Ci sono figure mitologiche che più di altre si sono fissate nel nostro immaginario. Sono quelle che racchiudono dentro di sé le pulsioni più vere e profonde dell’animo umano: Ulisse, Zorro, Batman, Darth Vader e pochi altri. Uno di questi è il più amato monarca delle leggende bretoni, colui che dispensa pace e giustizia impugnando una spada estratta dalla roccia: avrete capito che sto parlando di Re Artù.
Nel più classico viaggio dell’eroe, descritto dal mio solo e unico vero dio Joseph Campbell – studioso di religioni comparate e scrittore americano –, Artù è l’eroe inconsapevole che diventa l’unica speranza di salvezza per l’umanità, dopo aver recuperato una spada dai magici poteri e aver capito di far parte di un disegno più grande di lui. Non pare anche a voi la trama di Star Wars? Potere del mito. Ma accanto ad Artù non c’è Obi-Wan Kenobi, e la sua spada non è laser, bensì d’acciaio: grazie alla guida di Merlino e al potere di Excalibur, il re porta finalmente l’equilibrio nella Forza. Ah no, porta la pace in Britannia.
Questa è la parte noiosa in cui ricordo a chi avesse la memoria corta da dove arrivi la storia di Artù. Conoscete ogni singola leggenda, cantico, romanzo o poesia sul tema? Allora potete saltare i prossimi due paragrafi.
Le vicende narrate nel cosiddetto “Ciclo Bretone” – o “Arturiano” – raccontano le leggende e i miti fondativi dei Celti e delle Isole Britanniche, e si inseriscono nel contesto della letteratura francese medievale e del genere chiamato Chanson de Geste. Nel corso dei secoli, a partire dal Basso Medioevo, queste storie inizialmente orali sono state elaborate in una serie infinita di testi in lingue diverse.
Re Artù, Merlino e la spada Excalibur; l’amore adultero tra Lancillotto e Ginevra, moglie di Artù; quello infelice fra Tristano e Isotta; i Cavalieri della Tavola Rotonda, Parsifal e la cerca del Sacro Graal. Tutte queste trame, inizialmente raccolte nei romanzi di Chrétien de Troyes, sono arrivate fino ai giorni nostri, e ciascuna epoca storica ha, in un certo senso, riletto la leggenda attualizzandola secondo il gusto comune, contribuendo così a tramandare un mito che, nei fatti, non è ancora concluso.
Figura storica o leggendaria? Ma cosa importa, andatevelo a leggere su Wikipedia se proprio ci tenete, ché qui parliamo di qualcosa che va oltre questo sciocco confine: un personaggio che vive dei nostri sogni e che risveglia in ciascuno di noi impulsi mai del tutto sopiti, che si è fissato nelle nostre menti, tanto da essere conosciuto anche da chi non ha mai letto una pagina o visto un film su di lui.
Qui è proprio di questo che voglio parlare, di film! In attesa di vedere cosa salterà fuori dalla pellicola di prossima uscita (e su cui non nutro personalmente grosse speranze) King Arthur – Il potere della spada, diretta da Guy Ritchie e ispirata al romanzo La morte di Artù scritto da sir Thomas Malory nel XV secolo, vorrei ripercorrere insieme a voi la filmografia più significativa, nel bene o nel male, che ha come protagonista il re più famoso di sempre e i personaggi del Ciclo Bretone.
Parto con la pellicola che ritengo il top, quella dopo la quale a mio avviso c’è il vuoto. È il 1990 circa quando per la prima volta mi fecero vedere quella videocassetta che ancora gelosamente custodisco come il mio Santo Graal personale. Sto parlando di Excalibur, film del 1981 diretto da John Boorman, con degli ancora sconosciuti Patrick Stewart (il Professor Xavier degli X-Men) e Liam Neeson (il maestro Jedi Qui-Gon Jinn). La trama è un adattamento (fatto come si deve!) del romanzo di Malory, e con le sue atmosfere epiche, i colori fatati e una colonna sonora a dir poco amazing, mi ha immediatamente conquistato. È la storia di Re Artù, fine.
Al secondo, doverosissimo, posto metto La spada nella roccia, film animato Disney del 1963. L’adattamento dell’omonimo romanzo del ’38 dello scrittore inglese T. H. White, come tutti saprete, narra l’infanzia del nostro amato re e, al netto delle innumerevoli pellicole che hanno trattato la vicenda, rimane il migliore dopo Excalibur. E niente, direi che il podio questa volta ha solo due gradini.
Sono scemo? No, per niente, se pensate che nel 1995 il regista Jerry Zucker è riuscito a produrre quell’abominio de Il Primo Cavaliere. Poteva fermarsi a Ghost… e invece mi è toccato di vedere Richard Gere e Sean Connery nel punto più basso della loro carriera. Grazie, ne sentivo il bisogno. Qui il mito va proprio a mignotte, di epico non c’è nulla, e si trasforma una leggenda cavalleresca – dove sì, l’amore ha un ruolo – in un dramma romantico di serie B.
Passiamo ad altri due fallimenti, King Arthur del 2004 e L’ultima legione del 2007. Il primo è interpretato da Clive Owen e Keira Knightley, ed era stato pensato per divenire un blockbuster, cosa che poi non è accaduta; il secondo è l’adattamento del romanzo omonimo di Valerio Massimo Manfredi (che una lettura secondo me la merita), film anch’esso finito nel dimenticatoio ancor prima di uscire nelle sale.
Rendiamoci conto: l’ultimo lungometraggio che a suo modo narra delle leggende arturiane e che guardo con le lacrime agli occhi ogni volta è Indiana Jones e l’ultima crociata. Ecco, qui Sean Connery ci sta da dio. Il prof. Henry Jones è l’ultimo vero cavaliere della Tavola Rotonda: da lì in poi le capacità di rielaborare il mito da parte di scrittori e sceneggiatori si sono inceppate. Com’è possibile che un mito letterario come Re Artù sia stato così bistrattato da produttori cinematografici e registi?
A guardare il trailer, il prossimo King Arthur sembra ricalcare le atmosfere virate verso il blu e grigio che vediamo alla Barriera con Jon Snow, tanto care ai produttori di Game of Thrones, con il bel biondo di Sons of Anarchy come protagonista grosso e nordico alla Thor e tanta gente che si mena. Che figata.
Sapete la vera figata quale sarebbe? Un adattamento dell’ultima opera veramente mitologica prodotta dall’umanità sul ciclo arturiano, e cioè la graphic novel di Mike W. Barr e Brian Bolland Camelot 3000: qui Re Artù e i suoi Cavalieri risorgono per difendere l’Inghilterra nel momento del maggior pericolo, ovvero durante un’invasione aliena. L’avete letto? Semplicemente meraviglioso. Immaginatevi come sarebbe vederlo al cinema… quasi quasi lancio una petizione.
Secondo voi quale regista la accoglierebbe?
–Michele Martinelli–
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