Sword Coast Legends ha monopolizzato l’attenzione dei fan degli RPG old style fin dal suo annuncio, e in modo ancora più sostenuto dopo la release del suo principale concorrente, quel Pillars of Eternity che tanto entusiasmo ha suscitato (per quanto i due titoli si ispirino e siano omaggio a due periodi storici del Gioco di Ruolo digitale anche contigui temporalmente, ma comunque a sé stanti sia per meccaniche che, soprattutto, per approccio visuale). Era quindi d’obbligo un’analisi più che approfondita, soprattutto nei confronti di quella Dungeon Master Mode della quale non esiste termine di paragone e che prometteva sfracelli. Dopo decine di ore di gioco, sia in singolo, che in multiplayer e in DM Mode, un’idea precisa ormai me la sono fatta e, come avrete già potuto notare dal voto, il timore a cui avevo dato voce in sede di preview, circa il rischio per i titoli molto (troppo) attesi di fare i capitomboli più clamorosi, si è purtroppo parzialmente avverato. Non fraintendetemi, SCL rimane un gioco discretamente divertente: semplicemente, per molti aspetti non è ciò che ci era stato promesso. Ma andiamo con ordine.
WELCOME (AGAIN) TO THE REALMS
La prima piccola delusione sale valutando la confezione, ovvero il comparto grafico. D’accordo, un RPG non richiede milioni di poligoni né un livello di dettaglio straordinario per entusiasmare, ma questo era il gioco che avrebbe dovuto ridefinire lo standard nel suo settore per gli anni a venire, e i filmati di gameplay promettevano bene. Invece il motore di gioco è decisamente minimalista: da lontano la resa grafica è buona e a tratti decisamente d’atmosfera. Ma appena si fa scorrere la rotella del mouse e ci si avvicina all’azione, saltano fuori le magagne: texture povere, modelli con pochi poligoni, animazioni poco fluide. Si fanno decisamente preferire gli ambienti urbani e quelli interni, alcuni davvero evocativi (come Luskan), rispetto agli esterni. I primi sono alcune tra le trasposizioni in 3D meglio riuscite dei FR; i secondi, specialmente se si parla di ambienti boschivi, risentono di palette poco azzeccate, affastellamento di livelli, e una generale difficoltà nel distinguere gli oggetti dello scenario. Se a questo aggiungete che i layer di particolari abilità (come Cercare) vengono sovrapposti a livello grafico sullo scenario, avrete un quadro della confusione che parecchie volte vi porterà a ruotare con fastidio la visuale per cercare un angolo più chiaro. Il motore grafico è ampiamente scalabile per precisa scelta di programmazione, ma anche a livelli alti o altissimi la qualità generale cambia poco. La tempistica di caricamento degli ambienti, che risulta un po’ troppo lenta anche su una macchina di fascia medio-alta, non aiuta l’insieme. In generale tutto il comparto fa decentemente il suo dovere, ma come resa siamo ai livelli di un Neverwinter Nights 2, poligono più poligono meno – peccato che nel frattempo siano passati nove anni.
Il sonoro invece è forse l’unico aspetto di SCL che abbia mantenuto in pieno le aspettative. L’audio ambientale è adattato ottimamente; come già detto, poi, spesso ci si trova a trasalire in un sotterraneo umido al commento sussurrato di un compagno di party che echeggia e si amplifica in modo preoccupante perdendosi nell’oscurità. La colonna sonora, in più, è davvero superba, mai noiosa, mai banale, con ritmi che sottolineano a dovere ogni momento e un motivo per ogni occasione di gioco, senza annoiare, ma anzi accompagnando le emozioni e sensazioni del giocatore e amplificandole. Del resto Inon Zur, già autore delle atmosfere di Baldur’s Gate 2 e Dragon Age 2, è una garanzia.
MA È D&D O DIABLO?
La domanda non suoni irriverente, perché la questione ci porta ai quesiti centrali che riguardano SCL e indirettamente ai motivi principali per i quali era così atteso: la quinta edizione è stata implementata ottimamente nel sistema di gioco, come fecero i vari Baldur’s Gate e Neverwinter Nights con le edizioni precedenti? E la famigerata DM Mode corrisponde effettivamente alla trasposizione in digitale dell’esperienza pen-and-paper al tavolo da gioco, come era stata presentata? Purtroppo, candidamente, le risposte sono no e no.
