I più rigidi conoscitori dell’universo mitopoietico Lovecraftiano guardano con sospetto ai tempi moderni. L’entusiasmo del popolo per i Grandi Antichi è, per loro, un controsenso: trasforma l’orrore in fenomeno pop, lo industrializza, incanalandolo nelle formine della grande distribuzione di massa, omologandone le forme e appiattendo i significati. In una parola: snaturandolo.
E come dargli torto? Negli ultimi quindici anni il solitario di Providence è tornato alla ribalta un po’ ovunque, partendo dai fumetti di Alan Moore (Neonomicon prima, Providence poi), e arrivando fino all’industria videoludica (Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth, 2004), senza dimenticare televisione (non profuma di Innsmouth, il popolare True Detective?) e tabletop RPG.
Su questi ultimi vale la pena spendere due parole: l’apripista è stata la Chaosium, storica casa editrice di giochi di ruolo che, fra un colpo ai reni e uno alle ginocchia, è in giro dal 1974. Il Call of Cthulhu di Sandy Petersen nasce nel 1981 e attraversa venticinque anni e sei diverse edizioni, lambendo un oceano di contenuti extra e qualche timido poke dalla Wizards of the Coast, che ne propone la sua versione in d20, e dalla Pelgrane Press, con il suo Trail of Cthulhu. Ai bordi dello Cthulhu-treno si intravede anche qualche esempio che fa accapponare la pelle ai puristi, da Pokethulhu a Il Richiamo di Gatthulhu. La satira, si sa, è segno dell’ingresso di qualcosa nell’Olimpo della Storia; lo stesso vale per l’omaggio, che in Italia si specchia nel recente Alba di Cthulhu degli autori di Sine Requie (di cui vi abbiamo parlato qui).
Certo è che la proliferazione di contenuti si è accompagnata a un legittimo dubbio: non sarà che ormai Lovecraft ha detto tutto quel che aveva da dire? Quanto sangue c’è ancora, in questa rapa? E soprattutto, vale la pena cavarlo, se si scopre che è blu/verde/viola e pieno di Pokémon e gatti?
Qualche giorno fa è arrivata Cyanide Studio (già autrice di Styx: Master of Shadows) a sfanculare tutte ‘ste domande, annunciando che nel 2017 pubblicherà un nuovo RPG di Call of Cthulhu, dal modesto nome di Call of Cthulhu – The Official Video Game, casomai qualcuno avesse dei dubbi. In partnership con Focus Home Interactive (che detiene i diritti sui videogiochi tratti dall’RPG Chaosium) e la stessa Chaosium, si propongono di portarci un prodotto all’avanguardia e rispettosi dei canoni del genere.
Per ora se ne sa poco, anche se il marchio Chaosium dovrebbe essere un primo sinonimo di garanzia. La descrizione ufficiale lo definisce un “gioco di ruolo investigativo con elementi di horror psicologico e meccaniche stealth, ambientato in un mondo ad alto tasso d’immersività”, che a me suona tanto di supermegacicciofigatissima. Sicuramente previsto per PC, ma vagheggiato anche per console: qualche fortunato ha avuto modo di sbirciare la pre-alpha e gli entusiasmi paiono confermati.
Siamo nel 1920, isola di Dark Waters. Un artista e la sua famiglia muoiono misteriosamente. Il giocatore (single player e prima persona) è chiamato a risolvere il caso, con l’inevitabile development della scoperta di qualche mistero ben più grosso. Le pistole, come da tradizione cartacea, fanno più danni che altro: persuasione e capacità di muoversi fra le ombre sono gli strumenti topici di qualunque investigatore dell’orrore. D’altronde il nemico è ontologicamente inarrestabile e ciò che conta è, soprattutto, non perdere la testa: apprezzabile, quindi, il sistema dei punti sanità mentale, al cui ammontare bisogna fare attenzione al pari degli HP. L’endevour non è dei più semplici, ma ad aiutarci c’è una pletora di NPC, talvolta direttamente coinvolti nella nostra esplorazione, talaltra preposti alle loro funzioni classiche. In ogni caso non sono semplici belle statuine: si intravede una struttura di quest ad albero, dove ogni scelta può portare a conseguenze drammatiche e all’apertura di nuove linee di trama: “Gioco di ruolo”, insomma, non sembra essere solo propaganda.
Cosa manca? Un po’ di magia, mediata dai classici artefatti ma non troppo presente: e va bene così, d’altronde l’esperienza di gioco è ridotta in un lasso di tempo diverso da quello di una campagna. Forzare la mano sugli elementi arcani significherebbe cedere a quello snaturamento da cui la Cyanide vuole tenersi lontana.
Se tutto ciò, ai puristi, non bastasse, si aggiunge un nome: Mark Morrison, co-autore (insieme a Thomas Ligotti) di alcuni capitoli della campagna Horror on the Orient Express. Il treno dell’hype corre verso un baratro di follia ed aspettative: c’è solo da attendere, e sperare.
– Luca Pappalardo –