Dark Souls è morto. Lunga vita a Dark Souls. Queste parole potrebbero riassumere benissimo le ultime settimane in casa From Software e nelle nostre vite di videogiocatori. Perché questa frase si adatta così bene alla situazione del franchise creato da Hidetaka Miyazaki?
Negli ultimi giorni è stato offerto al pubblico l’ultimo tassello della trilogia di Dark Souls, il contenuto aggiuntivo The Ringed City, e con esso sono arrivate tante risposte – non quelle di cui avevamo bisogno, ma che forse ci meritavamo. Col DLC in questione si è conclusa l’idea di Miyazaki per la sua serie di punta: cerchiamo ora di trarre un po’ di conclusioni su questa trilogia, seguito spirituale di Demon’s Souls e meritevole di aver creato il “genere” dei soulslike, riflettendo anche su cosa essa abbia lasciato al mondo videoludico.
La lore di Lordran, Drangleic e Lothric è completa? Assolutamente no. Dark Souls rimarrà per sempre un’opera incompiuta, un puzzle al quale il creatore ha voluto di proposito togliere dei pezzi per sua pura soddisfazione personale. In un’intervista rilasciata durante il periodo di lancio di Dark Souls 3, Miyazaki aveva dichiarato di avere sempre avuto in testa la storia di ogni singola area di gioco nel dettaglio, ma di preferire che fossero i videogiocatori a scoprire, speculare e teorizzare. Con questa filosofia in mente sono usciti gli ultimi due DLC, capaci a malapena di chiudere qualche storia (non necessariamente incompleta) del titolo principale e di riprendere e salvare alcuni elementi del secondo episodio, tralasciando completamente il primo e più importante tassello della trilogia. Per una serie che fa dell’esplorazione, della ricerca e della scoperta di segreti il suo fulcro vitale, questo lascia l’amaro in bocca.
Nonostante questa premessa, credo che chiunque abbia completato uno o più titoli della serie Souls abbia provato le stesse emozioni e si sia sentito sfidato a completarlo, una sensazione che magari non percepiva da tanto tempo. Un gioco dove non esiste alcuna difficoltà facile, dove l’unico aiuto te lo può dare la conoscenza stessa dell’ambiente e dei nemici – o magari qualche amico con i riflessi più allenati. La serie Souls è un muro che può essere scalato al primo come al decimo tentativo e che tutto sommato ti ricompensa per averlo superato, anche solo moralmente. Ti regala il brivido del mistero, la voglia di scoprire di più su un mondo sapendo che dovrai sudare per trovare una risposta che forse non avrai mai. Ti fa scoprire storie molto belle che ti fanno apprezzare i personaggi per l’umanità e le difficoltà dimostrate. Qui non ci sono supereroi o esseri interamente buoni, ma soltanto individui con i propri sogni e le proprie difficoltà… esattamente come noi giocatori.
Persino osservata da un punto di vista psicologico, senza alcuna conoscenza in materia, la serie Souls ci dona degli spunti interessanti. Trattando di situazioni limite quali la fine del mondo, la distruzione di una città per mano di bestie e la perdita del proprio Io, può lasciar emergere la vera natura degli esseri umani (e dei giocatori). Alcuni si aggrappano a onore e amicizia, mentre altri si rivelano codardi, avidi, iracondi o semplicemente egoisti. E tutto questo viene presentato nel modo più naturale possibile, addirittura con sorrisi e risate.
Cosa lascia la serie Souls al mercato videoludico? Sicuramente la certezza che i giocatori non amino esser accompagnati per mano dall’inizio alla fine di un titolo, ma anche che una buona ricompensa e un prodotto onesto possano spingere i giocatori a esplorare follemente aree come quella della Grande Palude, o ancora che mostrare dei personaggi nella loro umanità in momenti estremi alla lunga ripaghi. Non dimentichiamoci inoltre del gameplay, ormai diventato iconico della serie e che ha già più o meno influenzato molti altri sviluppatori. Lords of the Fallen, Salt and Sanctuary e DarkMaus sono solo alcuni dei titoli che hanno pescato a piene mani dal genere inventato da Miyazaki e soci.
Cosa possiamo aspettarci da From Software arrivati a questo punto? Durante le ultime interviste, il game director si è ripromesso di non cercare a tutti i costi di realizzare qualcosa di nuovo o diverso. Continuerà a fare videogiochi secondo le sue idee e fantasie del momento, non curandosi che siano troppo simili o troppo diversi alla serie di Dark Souls. Visto il forte autocitazionismo e la ricorrenza di numerosi simboli, non credo che vedremo presto qualcosa di realmente nuovo da From Software: se questo si dovesse dimostrare un limite o un punto di forza della serie, solo il tempo saprà dirlo. La saga dei Souls è dunque chiusa, ma ho l’impressione che la rivedremo, in forme e storie diverse. Dark Souls è morto. Lunga vita a Dark Souls.
–Simone Maccapani–
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