Magic: The Gathering è stato il prodotto che ha introdotto il concetto di “gioco di carte collezionabili” nella cultura moderna, e per questo va apprezzato, se non fosse per un piccolo difetto: ha introdotto anche il concetto di “paga per vincere”.
Inutile negarlo: per quanto la strategia sia un elemento chiave di Magic, non si può negare che chi abbia i soldi da spenderci – soldi veri, tipo migliaia di euro – abbia probabilità sensibilmente più alte di umiliare i propri amici o persino portarsi a casa una vera coppa nerd vincendo un torneo.
Non è un caso che, in inglese, all’espressione collectible card game si affianchi un’altra: trading card game, ovvero gioco di carte “commerciabili”.
Qualcuno ultimamente ha preso troppo sul serio questo aspetto, ed è il già noto Martin Shkreli. Questo imprenditore americano è diventato famoso per aver speculato su dei farmaci, aumentandone il prezzo del 5556% (sì, proprio cinquemilacinquecentocinquantasei percento). Dopo essersi guadagnato un arresto e diversi titoli di giornali che lo descrivevano come “l’uomo più cattivo d’America”, la faccenda sembrava chiusa, ma no, la fame di speculazione di Shkreli non è finita.
Di recente pare che abbia iniziato a giocare a Magic, ma ovviamente a modo suo.
Il suo inizio è stato tanto banale quanto pubblico, con dei post su Reddit dove ha chiesto consigli ai giocatori su quali carte fossero le migliori e le più costose. A questi sono seguiti i suoi tweet dove ha dichiarato di essere in possesso di 7 Black Lotus (una delle più potenti, rare e costose carte mai stampate nella storia del gioco). Inutile dire che i giocatori si sono scatenati nei commenti più svariati: molti temono che questa continua speculazione possa far schizzare (ancora di più) i prezzi delle carte e rendere il gioco ancora più difficile per chi lo prende come un semplice passatempo. Altri invece puntano il dito contro la Wizards of the Coast: non ci sarebbe assolutamente nessuna speculazione se le carte non smettessero di essere stampate, diventando così oggetti da collezione.
Insomma, è il meccanismo in sé che è viziato, e su questo non posso che assentire.
È chiaro che una casa editrice ha il diritto di stampare o non stampare carte a suo piacimento: potrebbe aver fatto errori di bilanciamento, o semplicemente voler far evolvere il gioco in altre direzioni. Tuttavia queste carte nella “lista riservata” (ovvero che, per dichiarazione ufficiale, non vedranno mai più il volto di una stampante) possono ancora essere giocate, e perciò viene il dubbio che il processo non sia del tutto limpido.
D’altro canto, non stiamo parlando di nulla di nuovo: in America c’è un broker di carte che, per i suoi piani speculatori e monopolistici, viene già da tempo chiamato il “Martin Shkreli di Magic”. Chissà come verrà rinominato, ora che il vero Shkreli è entrato in scena.
Bisogna però dire che tra le voci di dissenso si leva qualche commento interessante, qualcuno che invece di lamentarsi propone una situazione (improbabile ma possibile) in cui, a causa dell’enorme speculazione sulle carte (tenute da parte da uno o pochi monopolisti, facendone levitare il prezzo), Wizards proceda ad una ristampa.
Perché no, in fondo? Se una carta che vale al momento sui 7000$ dovesse ulteriormente salire, l’azienda potrebbe metterne in commercio qualcuna a un prezzo di poco inferiore a quello degli speculatori, e guadagnare somme interessanti – persino con il plauso dei giocatori.
Personalmente comprendo che Wizards debba guadagnare sui giochi, e che questo possa costringerla a compiere scelte discutibili pur di portare a casa un profitto e rimanere sul mercato. Però credo che un prodotto in cui chi ha più soldi vince di più – anche se solo di una leggera percentuale statistica – sia una cosa poco etica.
Già nella vita i ricchi sono favoriti, perché dare a loro questo privilegio anche nel gioco?
Insomma: Shkreli è un demonio che porrà fine al gioco, o un salvatore del mondo di Magic? A voi l’ardua sentenza.
– Daniele Gabrielli –