La campagna single player è un solido CRPG vecchio stampo che tutto sommato fa spirare aria di Reami Dimenticati dopo troppo tempo di astinenza videoludica. La scrittura non è assolutamente ai livelli di eccellenza di un Pillars of Eternity (per restare ad un competitor recente) o di un Baldur’s Gate, ma fa la sua parte. Le interazioni con i PNG non sono nulla di sconvolgente, ma sono funzionali alla storia, e quelle con i compagni di party sono anche divertenti, pur rientrando nella categoria del già visto. Tutto sommato la campagna single player mi ha divertito e mi ha fatto tornare, a sprazzi, alle atmosfere di quindici anni fa. Ma purtroppo, specie in un titolo nel quale il single player era definito quasi accessorio, l’attenzione si deve posare su altri aspetti che nel complesso lasciano perplessi. SCL rispetta in pieno i canoni del party RPG di stampo classico, con la pausa tattica per impartire in comodità gli ordini aspettando poi che la CPU risolva l’azione in base al regolamento, con l’accesso agli inventari, la compravendita di oggetti, le statistiche stile GdR e le dinamiche tipiche del genere che ormai conoscono anche i muri. Tutto tranne… il nocciolo della questione, ovvero le abilità e le spell dei singoli personaggi, che sono gestite ad albero di abilità e sono replicabili all’infinito, previo un tempo di cooldown per poterle riutilizzare. Ma come? Niente slot incantesimi e utilizzi? Cooldown e albero di abilità in D&D? Ebbene sì. Questa apparentemente innocua scelta scaraventa il tatticismo caratteristico di questo tipo di giochi direttamente fuori dalla finestra delle Sette Vele di Luskan: ogni combattimento si trasforma in una rissa confusionaria nella quale si tenta di sopravvivere e di subire meno danni possibile in attesa che si ricarichino le abilità e gli incantesimi più potenti. Ma cavolo, è D&D, io voglio decidere come e quando usare i miei stramaledettissimi slot e utilizzi! Neanche per idea, e il risultato è un appiattimento tattico e ludico che non sa né di carne, né di pesce. Per dare un’idea, anche in un Hack ‘n Slash puro come Diablo era prevista una pur vaga limitazione, data dal mana disponibile. E in un CRPG niente di niente, solo il tempo di cooldown? Ma dai.
Non va meglio con la DM Mode, forse la delusione più grande. Scordatevi il controllo assoluto sul modulo come nella buonanima dell’Aurora Toolset di Neverwinter Nights. Qui il DM può impostare solo alcuni parametri di massima, e sono poi gli algoritmi che si occupano di sfornare il dungeon, sulla quale disposizione degli spazi il Master successivamente può poco o nulla. In più, allo stato attuale il ventaglio di scelte visive è scarno e i set di oggetti coi quali personalizzare il dungeon meno vasti di quanto si supponesse. A questo aggiungete alcune scelte veramente insensate per un gioco che doveva ricreare in digitale l’esperienza tabletop, come le limitazioni nella creazione dei dialoghi (per esempio, in fase di accettazione di una missione il DM non potrà fornire ai PG altre risposte che le preimpostate “Accettiamo” o “No, un’altra volta” – ma almeno l’educazione di un “Tante care cose!”, che diamine!), e capirete come l’implementazione dell’elemento narrativo, che doveva essere la vera novità di SCL, non solo se ne vada a pallino, ma sia stata completamente dimenticato. Per carità, il meccanismo del DM Threat funziona, tiene alta l’attenzione di giocatori e Master, e la possibilità di intervenire in tempo reale rende l’esperienza divertente, almeno per un po’ (e con Master capaci). Ma senza l’elemento narrativo, le partite inevitabilmente finiscono dopo un po’ per assomigliarsi tutte, e l’esperienza si avvicina a quella di un dungeon crawler con keeper umano, altro che D&D.
Con lo zaino da avventuriero affardellato di rimpianti, tiriamo quindi le somme.
– Luca Tersigni –
- Finalmente i Forgotten Realms;
- Single Player abbastanza carismatico;
- Nonostante tutto divertente;
- Tecnicamente sotto le aspettative;
- Promesse non mantenute;
- Esperienza D&D molto ridimensionata;