Carissimi isolani di una galassia lontana lontana, sapete qual è il fil rouge che unisce tutta la filmografia ufficiale di Star Wars, compreso il fin troppo atteso “Il Risveglio della Forza”? Sapete quali sono gli unici personaggi a comparire in tutti i sette episodi ad oggi girati? Probabilmente sì, lo sapete. Ma questo mi offre il destro per parlare dei nostri amici droidi. Perché la risposta alle domande di cui sopra, ovviamente, è R2-D2 e C-3PO (meglio conosciuti dal pubblico italiano come C1-P8 e D-3BO). Perché mai una scatoletta di neanche un metro di altezza che ricorda vagamente un bidone aspiratutto degli anni ‘90 e che si esprime a fischi, bip e ronzii, ed un umanoide di latta dorata (per di più rompino e petulante) rappresentano un elemento così imprescindibile da essere stati premiati con una presenza tanto costante nell’arco narrativo della saga lucasiana, alla faccia delle altre forme di vita basate sul carbonio, per quanto protagoniste? Le risposte principali risiedono nelle modalità che ha l’umanità di raccontare le Grandi Storie, che sono rimaste le stesse nei millenni, sia che ci trovassimo davanti ad un fuoco in una notte preistorica, sia nell’oscurità di una sala cinematografica 3D del terzo millennio.
In realtà per giustificare la presenza continuativa nella saga dei droidi più famosi della storia del cinema possiamo trovare anche delle motivazioni logiche e tecnologiche. Tanto per cominciare, è normale che due macchine (perché tali restano R2-D2 e C-3PO, almeno a livello materiale) possiedano una longevità di un ordine di grandezza completamente diverso rispetto agli esseri viventi (a meno che non si tratti di un piccolo maestro Jedi estremo dalla pelle verde in grado di campare più di 900 anni), in special modo quelli umani: è quindi logico che anche l’arco narrativo all’interno della saga diventi più esteso rispetto agli altri personaggi. Oltretutto, la prima comparsa nella continuity R2-D2 la fa come astrodroide assegnato allo Yacht Reale nuovo di pacca della Regina Amidala durante il blocco della Federazione, mentre addirittura C-3PO viene “riassemblato” su Tatooine da Anakin a partire un mucchio di rottami proprio in quel periodo: possiamo quindi supporre che fossero anche “in garanzia”, ovvero all’inizio della loro vita “tecnica”, alla stessa stregua di un tostapane.
Il resto lo fa la concezione della cibernetica e dei robot (e della tecnologia in generale) propria dell’universo di Guerre Stellari; non c’è, nella saga di George Lucas, una reale necessità di rendere verosimile o di spiegare tutti gli aspetti di una tecnologia fantastica, come in altri franchise (a volte portata all’estremo, vedi il “technobabble” di Star Trek), ma viene messa in pratica la famosa citazione di Clarke: ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia. I droidi dell’universo di Guerre Stellari sono automi costruiti per assistere, servire e svolgere mansioni troppo umili o pericolose per gli esseri viventi. La loro morfologia varia enormemente in base alla funzione o al lavoro che andranno a svolgere (e in questo sono molto verosimili), per cui un astrodroide ha una forma che si adatti all’alloggiamento del caccia stellare che andrà ad occupare, mentre un droide protocollare avrà forma umanoide. Però, tutti hanno in comune un’intelligenza artificiale decisamente sofisticata e addirittura capacità di autoapprendimento e di miglioramento nello svolgimento dei loro compiti specifici. Se questo sia conseguenza di un particolare procedimento costruttivo, di un qualche tipo di cervello robotico (Positronico? Elettronico? Quantico?), non è dato sapere, e in realtà in Star Wars nemmeno ci interessa più di tanto. L’importante è che i modelli più sofisticati, alla lunga (a causa pare di non meglio precisate “subroutine”), possano addirittura sviluppare gusti, inclinazioni, senso dell’umorismo e volontà autonome: in poche parole, una personalità vera e propria.

Consigli estemporanei di moda mare su Tatooine(?!?) per le nostre affezionate lettrici
Può quindi accadere che un droide di secondo grado, astromeccanico, sviluppi una personalità coraggiosa, fedele, capace e un tantino comica, mentre un droide protocollare di terzo grado diventi pedante, lamentoso, petulante, ma nonostante tutto generoso. Può addirittura succedere che i droidi in questione, come nel caso di R2 e C-3, sviluppino una morale che li renda capaci di compiere scelte di campo etiche, e quindi di schierarsi ad un certo punto (chi più, chi meno tirato per i capelli che non possiedono) apertamente con la ribellione, contro la tirannia e l’oppressione del nuovo ordine imperiale. Il tutto, chiaramente, a patto che a nessuno Zio Owen di turno venga in mente di portarli ad Anchorhead per riprogrammarli.
A questo punto la trasformazione in personaggi veri e propri, anche a livello funzionale all’interno di un racconto, è completa. Ed è questo il vero motivo per cui R2-D2 e C-3PO sono ancora tra noi, all’alba dell’episodio 7: perché corrispondono ad uno degli archetipi delle favole e dei racconti di formazione fin dalla notte dei tempi. Non a caso Star Wars viene spesso definito come lo sci-fantasy per eccellenza, una favola d’altri tempi calata in un contesto spaziale e fantascientifico. C’è il bene contro il male, c’è la tirannia contro la libertà. C’è il giovane contadino ingenuo destinato a diventare eroe, e c’è la principessa in pericolo (piuttosto combattiva, a dire il vero). C’è il cattivo senza speranza e c’è il cattivo che alla fine si redime. C’è la canaglia dal cuore d’oro, e c’è il vecchio saggio che istruisce (anzi, una serie di vecchi saggi che istruiscono). E infine, ci sono R2 e C-3 che forniscono due degli archetipi chiave delle fiabe di ogni tempo: essi sono sia gli araldi messaggeri, che nel recare a Luke il messaggio di aiuto di Leia mettono in moto tutta la storia (e nel farlo portano con sé il presagio di ciò che succederà), sia l’indispensabile elemento comico che combatte nel campo dei buoni, che fa da spalla all’eroe e che sdrammatizza nei momenti più tragici (ed è il motivo per il quale sono tanto amati dai bambini, che subito empatizzano con loro): in effetti, con i loro continui teatrini, le battutine, le ripicche e in fondo l’enorme affiatamento, R2-D2 e C-3PO si collocano all’altezza delle grandi coppie comiche del cinema come Stanlio e Ollio, Totò e Peppino, Lemmon e Matthau, Bud e Terence.
Uno degli infiniti colpi di genio di Lucas (alla faccia di chi lo denigra in continuazione perché è molto di moda e fa molto figo) è stato proprio quello di fare assurgere a queste vette due robot, che per definizione dovrebbero essere agli antipodi dell’umorismo. Ed è per questo che ancora oggi li amiamo così tanto.
– Luca Tersigni –