Era il 29 novembre 2014 quando pubblicai questo articolo nel quale parlavo di Nier, un action RPG semi-sconosciuto approdato su Xbox 360 e PS3 quasi in sordina, pregandovi con tutto il cuore di recuperarlo in quanto “uno dei pochi titoli che ancora tenta di osare sia sul profilo narrativo che artistico“.
La saga di Drakengard, della quale Nier fa parte, in effetti non ha mai goduto di un grande successo di pubblico al di fuori del Paese del Sol Levante. Nonostante ciò, probabilmente anche a seguito di un’inattesa ventata di entusiasmo che ha seguito l’annuncio fatto all’E3 2015, Square Enix ha deciso di credere nella creatura di Yoko Taro, e di proporre anche in Occidente il sequel di quel Nier, ovvero Automata, disponibile da qualche giorno su PS4, e in uscita il 17 marzo anche su Steam. E ve lo dico sin da ora: mai scelta fu più saggia.
Andiamo con ordine.
La storia di Nier: Automata è ambientata molti anni dopo quella del precedente episodio, quando ormai la Terra è stata devastata da una guerra che ha visto contrapporsi il genere umano e un esercito di macchine. Al primo, in netto svantaggio, non è rimasta altra scelta se non fuggire sulla Luna, col desiderio però di riconquistare quanto prima il pianeta che gli è stato sottratto. A questo scopo, si è deciso di inviare sulla Terra gli YoRHa, un gruppo di Androidi che ha rinnegato ogni sentimento ed emozione, a supporto delle sacche di resistenza. Il giocatore veste dunque i panni di 2B, l’Androide donna che fa bella mostra di sé in gran parte delle immagini e artwork distribuite in questi mesi da Square Enix.
Ho cercato di rimanere sul vago quanto più possibile con la trama, perché ancora una volta, come accaduto in passato, Yoko Taro è riuscito a tirare fuori una narrazione incredibile, in grado di tenere il giocatore incollato allo schermo, di emozionarlo e di farlo riflettere, coinvolgendolo in un turbinio di eventi che non possono non lasciarlo indifferente fino alla fine, dandogli comunque modo di interpretare a modo suo alcuni momenti della storia.
A occuparsi dello sviluppo del titolo sono stati i ragazzi di Platinum Games, ormai team pienamente affermato nel panorama videoludico degli ultimi anni. Il loro tocco, in effetti, c’è e si sente anche in maniera prepotente: se il precedente Nier poteva somigliare più a un classico RPG, in Automata entra in gioco un sistema di combattimento molto più frenetico. Si potrebbe quasi dire, in effetti, che 2B sia un incrocio tra Bayonetta e il Raiden di Metal Gear Rising: i tasti di attacco permettono di concatenare combo di colpi leggeri e pesanti, il grilletto è adibito alla schivata (che, se effettuata col tempismo giusto, lascia il nemico senza difese dandoci l’occasione di suonargliele di santa ragione), e ad accompagnarci abbiamo anche un simpatico robot volante che funge da arma a distanza, attivabile in qualsiasi momento col tasto dorsale. Non mancano chip da potenziare e personalizzare, e i classici punti esperienza che fanno progredire il nostro livello, ma si tratta elementi quasi di contorno se paragonati a quelli presenti in altri esponenti del genere, avvicinando il titolo più a un action, che a un gioco di ruolo.
Il mondo in cui muoversi è un simil open-world, per quanto comunque missioni e sub-quest tendano a essere guidate, lasciandoci a un’esplorazione piuttosto limitata. Il titolo ha anche una caratteristica che non può non ricordare un po’ Dark Souls: ogni volta che si viene sconfitti e si riprende a giocare, è possibile trovare il proprio corpo precedente nel punto in cui si è subito il game over. Raggiungendolo e interagendovi, non solo si recuperano i chip raccolti e il materiale potenziato (rendendo, di fatto, quasi obbligatorio dover tornare sul luogo della sconfitta), ma si può scegliere di riattivare il corpo per utilizzarlo come esca durante i combattimenti, oppure scegliere di assorbirne parte dell’esperienza. In più, attivando la sincronizzazione con i server online, è possibile imbattersi nei corpi morti degli altri giocatori, potendo così interagire nello stesso modo anche con essi.
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, il gioco riesce a incantare con la sua direzione artistica eccezionale, e per garantire una certa fluidità si è dovuto per forza di cose andare a ridurre la qualità del motore grafico. Perciò, in questo caso non ha assolutamente senso andare a contare i poligoni e ad analizzare le texture: i giocatori in grado di lasciarsi catturare dalle ambientazioni ispirate e dalle ottime animazioni riusciranno certamente a chiudere un occhio su tutto il resto.
Parliamo poi della longevità: che Nier sarebbe, senza i vari finali multipli? Anche Automata permette di ripetere il gioco più di una volta: a ogni run successiva (dove vestirete anche i panni di 9S, il compagno di 2B) si scoprono nuovi, interessanti dettagli sulla storia, che arricchiscono le vicende raccontate e pongono alcune situazioni sotto nuovi punti di vista. Rigiocarlo, dunque, non solo non risulta pesante, ma anzi, è caldamente consigliato per godere così dell’esperienza completa del gioco. Diciamo che in totale, comprese le run aggiuntive, la longevità si attesta sulle 30-35 ore.
A incorniciare tutto, infine, ci pensa un altro punto cardine della saga, la colonna sonora, splendida come sempre, e che da sola vale forse il prezzo del biglietto di questo viaggio assolutamente imperdibile.
Bravo Taro, hai fatto di nuovo centro.
–Mario Ferrentino–
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Nier: Automata – Recensione
Mario Ferrentino
- Storia di altissimo livello;
- Direzione artistica superba;
- Trasuda stile Platinum Games ad ogni colpo o schivata;
- Lo stile dei dialoghi può scoraggiare chi non sopporta le storie troppo "giapponesi";