti iniziali di spaesamento), i registi non hanno messo le varie storie in sequenza, bensì le hanno interrotte e montate tra loro incrociandone i fili in determinate situazioni, che si ripetono in maniera simile in un’epoca e nella successiva (l’apertura di una porta, la corsa di una persona, ecc…). Il lavoro è eccellente, e riesce anche a sottolineare come non solo le vicende, ma anche i vari personaggi, reinterpretati dallo stesso cast in ogni storia (alcune volte con risultati esilaranti, provate a non ridere di fronte alla versione “bionda molesta” di Hugo Weaving, il “nostro” Elrond), abbiano un qualche legame, seppure diverse volte quasi impercettibile. Dopo le quasi 3 ore di film, quindi, si resta assolutamente soddisfatti, nonostante a mio avviso vada rivisto almeno una seconda (e, perché no, anche una terza) volta, per poter capire meglio dall’inizio tutti i vari collegamenti (e questo schema può aiutarvi, ma leggetelo solo dopo aver visto il film). Con questo mix di diversi generi, è impossibile che non ci sia qualche momento morto, ma in fondo non è nulla che uno spettatore sufficientemente lucido non riesca a superare. Di contro, se vi appisolate chiaramente vi perderete parte della storia e potreste non capire più un cazzo. Ma Hugo Weaving vi farà sghignazzare comunque, anche in versione cinese.
-Mario Ferrentino-