Forse quello di lunedì scorso è stato il momento che più abbiamo atteso da quando è iniziata la serie tv che ha cambiato per sempre il genere fantasy e il concetto di series, ma ora ci siamo: la settima stagione di Game of Thrones è finalmente arrivata, assieme all’inverno e all’inizio della fine. Di seguito trovate la mia analisi del primo episodio, “Dragonstone”. Se ancora non l’avete visto – non so come diavolo avete fatto a resistere! – tornate alla home di Isola Illyon e cercate un altro articolo che vi interessi. Da qui in avanti è allerta SPOILER.
Dove eravamo rimasti? La sesta stagione si è chiusa con tre eventi che hanno segnato una svolta: un disastro atomico ad Approdo del Re, con il quale Cersei si è sbarazzata di ogni possibile ostacolo al Trono di Spade; la proclamazione di Jon Snow come Re del Nord, dopo aver fatto il culo a quel demonio di Ramsey Bolton; e la partenza di Daenerys e della sua allegra comitiva per il continente occidentale.
Questi tre nodi principali si ripresentano anche in questa premiere, confermando una tendenza a cui le altre stagioni ci avevano già abituato: si inizia tirando le fila, the story so far. Ritmo lento, poca suspense e solo tante pedine che iniziano a posizionarsi sul campo di battaglia.
L’episodio inizia però con un colpo di scena, giusto per far capire quale sarà l’atmosfera di questa stagione: prima dell’inizio della sigla – scelta di sceneggiatura vista solamente una volta fin qui, ovvero con l’apertura della sesta stagione dedicata al Mastino – il primo viso che vediamo è quello di Walder Frey. Vi confido che avevo già capito tutto non appena è apparso sullo schermo, ma l’adrenalina mi è ugualmente salita a mille. Arya sotto mentite spoglie vendica suo fratello Robb e sua madre Catelyn con un gesto sadico e geniale: invita tutti i Frey a cena e li avvelena con il vino. Basta un solo lupo per spaventare le pecore.
Che l’inverno e la Lunga Notte siano arrivati ce lo ricorda la marcia nel ghiaccio dell’orda di Estranei e non-morti che vediamo avanzare nella tempesta. È Bran Stark a mostrarcela attraverso una delle sue visioni, proprio mentre giunge alla Barriera assieme a Meera e viene accolto dai Guardiani della Notte.
Ma non c’è tempo da perdere, e veniamo catapultati nel salone di Grande Inverno, dove è in corso un consiglio tra le casate del Nord. C’è da pensare a come affrontare il Re della Notte, altro che quella svitata di Cersei! Due nuovi alfieri degli Stark vengono nominati da Jon, Alys Karstark e Ned Umber, figli di traditori che hanno combattuto per Ramsey. L’animo nobile del figlio di Rhaegar – possiamo chiamarlo così ora – e il desiderio di vendetta di Sansa si scontrano, ma alla fine prevale il giudizio del Re del Nord: nessun castello sarà tolto alle rispettive famiglie e nessun figlio pagherà per le colpe dei padri. Così sia, viva il Nord. Speriamo solo che Alys e Ned non covino rancore… Trascurabile il breve dialogo tra Sansa – più bella e tenebrosa che mai – e Ditocorto, manfrine già sentite.
Secondo snodo narrativo. Siamo ad Approdo del Re, dove Cersei, preda di manie di grandezza e di vendetta, ormai non ragiona più. O meglio, ragiona solo come suo padre prima di lei faceva, per convenienze. Jamie tenta di riportare la sorella con i piedi per terra, sbattendole in faccia il fatto che ormai siano rimasti soli contro tutto il resto di Westeros. Ma niente da fare, lei sta già tramando qualcosa. Lo capiamo quando il mare di fronte alla capitale si riempie di navi Greyjoy, e poco dopo il caro zio Euron fa capolino nella sala del trono. Perché è qui? Per offrire alleanza in cambio della mano della regina. Imperdibile l’espressione sul viso di Jamie. Cersei rifiuta e allora Euron promette di ritornare portando con sé un dono degno di un matrimonio. Ora, avrei tanto voluto che questo dono potesse essere il Corno di Drago di cui il neo sovrano delle Isole di Ferro si bulla tanto nei romanzi. Cioè, con quello si possono controllare i draghi, immaginate che caos ne verrebbe fuori se fosse vero? Purtroppo però pare che non sarà così, almeno a giudicare da alcune immagini trapelate dal set spagnolo della serie, ma per evitare spoiler non vi dirò altro.
