La parodia sta alla comicità come l’Università allo studio: è il poema epico dell’umorismo. La vera parodia non è una denigrazione dell’originale, o una presa in giro fine a se stessa. È piuttosto l’estremo omaggio, l’atto d’amore finale verso un film, un libro, un’opera, un mondo che si ha amato a tal punto da volersene in qualche modo appropriare, sia pure estremizzando la comicità e facendo del lato umoristico l’aspetto preponderante. D’altronde la risata e l’autoironia sono le uniche armi che abbiamo per sdrammatizzare e prenderci un po’ più alla leggera, l’unico antidoto che c’è per toglierci di dosso la prosopopea e la pesantezza con la quale ci autozavorriamo prendendoci troppo sul serio. E con la quale zavorriamo, ahimè, anche le nostre passioni. Fateci caso: chi è che non ride (e non si autoderide) mai? I cattivi. Sauron, Saruman, Darth Vader non ridono mai (al massimo ghignano sadicamente, figurarsi l’autoironia), travolti dalla loro stessa superbia.
Altra cosa sono le false parodie: accozzaglia insensata di gag (spesso solo volgari) buttate lì per strappare la risata fine a se stessa.
A prescindere da come la si pensi riguardo Mel Brooks, il re indiscusso della parodia cinematografica americana, non si può negare che abbia sempre tentato di imboccare la prima strada, girando delle parodie organiche che rispettassero e cercassero di carpire gli aspetti principali delle opere a cui si ispiravano, volgendole all’umorismo. È il caso di Frankenstein Junior e anche di – avete capito dove voglio andare a parare (astutamente, anche dal titolo) – Balle Spaziali (in originale “Spaceballs”). Il film del 1987, è risaputo, costituisce l’unica vera parodia cinematografica di Guerre Stellari, anche se sono frequenti nell’arco della pellicola scenette e battutine dedicate ad altri franchise storici della fantascienza, come per esempio Star Trek e Alien. Il film infatti, come tutte le vere parodie, non si limita alle gag, ma parodizza dell’originale direttamente trame, personaggi, citazioni e anche aspetti extracinematografici (vedi per esempio il saggio Yogurt, parodia di Yoda, che vende nel retrobottega il merchandising di Balle Spaziali), dimostrando di aver fatto propri e reinterpretato in chiave comica tutti gli aspetti che hanno reso Star Wars la saga cinematografica più amata a livello mondiale, ma allo stesso tempo non rinunciando ad un’ironia sagace sugli aspetti più commerciali del fenomeno.
In Balle Spaziali c’è tutto: la principessa in fuga dal malvagio regime, il giovane idealista e il cinico mercenario dal cuore d’oro, che cercano di salvarla (in realtà uniti in un’unica figura, quella di Stella Solitaria); c’è la corsa per salvare un mondo dalla superarma dei cattivi, c’è l’astronave iconica (il Millennium Falcon che diventa un camper spaziale), c’è il supercattivo Lord Casco, spietato come Darth Vader e imbranato e sfigato come Paperino. C’è il sapiente dosaggio di citazioni sparse, quasi tutte riguardanti la fantascienza, che fanno la gioia dei cinefili – geniale, veramente geniale la citazione finale de Il Pianeta delle Scimmie.
C’è un cast davvero stellare (mai aggettivo fu più appropriato), a suo agio come non mai: dal compianto John Candy nei panni del Canuomo (“Sono il migliore amico di me stesso!”), controparte di Chewbacca, ad un gigioneggiante Mel Brooks, che per l’occasione si sdoppia nel saggio e ieratico Yogurt e nel sulfureo Presidente Scrocco (alter ego di Palpatine, ma in realtà parodia dei vari presidenti USA); da un immenso Rick Moranis che dà vita ad un Lord Casco che ad un certo punto si stacca dall’ombra di Darth Vader e rifulge di luce propria, ad una convincente Daphne Zuniga nei panni barocchi della Principessa Vespa, viziata e antipaticissima versione della ben più democratica Leia; dalla petulante parodia al femminile di C-3PO col suo Virgin Alarm ad un cast di caratteristi che disegna personaggi di contorno esilaranti (guardate la scena finale del matrimonio per credere!). Tutto il cast fornisce una prova memorabile tanto che, udite udite, persino Bill Pullman sembra quasi un attore comico per tutto il film.
L’impostazione generale che conserva gli aspetti peculiari di Star Wars volgendoli al comico (la Forza che diventa lo Sforzo, la Velocità Smodata al posto dell’Iperspazio, alcune delle scene iconiche reinventate alla Mel Brooks come “Prima che tu muoia, c’è una cosa che dovresti sapere di noi, Stella Solitaria!” “Che cosa?” “Sono stato il primo compagno di stanza del cugino del nipote del fratello di tuo padre!” “Che comporta per noi?” “Assolutamente niente!”) rende godibile e divertentissima l’intera pellicola, al di là di quello che è il vero punto di debolezza di questo genere di film, ovvero la quantità di informazioni, battute e giochi di parole che vanno perduti nel processo di ridoppiaggio dall’inglese all’italiano. Per esempio, come rendere in italiano il gioco di parole del personaggio Pizza the Hut (catena di pizzerie fast food americane) che richiama Jabba the Hutt, se non con un inadeguatissimo Pizza Margherita? Come rendere il vasetto di marmellata che acceca il radar di Lord Casco all’interno del gioco di parole con i dispositivi “jammer” elettronici antiradar? L’unica soluzione è recuperarlo in lingua madre, facendo ridere almeno chi comprende la lingua della perfida Albione. Ebbene, nonostante questi inevitabili aspetti persi per strada, il vero amore che traspare per la saga originale, il ritmo scatenato e la pura forza umoristica di alcune gag davvero epiche rendono la pellicola un must, meritevole di essere rivista almeno una volta prima della fatidica data del 16 dicembre, tanto per sdrammatizzare un po’. In fondo anche Star Wars, ragazzi, è solo un film: e la vera parodia non offende ma celebra, non denigra ma esalta.
Lascio al piacere dello spettatore cogliere le tante citazioni di altri classici della fantascienza lungo tutto il film, ma non posso tacere una chicca che forse non tutti conoscerete: il membro dell’equipaggio che Stella e Rutto all’Astrogrill vedono con raccapriccio morire a causa dell’Alien che gli esce dallo stomaco è John Hurt in persona: esattamente l’attore che fece la stessa fine sulla Nostromo nella pellicola di Ridley Scott. Memorabili le sue ultime parole prima di morire: “Oh, no! Ancora!…”
– Luca Tersigni –