Lontani sono i tempi nei quali solo un atleta professionista poteva aspirare a vincere medaglie e a essere considerato uno sportivo; al giorno d’oggi anche gli appassionati di videogames possono ambire a dei veri e propri riconoscimenti, finalmente senza più dover vedere la loro vita sociale additata come “da sfigati reclusi”. Col passare degli anni, infatti, si sta sempre più cementificando l’idea che anche chi pratica videogaming a livello competitivo debba essere riconosciuto come sportivo (visto che gli orari di allenamento sono piuttosto simili alla controparte “reale” – dalle 7 alle 9 ore al PC) e, ne sono certo, tra una decina di anni il videogame sarà considerato ufficialmente un vero e proprio sport.
Non dovremmo stupirci troppo, quindi, se la categoria degli eSport decidesse di allargarsi a tal punto da andare a inglobare anche i giochi di ruolo, specialmente vista la crescita esponenziale di piattaforme come Roll20 e Twitch, unite ovviamente a un classico pen-and-paper (anche se, parlando di digitale, suona un po’ strano considerarlo ancora tale) come D&D 5.0.
La riflessione è stata lanciata dai colleghi di En world, e di certo può sembrare ostica da affrontare. Un recente torneo di D&D 5a Edizione, infatti, ha sottolineato quanto sia complesso stabilire un reale vincitore in un gioco con così tante possibilità.
La storia del GdR di Wizards e dei primi tornei risale a molti anni fa: i giocatori erano chiamati a formare gruppi particolarmente numerosi, ed era richiesto loro di affrontare un dungeon molto Gygaxiano. L’obiettivo dei gruppi (composti da 12 giocatori, quindi parecchio numerosi) era quello di raggiungere l’ultima stanza del dungeon e arraffare quante più ricchezze possibili, per poi tornare in superficie sani e salvi. I gruppi ricevevano poi punti per esplorazione, capacità tattica, esperienza guadagnata e sopravvivenza generale: in sostanza un D&D molto EUMATE e classico, senza troppe strade per altre tipologie di approccio che non fosse il combattimento o la sfida delle abilità.
Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, e il D&D da torneo ha iniziato a subire diverse modifiche: l’inserimento dello storytelling e dell’interpretazione, sempre più preponderante, assieme all’aggiunta di opzioni e possibilità che permettessero di evitare lo scontro, hanno reso le cose più complesse. Oggi siamo arrivati a organizzare i giocatori in Adventurers League, grosse comunità di persone che affrontano la stessa avventura, ma con uno spirito decisamente differente da quello che permea il gioco competitivo.
Come dicevo, grazie a piattaforme come Twitch e Roll20 oggi può essere molto facile seguire delle sessioni di D&D, sia che queste si svolgano in ambiente competitivo che in un clima più amatoriale: basti pensare, ad esempio, a Critical Role, lo show di Geek & Sundry. Il partecipare a tornei, o semplicemente il seguirli, non sarebbe più prerogativa di una nicchia di appassionati, ma potrebbe raggiungere anche chi segue il gioco di ruolo come semplice hobby. Ma il problema, l’avrete capito, non sono i mezzi, bensì la sostanza.
Lo spirito di Dungeons & Dragon è completamente cambiato nell’arco di quarant’anni e più; anche se alcuni nostalgici rimpiangono le vecchie avventure della Scatola Rossa, il pensiero Forgita e le teorie di quel forum, come una maledizione (o benedizione) hanno cambiato il modo di pensare a un gioco di ruolo. È lo stesso giocatore a richiedere più narrazione e meno combattimenti: arraffare più tesori possibili e combattere mostri sempre più forti non è più il desiderio preponderante, e a riprova di questo sono nati sempre più giochi di ruolo puramente narrativi, che fanno poco affidamento su calcoli e dadi.
Sarebbe complesso, quindi, creare un’avventura che includa solo determinate possibilità, senza che questa si riduca a un mero dungeon da esplorare, senza considerare che questa tipologia di gioco favorirebbe un approccio troppo vecchio stile per risultare stimolante a qualsiasi giocatore abituato a un GdR moderno.
Nonostante ciò, la strada per il D&D competitivo non è da abbandonare. Ad esempio, potrebbe essere una buona idea quella di organizzare una sorta di torneo tra avventure, così da decretare il Dungeon Master più creativo. Anche una competizione tra giocatori per il background più simbolico e originale potrebbe invogliare i partecipanti a uscire dagli schemi, specialmente se accompagnata dalla prospettiva di un succoso premio.
Voi cosa ne pensate della questione?
–Yari Montorsi–
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