Hold the spoiler! Nel caso qualche bimbo storpio dal futuro non vi abbia avvertiti tramite sogni profetici, l’articolo seguente contiene spoiler freschi freschi dalla quinta puntata della sesta stagione di “Game of Thrones”.
Dunque, abbiamo armi senzienti sfuggite al controllo dei loro creatori e determinate a sterminare la razza umana, paradossi temporali, Emilia Clarke… nonostante le somiglianze con “Terminator Genysis”, l’ultima puntata (qui recensita dal nostro Stefano) de “Il Trono di Spade” convince appieno, soprattutto per quel che succede oltre la Barriera: a farla da padroni, a questo giro, sono indubbiamente gli Estranei.
Dopotutto, l’opera originale è pur sempre chiamata “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” (i draghi rappresentano il fuoco, duh), quindi ci sembra legittimo riservare loro il titolo per lo meno di coprotagonisti. Eppure, nei libri hanno avuto fin ora poco spazio: fanno un ingresso con stile nel prologo del libro primo, appaiono qua e là per ammazzare un po’ di gente, ma la maggior parte delle informazioni ci arrivano per sentito dire.
La serie ha decisamente scelto un altro approccio, che se da un lato toglie loro parte del fascino misterioso, dall’altro ci regala non poche scene la cui epicità non è certo stemperata dalla necessità di cambiarsi le mutande a ogni pausa pubblicitaria.
Tra le altre, per l’appunto, durante un trip via alberodiga.net del nostro Bran, veniamo a scoprire della loro origine: apparentemente, essi sono stati creati dai Figli della Foresta come arma biologica contro i Primi Uomini.
Tutto ciò ha una sorprendente quantità di senso (il che è strano, se consideriamo che arriva dalla serie tv): se pensiamo che tra i principali punti deboli dei Figli vi era la loro inferiorità numerica rispetto ai sempre prolifici esseri umani, un assetto che consentisse di ribaltare la situazione (ogni nemico morto = un soldato non-morto in più per noi) sarebbe stato veramente in grado di cambiare le sorti della guerra in una notte.
Inoltre, il nostro Martin già ci aveva accennato un colpo di scena del genere: interrogato a riguardo, in un’intervista aveva paragonato gli Estranei ai Sidhe (pron. “scii”), il Piccolo Popolo della tradizione celtica britannica, molti aspetti del quale sono evidenti anche nei Figli della Foresta. Una qualche parentela, o comunque parallelismo, tra i due gruppi si poteva dunque intuire.
Anche la dinamica del rituale (un prigioniero legato a un Albero Diga, il che lascia intendere una correlazione tra i due) trova (forse) alcuni velati riferimenti nel testo: Asha Greyjoy ricorda di una leggenda secondo cui la magia dei Figli permetteva loro di creare dei soldati a partire dagli alberi.
In ogni caso, il rituale spiega molto, ma non tutto: certo, gli Estranei sono stati creati dai Figli, ma tra i due popoli non corre di certo buon sangue (correva: i Figli sono funzionalmente estinti – grazie, Bran). Cosa (o chi) li ha portati a ribellarsi contro i loro creatori/padroni? In secondo luogo, la magia dei Figli trae chiaramente origine… beh, dalle foreste, dalla vita e dal mondo naturale: da dove vengono i poteri del ghiaccio e della morte degli Estranei? Può essere forse che in principio essi fossero semplicemente dei super-soldati controllati magicamente, prima che qualcos’altro, qualcosa dell’estremo Nord che ancora dobbiamo incontrare, li corrompesse? Forse si tratta del Grande Estraneo, divinità descritta da Melisandre di cui sappiamo poco o nulla, ma che ipoteticamente è a capo del movimento “Estinguiamo la vita umana su Westeros”?
Come se non bastasse, si infittiscono i dubbi riguardo l’identità del Re della Notte, del quale abbiamo due versioni ben differenziate (a questo punto) tra i libri e la serie.
Nello show HBO, il titolo è utilizzato per indicare quello che sembra essere il comandante sul campo degli Estranei. Lo vediamo per la prima volta trasformare un figlio di Craster in un suo simile. Ad Aspra Dimora, al termine della battaglia, ha uno staring contest con Jon Snow, e gli dà un grosso dito medio morale, sollevando in un momento una gigantesca armata di non-morti dai caduti sul campo di battaglia. Infine, incontra Bran durante una delle sue visioni, lo marchia (ottenendo il permesso di entrare nella caverna del Corvo con Tre Occhi), e inizia a fare danni.
Le divergenze rispetto al libro sono notevoli, ma fino a questo punto non necessariamente incommensurabili. Il Re della Notte nei racconti della vecchia Nan era uno Stark di Grande Inverno (possiamo chiamarlo Brandon, perché tutti gli Stark interessanti apparentemente si chiamano Bran), tredicesimo lord comandante dei Guardiani della Notte. Una sera vide una donna (Estranea?) in cima alla Barriera e, pur essendo lei chiaramente morta, decise di portarsela a letto (perché tutti gli Stark privi di cervello apparentemente si chiamano Bran) e di iniziare con lei un regno di terrore, che terminò grazie a un’alleanza tra il Nord e i Bruti, e con la sua presunta condanna a morte.
Certo, si potrebbe dire che forse nella serie il Re sia sopravvissuto e abbia continuato a vivere (si fa per dire) felice i suoi giorni con la sua signora a nord della Barriera, prima di svegliarsi e decidere di spaccare cose: peccato che l’attore a interpretarlo nella serie (Vladimir Furdik per la sesta stagione) sia lo stesso bellimbusto che vediamo legato all’albero nel flashback di Bran. Uhm, indubbiamente qui c’è qualcosa di strano all’opera… chi ha ragione? Chi ha torto?
Fortunatamente, col ritmo serrato che la serie TV sta dimostrando, di questo passo l’Inverno potrebbe effettivamente arrivare prima della fine della stagione: la buona notizia è che non dovremo aspettare altri vent’anni per capire quali delle nostre teorie siano giuste.
– Federico Brajda –