I nomi di Tolkien, Martin, Goodkind o di altri bravi scrittori fantasy sono giunti alle masse e alle nuove generazioni grazie alla trattazione cinematografica delle loro storie. I libri fantasy risultano quindi mattoni pesanti e noiosi per il pubblico generalista?
Che ogni appassionato fantasy abbia divorato la trilogia de Il Signore degli Anelli, con contorno di Lo Hobbit e Il Silmarillion non c’è storia, nessuno lo mette in dubbio. Che George R.R. Martin sia sempre stato un grande anche prima della serie “Il Trono di Spade” è una certezza. Ma un grandissimo strasuccesso è dovuto anche alla trattazione cinematografica.
Mettersi in mano ad un tizio che fa il regista, ad un produttore e a degli attori che non sono mai come li hai sempre immaginati tu scrittore, attiva un meccanismo che per forza di cose trasla in qualche modo il complesso immaginario che sta nella mente dell’autore e negli occhi della sua soggettività. Per non lasciare i loro libri in balia dei moti della settima arte, i romanzieri si aggirano dietro le quinte del film, curano o supervisionano la sceneggiatura, e non lasciano in alcun modo sole le loro opere. Ma il cinema è diverso dalla letteratura, così non mancano cambiamenti, tagli, scene aggiuntive.
Risultato? I film fanno il botto e arrivano, più celeri di un libro, nell’interesse di lettori distratti e generalisti che non masticano fantasy. E infatti danno lustro e successo ai libri, sui quali spesso si ripiega dopo, assetati di dettagli e piccole chicche non presenti nei film.
Con questo non voglio dire che senza i film tali libri non avrebbero avuto visibilità (ricordiamo che Il Signore degli Anelli è tra i 5 libri più venduti e letti al mondo), ma che la magia cinematografica riesce a fare tanto e a raccontare storie ad un pubblico di ogni tipo, che non si sforza di leggere o immaginare, ma che piomba nelle scene concitate e stupende realizzate per il grande schermo. Lo stesso si può dire ad esempio per Martin, che ha iniziato a scrivere negli anni ’80 e oggi è conosciuto in tutto il mondo anche grazie a quella serie che la HBO ha prodotto in maniera encomiabile, o per la stessa Rowling, che ha accoppiato libri e film ottenendo un successo galattico.
C’è poi un caso interessante di questa storia che è quello della serie “La Spada della Verità”, la quale non è riuscita a consacrare come avrebbe dovuto l’opera omonima composta di ben 11 mattoni discretamente piacevoli. La serie risulta un po’ triste, nonostante sia comunque un’opera fantasy, e gli stessi fan di Goodkind si sono spesso opposti alla trattazione televisiva criticandola aspramente. Però anche la Fanucci (che saluto!) e che ha stampato i libri di Goodkind con le copertine delle immagini del film, poteva evitare questa cosa. Volevano consacrare forse un mix tra due media diversi? O far leggere il libro a chi aveva visto la serie?
Questo miscuglio è forse mal riuscito. Una volta che le due cose si collegano diviene inevitabile il confronto continuo tra i due tipi di opera, film e libro. Se fossi uno scrittore fantasy non so se farei un film del mio libro, almeno finché sarei in vita. Le parole, che si susseguono e si legano, che raccontano, evocano e ti attraggono in un mondo che esiste sono in quelle pagine, sono sacre. Non vorrei mai profanarle, ma lasciarle lì, come un segreto cui può accedere solo una persona illuminata, il lettore.
Adesso mi chiedo, chi di voi sta aspettando la terza stagione de “Il Trono di Spade”, si è già riversato sui libri o prega gli dei antichi e nuovi che arrivi subito il 2013 per vedere comodamente la serie stravaccato sul proprio divano?
Kal, Viandante dell’Ovest
–Luca Scelza–