Come molti di voi in passato ci hanno confessato, trovando riscontro anche in alcuni di noi, esistono pareri molto contrastanti sul popolarissimo gioco di carte Munchkin. Personalmente ho sempre trovato divertente questa forma di intrattenimento leggero che ha saputo farmi perdere numerose ore di tempo utile con le sue molteplici incarnazioni, quindi, nello scoprire l’esistenza del fumetto, ho confidato di potervi mettere le grinfie sopra per riscattare una volta e per tutte l’onore del brand. Purtroppo temo di aver peccato di ottimismo.
Per quei pochi che non hanno mai avuto modo di provare il titolo in questione, basti sapere che il vivace gioco non è altro che una rivisitazione parodistica e spensierata dei più comuni topos raffinati dagli atteggiamenti beceri dei giocatori di ruolo. Barare, ingannare e manipolare i propri avversari sono le vere strategie che muovono i dinamismi di ogni partita, nonché le peculiarità più apprezzate dai giocatori abituali, ormai temprati da mille sfide e da una lancinante paranoia nei confronti dei propri amici. In seguito al successo del prodotto, i creatori si sono lanciati in una vera e propria missione capitalistica e hanno iniziato a speculare su ogni risvolto della cultura nerd, parodiandone i capi saldi: miti lovecraftiani, horror, film di fantascienza, e pirateria sono tutti argomenti ben approfonditi dalle numerose edizioni satellite che, oltre a modifiche minori al regolamento, hanno ben poco senso di esistere se non quello di appagare le preferenze di alcuni.
Come si possono trasportare le sensazioni di un gioco causticamente sarcastico in una serie di strisce comiche in salsa fantasy? L’impresa, nonostante non sia certamente irrealizzabile, comporta una serie di complicazioni tutt’altro che di facile soluzione: solo una grande mente avrebbe potuto rimaneggiare il tutto riuscendo a garantire quell’atmosfera sorniona e dinamica a delle mere pagine inchiostrate. Uno sguardo alla copertina e capisco, semmai, di dover parlare di “menti”, al plurale. Ebbene anche Munchkin – Livello 1 fa parte di quei volumi, apparentemente sempre più diffusi, che decidono di ripiegare su numerosi episodi brevi, piuttosto che sforzarsi esageratamente a voler costruire una consecutio narrativa, ma questo non vuol dire necessariamente si tratti di un male! Alla fin fine Jacovitti ci ha fatto carriera, con le sue lapidarie pagine, magari anche in questo caso abbiamo a che fare con una genialità immediata e fresca… no?
Tom Siddell e Jim Zub si sono destreggiati nei testi, mentre Mike Holmes, Ian McGinty e Ryan Sygh si sono alternati ai disegni. A onor del vero vi sarebbe anche una pagina interamente gestita da John Kovalic, l’illustratore originale, ma la resa è tanto scadente che, sotto sotto, preferirei glissare la questione e omettere del tutto la sua presenza, fingendo di non aver notato la sua triste apertura al fumetto. Non resta dunque che scindere i vari episodi concentrandosi sul talento delle persone che hanno prestato la propria penna al definire le avventure.
Tom Siddell si è occupato de “Cos’è un Munchkin?”, “Gli umani non hanno classe”, “Munchkin in the sky with diamonds” e “Wight significan guai”, i quali corrispondono alla quasi totalità dell’intero albo; non sorprende, pertanto, scoprire che il suo humor riesca a ricalcare naturalmente quello collaudato dal gioco di carte non collezionabili. Le scelte e lo stile di Siddell si sposano magnificamente coi primi due episodi menzionati, brevi e irriverenti, ma gli altri suoi lavori, per i quali cerca disperatamente di formare una vicenda più solida e resistente, si trascinano lungamente in un pantano di mediocrità occasionalmente impreziosita da qualche piccolo zircone ben nascosto. A Jim Zub, dunque, non restano che poche pagine da riempire con “Pronti a tutto”, “L’ecologia del Naso Fluttuante”, “Munchkin Cthulhu giunto per noi!” e “Munchkin dei caraibi e i mari dell’idiozia”, e non posso che affermare a gran voce di esserne più che lieto.
Quest’altra metà dell’operato è caratterizzata da uno stile debole e fiacco che confonde il vero significato dell’umorismo con una forma di complicità verso coloro che sono giocatori veterani. Certo, tutto il fumetto è caratterizzato da alcuni riferimenti più o meno apprezzabili dai nerd navigati, ma in questi casi l’affidarsi a questo escamotage tracima oltre gli argini, perdendo quasi del tutto la vena comica per fare comunella con i lettori, e sogghignando come un furbastro che sta condividendo un segreto intimo con un amico. Quattro racconti brevi su quattro sono intrisi di predominanti riferimenti ai contenuti delle carte, spesso finendo con il tirare in ballo versioni secondarie di incerta diffusione, confidando ingenuamente che il lettore sia tanto coinvolto da apprezzare le citazioni anche solo per una forma di riconoscimento elitario e snob.
Come avrete intuito a questo punto, Munchkin – Livello 1 è lungi dall’essere un buon prodotto o un qualcosa di cui sono ansioso di vederne il proseguimento, ma compensa parzialmente le sue lacune “regalando” quattro carte da gioco esclusive e introvabili da poter mescolare nel proprio mazzo in modo da stupire gli amici che si prestano regolarmente a questa esperienza ludica.
–Walter Ferri–
Munchkin – livello 1: la recensione
Isola Illyon
- Nel prezzo sono incluse 4 carte da aggiungere al proprio mazzo;
- Mike Holmes e il suo stile a la "Adventure Time";
- Quando si ricorda di essere una parodia dei giocatori power player riesce a essere simpatico...
- ... ma fin troppo spesso cerca solamente di imitare l'umorismo del gioco di carte;
- Hanno partecipato un sacco di persone, ma non Steve Jackson (l'ideatore del gioco);