A vederlo sotto una certa ottica, ci si rende conto che l’universo dei giochi di ruolo assomiglia esso stesso ad un’ambientazione da gioco di ruolo: abbiamo un impero tentacolare che mira a racchiudere nel proprio dominio tutto e tutti (Dungeons & Dragons), i regni successori-secessionisti che aspirano segretamente a conquistare la vetta della catena del potere (Pathfinder), svariati stati e regni minori, ciascuno contraddistinto dal proprio virtuosismo, ciascuno dei quali può vantare, per conto proprio, una tradizione ammirevole e un discreto grado di fedeltà dai propri seguaci (Sine Requie, Vampiri, Il Richiamo di Chtulhu…), e tutto ciò che sta in mezzo.
In un notevole sfoggio di meta-ludicità, alcuni di noi giocatori sentono poi il desiderio di partire per l’avventura, spingendosi al di là dei confini del conosciuto, del civilizzato, per esplorare le frontiere estreme del gioco di ruolo, giungendo fino alle zone semi-esplorate e scarsamente mappate dei progetti Kickstarter, dei produttori indipendenti, e delle scene ruolistiche meno note, sperando di trovare come ricompensa qualche piccola gemma insospettata e insospettabile.
Ancora una volta gli esploratori dell’Isola si ritrovano dunque in prima linea nello sforzo di annettere alla comunità dei giocatori nuove realtà: dopo Degenesis (GdR steampunk post-apocalittico a contaminazioni gotiche), ecco dunque che il nord Europa ritorna ad offrire a tutti gli appassionati del pen-and-paper un buon motivo per gioire. Questa volta, il merito è tutto del team Järnringen, sviluppatori svedesi che, dopo l’indiscusso successo della campagna di fundraising, ha rilanciato il proprio “Symbaroum”, raccogliendo immediatamente un buon riscontro dagli appassionati in rete.
A prima vista, “Symbaroum” potrebbe apparire la riproposizione di una formula classica, un sistema low-fantasy basato sul d20, più interessato ad andare sul sicuro che a rischiare e proporre qualcosa di veramente innovativo, tanto che ci si imbatte in chi lo considera “poco più che un modulo aggiuntivo per la 3.5”. Almeno in base alle informazioni che sono riuscito a raccogliere (e che purtroppo, per il momento, esulano dall’esperienza diretta, gioco alla mano), nulla potrebbe essere più lontano dal vero.
Certo, l’ambientazione non rappresenta nulla di eclatante o rivoluzionario: abbiamo Ambria, un regno di esuli in fuga dalla guerra e piagati da una maledizione nata dalla più oscura stregoneria, fondato sotto la guida dell’energica regina Korinthia dopo aver condotto la propria gente al nord e aver scacciato i poveri cristi che vivevano lì in precedenza. Gli interessi del regno sono tutti puntati sulla misteriosa foresta di Davokar, dimora di troll e creature ancor più grosse e malintenzionate, nonché sede di numerose rovine della perduta civiltà di Symbaroum. Poiché il saccheggio di beni archeologici pare essere la base dell’economia del 90% dei GdR in circolazione, gli ambriani si sono lanciati in una sfrenata esplorazione della foresta, senza badare agli ammonimenti di barbari ed elfi sulle nefaste conseguenze che tale corso di azioni avrebbe potuto provocare.
Trattandosi di un GdR svedese, è di per sé facile intuire il tono della narrazione: già dalle (numerose e gradevoli) illustrazioni ci viene offerta la visione di un mondo freddo, sporco e oscuro, dove la civiltà umana è sì presente, ma si trova a dover lottare con lo sconosciuto e il misterioso, con forze che si collocano al di là del nostro controllo e della nostra comprensione. Ai giocatori spetta il compito di decidere come porsi in relazione a queste forze e a questi misteri: schierarsi dalla parte della regina Korinthia nel tentativo di portare la civiltà nelle terre selvagge e ricchezza al regno di Ambria, allearsi con barbari e le creature boscose del Patto di Ferro per tenere sopiti incubi con i quali è meglio non combinare casini, o fregarsene di tutto e tutti e partire per l’avventura tra le fronde di Davokar?
Il focus è sui conflitti morali, sull’esplorazione, e su combattimenti rapidi, brutali e ben poco clementi per i personaggi. Elemento centrale, in tutti e tre i casi, resta sempre il giocatore: nell’idea degli sviluppatori, il master non dovrebbe prendere mai in mano i dadi, per meglio concentrare le proprie energie in compiti più importanti come far andare avanti la narrazione. Ogni singola prova è effettuata dai personaggi tirando un d20 e cercando di ottenere un punteggio inferiore al valore bersaglio, associato al proprio punteggio di abilità rilevante o al rapporto tra questo e quello dell’avversario.
A fronte dei pericoli e dei rischi insiti nel gioco, numerose sono le frecce per l’arco degli avventurieri: quattro razze giocabili, quindici occupazioni (a partire dai tre inaffondabili archetipi di guerriero, mistico e ladro), numerose abilità, incantesimi e rituali (legati a quattro differenti tradizioni magiche) con le quali sbaragliare i propri avversari e sconfiggere le temibili Blight Beast native del Davokar. Ma attenzione a giocare troppo con le arti arcane, o a portare alla natura meno del rispetto dovuto: qualche passo avventato di troppo e vi troverete ad accumulare della “corruzione spirituale”, con conseguenze… terminali, per la salute e il benessere del vostro alter ego cartaceo.
Un sistema al tempo stesso leggero e immediato, ma con parecchia profondità soprattutto per quanto riguarda la personalizzazione del personaggio, e un’atmosfera cupa che fa ritornare alla mente il discreto (sebbene tendenzialmente poco considerato) “Warhammer Fantasy RPG”. Quando potremmo metterci le mani sopra? La buona notizia è che il PDF e l’hardcover in inglese (e svedese) sono già disponibili e ordinabili. Quanto alla traduzione italiana, croce e delizia dei giocatori nostrani, qui non si è ancora neanche accennato al discorso, ma chissà: l’accettazione in rete sembra più che ottima, e un buon successo potrebbe aprire le porte all’export internazionale.
– Federico Brajda –