Sono passati circa tre anni dall’uscita di D&D 5.0, e l’apprezzamento del pubblico per questa nuova edizione è cresciuto sempre di più col tempo, riuscendo a farsi strada anche nei giocatori della vecchia guardia, attirati probabilmente da un sistema di gioco abbastanza innovativo e semplice, ma non per questo superficiale.
Frequentando gruppi dei social network in cui si discute di giochi di ruolo, mi sono reso conto di una perplessità riguardante un aspetto di questa edizione, e cioè il Grado Sfida degli scontri (o Challenge Rating per gli anglofoni). Molti Master hanno a più riprese chiesto delucidazioni in merito, poiché non sempre esso risulta idoneo agli scontri che vengono preparati: il party, infatti, nonostante rispecchi i criteri regolamentari, riesce a uscirne quasi sempre indenne.
“I miei giocatori distruggono ogni boss che gli pongo davanti! Eppure ho calcolato bene il GS! Complotto!”
No, non siamo davanti a un complotto, né tantomeno a un bug del sistema. Si tratta solo di comprendere i fondamenti basilari di questo gioco, che oggi fatica a sposarsi adeguatamente alle campagne di stampo più narrativo.
Partiamo appunto dalla base: D&D sta per Dungeons and Dragons. I dungeon sono quindi una componente fondamentale del gioco, oserei dire imprescindibile, ed è con questa premessa che gli autori hanno calcolato ogni meccanica. Che si tratti di rovine, grotte naturali o segrete di castelli, i dungeon sono pensati per far immergere il party in un luogo dove dovranno affrontare insidie di ogni tipo (trappole, agguati, stanza dopo stanza, forziere dopo forziere). È un’escalation di difficoltà che culmina nella stanza finale con lo scontro risolutivo. È chiaro che in questa situazione i personaggi non hanno il tempo di riposare: devono affrontare ogni prova facendo affidamento sulle loro riserve energetiche o sulle pozioni, e devono vagliare ogni utilizzo di slot per incantesimi o abilità a uso limitato. È in questo contesto che il Grado Sfida può essere applicato così come descritto dal regolamento, cioè affrontando almeno 3-4 scontri senza possibilità di riposare, in modo da arrivare alla battaglia finale non al pieno delle proprie possibilità.
Cosa accade invece nella maggior parte delle campagne moderne? Solitamente i giocatori viaggiano di città in città, affrontano diversi scontri, ma raramente questi sono talmente ravvicinati da non dargli la possibilità di riposare e affrontare quelli successivi già debilitati. Anzi! Danno fondo a tutte le proprie abilità e caratteristiche proprio perché sanno che di lì a poco potranno nuovamente ritrovarsi freschi e in piena salute. È in questa situazione che il Grado Sfida risulta non sufficiente, e che il boss a cui il Master stava lavorando da tempo immemore finisce col venire sconfitto senza troppa difficoltà, vanificando il desiderio di epicità che egli pregustava.
Il problema risiede quindi proprio nella pianificazione degli incontri, che andrebbero inseriti senza permettere ai giocatori di riposare troppo frequentemente, cosa non troppo complessa da mettere in atto grazie ai dungeon. Il problema in effetti sono proprio questi ultimi, spesso complessi da creare, e che tolgono tempo a quei Master che preferiscono occuparsi dell’intrigo di corte e che magari finiscono con utilizzarne uno pre-costruito, di tanto in tanto.
Questo è un grosso problema? No, assolutamente. Molti DM navigati ignorano il Grado Sfida, andando a naso per preparare l’incontro più adatto ai propri giocatori. Nessun editore si sentirà tradito da un simile comportamento.
Ma chi invece soffre di manie ossessivo-compulsive e proprio non riesce ad accettare che il GS non corrisponda mai a quanto pianificato, oppure il novizio che si deve affidare al regolamento per offrire sessioni divertenti ai propri amici, non può far altro che adottare due soluzioni. La prima è adeguare la sua campagna per modificarla e riempirla di dungeon, inserendo eventi che si susseguono senza dare respiro al party. In questo modo ci si può accorgere come i calcoli risultino adeguati.
La seconda, tanto drastica quanto palese, è quella di cambiare gioco. Se siete per un tipo di narrazione più discorsiva, se amate far interagire i vostri personaggi col mondo di gioco facendogli affrontare insidie diplomatiche, sotterfugi e indagini, inserendo uno scontro solo di tanto in tanto, probabilmente D&D non è il prodotto più adatto al vostro stile. Pur essendo talmente vasto da poter affrontare ogni aspetto della vita di un personaggio, è chiaramente improntato e ottimizzato per lo scontro, a differenza di altri pen-and-paper in cui la battaglia viene messa in secondo piano rispetto all’aspetto psicologico e narrativo.
Esiste una terza soluzione, che è un po’ la via di mezzo in cui in la maggior parte di noi si ritrova, cioè quella di creare uno scontro complesso e variegato. Poco importa se i personaggi sono al massimo dei PF e con slot intonsi: con qualche accorgimento è infatti possibile rendere giustizia ai Gradi Sfida, che non saranno più beffeggiati, bensì temuti. Ma di questo ne parleremo prossimamente, quindi tenete d’occhio gli approfondimenti di Illyon se volete saperne di più.
–Andrea Carbone–