Oggi sono qui, cari visitatori di Isola Illyon, per portare alla vostra attenzione un nuovo titolo videoludico, rilasciato da qualche giorno e disponibile su Steam, GOG e Humble Store. Si tratta di Forced Showdown, un action rpg con numerosi elementi roguelike e strategici, prodotto dalla casa danese BetaDwarf. Qualcuno di voi avrà giocato al capitolo precedente, Forced, rimanendo deluso o soddisfatto, o magari entrambe le cose. Sì perché, da molti il gioco fu definito “di difficile valutazione” a causa della doppia faccia single/multiplayer. Nonostante fosse pensato per rendere entrambe le esperienze di gioco ottimali, infatti, apparve subito come un perfetto titolo per la cooperativa, e una pistola alla tempia per la parte in solitaria, strutturalmente tanto difficile da far smadonnare come un muratore o ingrifare come un diavolo della Tasmania, a seconda che venisse giocato da solo o con amici.
Ma questo è il passato, a noi interessa il presente. Se ti chiami BetaDwarf e devi pensare a un sequel di Forced, cosa fai? Elimini gli elementi negativi e ti giochi tutto su quanto di buono prodotto fino a quel momento! Ebbene, in Danimarca evidentemente la pensano in maniera diversa, visto che il multiplayer, che da solo reggeva la baracca, è stato preso e defenestrato senza troppi complimenti. Attenzione, però, perché la scelta potrebbe essere stata vincente, e adesso vi spiego i motivi. Prima, però, un ripassino su ciò che è rimasto invariato tra i due giochi.
Il protagonista è nuovamente un gladiatore di un universo parallelo, costretto ad affrontare tornei in successione, in cui l’unico obiettivo è sopravvivere e sconfiggere la moltitudine di nemici contrapposti. La scelta del personaggio ricade su uno dei 4 eroi giocabili, che rappresentano gli stereotipi delle classi più celebri di questo tipo di titoli (come lo specialista da media distanza o il tank da mischia). Ognuno di essi possiede tre differenti abilità, ovviamente legate al ruolo, con uno specifico cooldown. Siamo, inoltre, affiancati da un pet companion, anch’esso selezionabile tra quattro diverse classi. La struttura del gioco è simile a quella di Forced, con una maggior cura nell’organizzazione delle arene. Come detto, lo scopo è vincere un campionato, costituito da numerosi mini tornei in successione, che a loro volta constano di otto arene consecutive. L’ultima di queste presenta un boss finale, con differenti abilità random.
Ora possiamo passare alle novità: l’innovazione più succosa, che poi è quella che fa ben sperare per il futuro del titolo, è l’introduzione delle carte – e non è una cosa da poco. È come se la Blizzard avesse trapiantato Hearthstone in Diablo, prendendo alcuni aspetti di Heroes of the Storm. C’è a disposizione un intero set di carte, da cui sceglierne 30 da portare con noi nelle arene. Le carte si dividono per rarità e per tipologia di utilizzo: incantesimo, upgrade e consumabili. All’inizio di ogni mini torneo ci viene assegnato, in modo casuale, un set di quattro carte dal nostro mazzo, e dopo aver superato ogni arena si viene premiati con una carta in più. La varietà di scenari è un altro elemento di pregio per Forced Showdown: ogni arena presenta un’ambientazione specifica, da grotte a laboratori segreti, da spiagge a castelli. E lo stesso vale per i nemici, che possono essere dinosauri, robot e così via… insomma, non è un’esperienza monotona. In più, il gioco ha abbandonato il multiplayer ma ha introdotto una componente social, tramite delle sfide giornaliere che permettono non solo di ottenere crediti necessari per nuove carte, ma anche per confrontarsi con gli altri giocatori sparsi per il mondo. Le partite in arena sono brevi, della durata di qualche minuto, e ciò consente di staccare quando si vuole o proseguire per ore, dando comunque un respiro all’esperienza di gioco.
Se pensate, però, che siano finiti i tempi dei mouse distrutti e dei denti digrignati per la rabbia, vi sbagliate di grosso. Ci sono numerosi elementi, infatti, che portano a pensare che gli sviluppatori del team danese siano mossi da sadismo puro: un checkpoint esiste solamente ogni tre tornei vinti, il che vuol dire 24 arene senza potersi permettere di tirare le cuoia. A ciò dovete aggiungere che la salute non viene ripristinata, se non alla fine di ogni torneo, e che ogni arena presenta dei modificatori casuali (tra i quali ci può essere anche la salute dimezzata per tutta la durata della partita). E non è finita qua! Forse avete dimenticato che vi ho parlato di carte, quindi tutto questo discorso sulla casualità (o culo, per essere più fini) vale anche per la mano che avrete. Immaginate di essere contro il boss della 24esima arena con uno sputo di vita, e vi entrano le carte più inutili che abbiate. Tanti saluti e tornate al via!
Se da un lato tutto ciò vuol dire estrema difficoltà, dall’altro significa anche che la strategia è l’elemento cruciale di tutto il gioco: saper prendere sempre la decisione giusta in base alla situazione deve essere il vostro mantra.
Cosa ne pensate? Avete già provato il titolo? Quante volte avete perso la calma?
– Andrea Camelin –