Mi tiro su il morale con le scene a Vecchia Città, davvero spettacolari. Un montaggio serratissimo, e inusuale finora, ci mostra la dura vita di Sam, tra pitali da svuotare e libri da risistemare. Nel fare questo, riesce a intrufolarsi nell’area proibita della biblioteca e a scoprire una cosa interessante leggendo un volume: da qualche parte, sotto Roccia del Drago, si cela una montagna di Vetro di Drago. Sam afferma di voler subito avvertire Jon, perché l’esito della battaglia con gli Estranei potrebbe dipendere anche da questa scoperta. Durante la consultazione del libro, assistiamo ad altre due cose interessanti: prima rivediamo un disegno che raffigura il pugnale usato dall’assassino che voleva uccidere Bran, e poi su una pagina si legge anche “Il Vetro di Drago serve per curare…”: è un caso se scopriamo che in quarantena nella Cittadella c’è nientepopodimeno che Jorah Mormont, l’ex braccio destro di Dany affetto dal Morbo Grigio?
Ritorniamo da Arya. Nelle Terre dei Fiumi la ragazza si imbatte in un gruppetto di soldati Lannister, inviati a indagare sulla morte dei Frey. Sono uomini normali, non spietati assassini, e lo capiamo dalla canzone che si ode cantare e dal coniglio offerto per cena alla giovane lupa. L’avete riconosciuto Ed Sheeran? Del suo cameo ve ne avevamo parlato già qui, ma non sapevamo che la canzone sarebbe stata “Hands of Gold”. La sentiamo nominare in Tempesta di Spade, quando il bardo Symon Silver Tongue viene a conoscenza della storia fra Tyrion e Shae e ricatta il nano di rivelarla a Cersei – una sottile strizzata d’occhio ai lettori più attenti, insomma. Vi confesso, si è trattato di una scena che non mi ha detto nulla, se non che spero tanto che Arya infilzi presto il rosso cantautore britannico. Quello che mi aspetto di vedere? Che finalmente la piccola Stark si ricongiunga con il suo metalupo Nymeria. Chi ha letto i libri, sa che le possibilità sono decisamente alte a questo punto, ma mi fermo qui.
Terzo snodo narrativo. Daenerys dov’è? L’ultima puntata della scorsa stagione si chiudeva con la giovane Targaryen, e così anche oggi. Dedico poche righe a questo finale muto, perché non c’è bisogno di parole, è sufficiente Dany inginocchiata sulla battigia di Rocca del Drago per farci emozionare. Insomma, il drago è finalmente tornato a casa dopo mille peripezie, e adesso possiamo dare il via alla guerra, quella vera.
Ma prima di questo finale, c’è forse una delle sequenze migliori dal punto di vista emotivo di tutta la saga. Sandor Clegane ormai non è più il Mastino, e il suo percorso di redenzione ha finalmente una svolta. Unitosi alla Fratellanza senza vessilli, si imbatte nella fattoria dove aveva trovato rifugio con Arya nella quarta stagione. Solo che ora è ricoperta di neve, e il fattore e sua figlia sono morti di stenti. All’epoca il Mastino li derubò e si giustificò dicendo che tanto non avrebbero passato l’inverno. Se siano morti proprio perché non avevano più denaro non è dato saperlo, ma ora Sandor prova pietà vera, e come gesto di pentimento dona loro una degna sepoltura. Il dialogo con Beric Dondarrion, poi, è uno dei più profondi dell’intera saga, assieme a quello fra Jamie e Brienne immersi nella vasca. Anche questo di Sandor è un riferimento ai libri, in quanto nei romanzi Brienne, a un certo punto, scopre che è vivo riconoscendolo nel becchino del monastero dell’Isola Silenziosa. Altra nota interessante è che proprio nel fuoco – forse il peggiore nemico dello sfigurato Clegane – Sandor ha una visione di un’orda di morti che riesce a superare la Barriera proprio là dove sembra diretto Tormund. I riferimenti alla sua infrangibilità sono sparsi nei dialoghi di tutto l’episodio, ma se Clegane avesse visto giusto? Dai, mica crederete davvero che quel muro di ghiaccio durerà per sempre?
Appuntamento alla prossima settimana con il secondo episodio, “Stormborn”.
–Michele Martinelli–
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