Ho visto Il Signore degli Anelli: Le due torri per la prima volta nel 2002. Avevo tredici anni e stavo rileggendo l’opera di Tolkien per la terza volta. L’audio del cinema era basso e mal equalizzato, e i miei compagni di visione dei futuri tamarri senza appello che sgranocchiavano pop corn e ridevano senza capire. Io, alla vista del Balrog che precipitava nel lago sotterraneo, sono certo di aver pianto di gioia.
Dopo quindici anni è difficile provare ancora quell’emozione. Quella specifica emozione, non il gaso generale che ci fa tutti schiavi quando vediamo Barbalbero schiacciare un orchetto o Éomer sfidare le leggi della fisica in discese con pendenza a 50°. Intendo proprio l’emozione della prima volta.
Ecco, io quell’emozione l’ho riprovata pochi giorni fa, al Nelson Mandela Forum di Firenze, in occasione della proiezione del film organizzata dal Maggio Musicale Fiorentino. Lo storico festival annuale, che oggi trova casa presso l’Opera di Firenze, ospita un’iniziativa sensazionale: un triplice appuntamento (due repliche ciascuno) per la proiezione dei film della trilogia di Peter Jackson, con annessa orchestra dal vivo a suonare le musiche. Quando scopro della cosa penso: avrò capito male, sarà un concerto. No. È una proiezione e un concerto.
Il Nelson Mandela Forum è un palazzetto dello sport: in quanto addetto stampa, entro che sono il primo e posso godermi da subito l’immensità dello spazio e la gestione piuttosto buona del medesimo. Lo schermo è enorme, l’orchestra sta immediatamente davanti, e da qualunque punto si ha una visione relativamente apprezzabile di entrambi. Un paio di violinisti stanno provando degli strumenti e gli rubo qualche scatto; poi, a sorpresa, dal lato sinistro del “dietro le quinte” irrompono Gandalf, Saruman, un orchetto e una svariata umanità composta di Dúnedain ed Elfi. Ehilà, c’è pure Aragorn. “Terra di Mezzo Cosplayers” sfila mentre gli altri spettatori iniziano ad entrare e suscita immediatamente la giusta trafila di foto.
Jessica, l’amministratrice del gruppo, mi dice pure che anche se i presenti sono circa una ventina, il loro gruppo conta più di ottanta persone da tutta Italia (nel mentre tende l’arco e mi punta una freccia in faccia). La collaborazione con l’Opera è nata in maniera quasi spontanea, e corrobora l’impressione iniziale: chiunque abbia scelto di promuovere, nei terreni vergini della Musica da teatro, un’iniziativa del genere, non si sconvolge vedendo due orecchie a punta. Mentre parliamo vedo un musicista farsi un selfie con un’Elfa.
Il palazzetto nel mentre si è riempito. La maggior parte sono giovani, ma non solo. Orchestra e coro sono già schierati di fronte al maxi-schermo nelle proprie impeccabili tenute. Le luci calano per la terza volta, il mormorio scema e tutti ci sediamo in attesa che quella gigantesca scritta sullo schermo inizi a muoversi, e il silenzio si tramuti in qualcos’altro. Entra Shih-Hung Young, il direttore d’orchestra, che quasi fa crollare il palazzo con un inchino modesto, sorridente e rapido – come a dire: veniamo al sodo.
E ci vengono. Cavolo, se ci vengono. Le voci di Gandalf e degli altri membri della compagnia echeggiano da dentro Moria, mentre i primi violini rompono il silenzio. Come nella maggior parte delle musiche create da Howard Shore per la trilogia, anche in “Foundations of Stone” dominano gli archi. Quando Gandalf e il Balrog precipitano, le percussioni iniziano a ricordarmi che ci sono anche loro. Poi i fiati. Il precipizio. Il fuoco nel buio, il ritmo che accelera, e poi il coro. Dio mio, il coro. Il maestro Lorenzo Fratini sa il fatto suo.
Non piango, ma i brividi mi fanno traballare sulla sedia. La chiusa mi lascia tremante di fronte al risveglio di Frodo: so già che saranno più di due ore di orgasmi.
Il film procede, e con lui l’orchestra. Shih-Hung Young dirige con grazia, tutto funziona come dovrebbe. La musica è protagonista, forse anche troppo: la traccia audio del film (inglese sottotitolato in italiano) è bassa, e spesso viene fatta indietreggiare a favore dell’orchestra. A volte si ha la sensazione che dovrebbero concorrere entrambe all’epicità complessiva del film (sentire Barbalbero che urla piano, o le spade che non cozzano, è un po’ una delusione). Ma i momenti sono pochi e dimenticati presto. L’intervallo ci lascia il tempo di stiracchiare le gambe, per poi riprendere su un secondo tempo arricchito dal coro di voci bianche e dalla presenza della solista soprano Kaitlyn Lusk: entrambi regalano gli ultimi brividi di tensione sospesa su “Gollum’s Song”, mettendo il punto a un’esperienza dove sarebbe futile ripercorrere una per una tutte le tracce suonate. La colonna sonora di Shore è magistrale, l’esecuzione pure.
L’iniziativa del Maggio Fiorentino è due volte meritevole: se dal 2008 si sono tenute oltre duecento “proiezioni-concerto” di singoli film della trilogia (Nord e Sud America, Europa, Asia e Australia), la trilogia completa è stata proposta solo a Lucerna e Monaco di Baviera nel 2011, e al Lincoln Center di New York nel 2015; in Italia La Compagnia dell’Anello era passata, piuttosto in sordina, anche a Milano nel marzo 2016, sempre per la conduzione di Shih-Hung Young. A costo di essere corretto, quella Fiorentina dovrebbe essere la quarta proposta fino ad ora mai fatta in tutto il mondo. Chapeau.
Me ne vado pensando a Theoden, e alla sua epica un po’ fascistoide ma dannatamente galvanizzante: indimenticabile, mentre cavalca di fronte ai Rohirrim e (rubando le parole a Éomer) prepara la carica più furibonda, suicida e da brividi dell’intera trilogia. La prima volta che l’ho vista ho pianto. L’11 marzo, quando la rivedrò, spero di piangere ancora (Il Ritorno del Re con orchestra verrà proiettato 10 e 11 marzo, sempre presso il Nelson Mandela Forum – biglietti qui).
–Luca Pappalardo–