Come anticipato qualche giorno fa, Cubicle 7 Entertainment e Sophisticated Games hanno annunciato qualcosa che ha smosso come un terremoto ogni certezza in campo giochi di ruolo e fantasy: L’unico anello (The One Ring), il GdR prodotto da queste case editrici nel 2011, verrà adattato alle regole di D&D 5.0, e l’operazione dovrebbe concretizzarsi entro quest’estate. Gli autori sono stati abbastanza vaghi sul modo in cui l’operazione verrà gestita: non è chiaro, per esempio, se si tratterà dello sfruttamento della licenza SRD o di una vera e propria collaborazione con la Wizards per un prodotto dal marchio ufficiale D&D. Ricordo a tutti che da poco l’azienda ha rilasciato i permessi di sfruttamento della quinta edizione, il che farebbe pensare proprio ad un loro utilizzo, date le tempistiche della notizia, ma la dichiarazione della Cubicle, che ha parlato di compatibilità, lascia presupporre qualcosa di diverso, realizzato appositamente per unire in maniera ufficiale i due sistemi di gioco.
Ma perché tanto scalpore, sia in positivo che (soprattutto) in negativo? I fan di Tolkien conosceranno già la risposta, per tutti gli altri mi permetto di spendere due parole sull’argomento, chiedendo venia se risulteranno scontate, ma è bene partire dai fondamenti.
Quella de Il Signore degli Anelli è l’ambientazione fantasy per eccellenza, una delle prime ad aver messo in moto un fenomeno che con gli anni è andato espandendosi sempre più, arrivando ai nostri giorni in cui è stato trasposto in un’infinità di media, segno della qualità della fonte alla base. Fonte, quella letteraria, che descrive un mondo fatto di valori, in cui gli eroi sono quelli che distruggono il male grazie alla propria forza di volontà, aggrappandosi ai propri compagni, all’amicizia, all’amore, declinato in tutte le sue accezioni.
Dungeons & Dragons è uno dei capostipiti dei giochi di ruolo cartacei, quello che sicuramente ha influenzato in maniera pesante tutti i suoi diretti discendenti, tanto che ancora oggi viene considerato IL gioco di ruolo. Difficile ricordarlo per una singola ambientazione, dato che i mondi per esso creati sono stati diversi: piuttosto è facilmente riconducibile a un sistema di gioco, quello “entra nel dungeon, ammazza i cattivi, arraffa l’oro e diventa più forte”. Si tratta di un sistema che nel corso del tempo ha ovviamente subito modifiche e raffinamenti, che l’hanno reso qualcosa di più di un mero spaccatutto, eppure non è sbagliato ammettere che in fondo, riducendolo all’osso, questo è D&D, un gioco nel quale l’obiettivo è accumulare esperienza al fine di diventare più forti e affrontare sfide maggiori.
Notate anche voi qualche differenza? Anche chi non conosce nei minimi dettagli uno o entrambi gli universi qua descritti sarà in grado di capire come essi siano piuttosto diversi nelle intenzioni. Ne Il Signore degli Anelli, un Hobbit rimane tale per tutta la durata della narrazione, e se riesce a sconfiggere Sauron lo deve esclusivamente alla forza dell’amicizia e alla propria volontà di non cedere di fronte al male. In qualche modo ci riesce, non si sa bene come, ma ci riesce, nonostante tutto. Il gioco de L’unico anello riusciva a riproporre qualcosa del genere, grazie a un sistema in cui i combattimenti non erano il fulcro principale, e altre varianti intervenivano nel decretare l’esito di un evento. Provate a immaginare un Hobbit trasportato nel sistema di gioco di D&D: un personaggio di primo livello, che si trova di fronte un Nazgul di ventesimo. Può metterci tutta la forza di volontà possibile, tutta l’amicizia di questo mondo, ma con un paio di colpi il nemico vince a mani basse.
Questo è solo uno dei dubbi che attanagliano i fan della saga nata dal genio del professore di Oxford, che non vorrebbero vedere sconsacrati i valori tolkeniani in un gioco in cui tutto quello che bisogna fare è esplorare le caverne per sgraffignare oro e ottenere esperienza. Ma c’è anche un altro problema di fondo, non trascurabile: la magia.
Ne Il Signore degli Anelli la magia è destinata a pochi eletti, è un qualcosa di ancestrale e ignoto, che spesso ha delle conseguenze e che quindi viene utilizzata in casi eccezionali e da personaggi di spicco, buoni o cattivi che siano. In D&D invece, come saprete, la magia è all’ordine del giorno. Anche un personaggio di primo livello è in grado di padroneggiare piccoli incantesimi e nel corso delle avventure può diventare un abile mago senza alcun problema né conseguenza. Tutta la meccanica di D&D, le regole tecniche che consentono l’uso della magia, si basano su questo presupposto – e vanno più che bene, per carità. Ma applicandole in un universo low magic, siamo proprio sicuri che funzionerebbero ugualmente bene? Ci sarebbero due possibili soluzioni: limitare gli incantesimi alla base, col risultato però di creare uno sbilanciamento delle classi, con guerrieri che superano gli incantatori, oppure modificare l’ambientazione rendendo la magia più presente, col risultato però di snaturare qualcosa ritenuto da molti sacro. Insomma, in entrambi i casi non si atterra in piedi.
Esauriti i principali punti controversi di questa operazione, è giusto anche spezzare una lancia a favore di questa idea, che non è da bocciare a priori. Intanto, ha dalla sua il pregio di poter unire due universi molto amati e quindi amalgamare i fan di entrambi. I Tolkeniani potrebbero essere spinti a dare un’occhiata alle meccaniche di D&D che avevano sempre snobbato e gli altri potrebbero avvicinarsi, qualora non l’avessero mai fatto, al mondo di Arda, creando uno scambio culturale non indifferente.
In secondo luogo, c’è da ammettere che tra tutte le edizioni di D&D, quella più adatta a un’operazione simile è proprio la quinta: grazie a un sistema di gioco snello e rapido risulta anche il più malleabile, considerando le modifiche che andranno apportate. È chiaro, infatti, che chi si occuperà di questo progetto conoscerà tutti i dilemmi morali a cui sta andando incontro: di certo non si tratterà di una semplice sovrapposizione, ma di un lavoro che richiederà uno studio per adattare il sistema di gioco all’ambientazione, con una profonda modifica delle razze e delle classi e di tutto il sistema degli incantamenti.
O almeno, è quello che tutti noi speriamo: basta poco per combinare un pastrocchio, ma è indubbio che ci siano anche i presupposti per qualcosa di epico: dipenderà tutto da quanto cuore e quanto rispetto verranno messi nell’operazione. Incrociamo le dita e rimaniamo ad aspettare, di certo ne torneremo a parlare molto presto.
– Andrea Carbone –