Diciassette anni e non sentirli: ecco cosa ne penso del franchise di The Dresden Files. Per chi si fosse perso gli exploit del grande mago (professionista) Harry Dresden, sto parlando di una serie di romanzi (e ora un vero e proprio franchise) frutto della mente dello scrittore americano Jim Butcher.
Iniziata nel 2000 con Storm Front, la saga racconta in prima persona la vita di Harry Dresden, mago di professione, nella moderna Chicago. L’ambientazione potrebbe essere definita un’interessante mistura di poliziesco hard boiled e urban fantasy, in ultima considerazione non troppo lontano dall’universo di Mondo di Tenebra: nel mondo di Butcher infatti, maghi, fantasmi, licantropi e vampiri convivono, ma quasi nessuno lo sa. Il paranormale e la magia sono considerate una follia, e questo aiuta le forze del male a commettere orrendi crimini senza che nessuno se ne accorga o provi a fermarli… nessuno eccetto Dresden.
La serie si caratterizza per l’umorismo sarcastico del protagonista, per i suoi personaggi bizzarri – come il teschio parlante erotomane Bob – ma anche tragicamente reali, come il boss mafioso Johnny Marcone. Qui occultismo, leggenda e storie di crimine si fondono, creando un universo credibile fatto di revolver e bacchette magiche.
A oggi Butcher ha pubblicato ben 15 libri (tutti, purtroppo, inediti in Italia), e il sedicesimo è in arrivo. Si potrebbe pensare che una serie, giunta a questo punto, non abbia più nulla da dire: la verità è che, nonostante tutto, il detective Dresden è ancora in ottima forma.
Ogni romanzo è scritto con perizia, tanto che si possono leggere praticamente in qualsiasi ordine. Quasi come un telefilm giallo, in ogni episodio il nostro mago/investigatore affronta un caso diverso e, sebbene ogni romanzo sia collegato al precedente, Butcher fa sempre in modo di inserire velatamente i dati necessari per capire cosa stia accadendo e procedere agilmente nella lettura.
Nel 2007 poi, data la popolarità dei romanzi, è stata girata anche una serie tv. Non è stato un successo epocale, ma nemmeno un prodotto da buttare: si è fermata alla prima stagione da 12 episodi, ma non per mancanza di seguito. La produzione, comunque, si prendeva molte libertà, tanto che lo stesso Butcher ha dichiarato pubblicamente che si trattava di un “universo parallelo” ai libri.
Ma non finisce qui, perché i romanzi sono stati trasposti come graphic novel, e nel 2010 sono usciti un gioco di ruolo e un gioco da tavolo. Il primo, The Dresden Files Roleplaying Game, è basato sul sistema Fate, molto leggero, che predilige l’interpretazione e la fantasia rispetto ai tiri di dado. La cosa divertente è che questo GdR esiste dentro l’universo di gioco: è stato scritto dai personaggi della serie, che a volte ne parlano nei romanzi, chiamandolo Arcanos.

Jim Butcher – Foto di Gage Skidmore
Il prossimo romanzo della saga si intitolerà Peace Talks, e Butcher ne ha pubblicato solo la prima riga, proprio per scatenare sul web il dibattito: i fan stanno già cercando di immaginarne il tema basandosi su questi pochi dati e sull’ormai vasta produzione dell’autore.
Insomma, possiamo dire che il franchise, nel suo complesso, goda di ottima salute. Non ha il successo mondiale di altri, ma neanche è incappato in clamorosi flop. Forse, giunti al quindicesimo capitolo, l’umorismo di Dresden può sembrare un po’ stantio, ma questo non gli toglie il suo fascino.
Ma a cosa si deve la grande popolarità di cui ancora gode questo franchise? Proviamo a fare delle ipotesi.
Di sicuro c’è da parte di Butcher una lodevole costanza: ha sempre pubblicato in tempi brevissimi, senza ritardi. Inoltre è riuscito a scatenare la sua fantasia su altri fronti, con la serie epica Codex Alera e una nuova serie steampunk, The Cinder Spires. Inoltre è sempre stato collaborativo con i progetti collaterali: pare sia stato coinvolto personalmente con la Evil Hat per il gioco di ruolo – non a caso, il prodotto più debole del franchise è proprio la serie tv, che è quella che si è discostata maggiormente da lui e dalla sua opera.
Il motivo di tanto successo, dunque, secondo me è solo una combinazione di buone collaborazioni e lavoro costante. O forse, visto che parliamo di Harry Dresden, c’è di mezzo anche un pizzico di magia?
–Daniele Gabrielli–
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