Non erano pochi i temi caldi e i motivi di curiosità intorno a The Last Witch Hunter, pellicola di Breck Eisner con Vin Diesel e Rose Leslie, uscita il 29 ottobre 2015 nelle sale italiane. Intanto un film fantasy è sempre un evento e un bel segnale per noi; poi il tema, le streghe, è di quelli già affrontati in miriadi di pellicole e molto difficili da trattare senza rischi. Molta attesa suscitava anche il cast, a partire da un Vin Diesel che non perde occasione per sottolineare la sua passione per il fantasy (del nostro nerd palestrato preferito e dell’apparente contraddizione coi suoi più famosi personaggi cinematografici ha fatto una divertente ed azzeccata riflessione il nostro Federico) e soprattutto la sua passione per D&D (il Witch Hunter è addirittura una classe custom scaricabile creata appositamente per essere giocata da Vin) facendo un bel po’ di pubblicità al brand, tanto che mi chiedo come mai i produttori del nuovo film D&D non abbiano ancora pensato a lui per qualche particina. Va bene, Illyoners, niente idee malsane da parte nostra, che già ne avremo a iosa di autografe. Aggiungete Rose Leslie che non è esattamente nuova al fantasy (se non sapete di chi parlo, evidentemente siete rimasti isolati su Marte come Matt Damon per qualche anno), Elijah Wood e sir Michael Caine, ed avrete un quadro del livello di curiosità col quale mi sono accomodato sulla poltroncina del cinema.
SINOSSI
Le Streghe e la Magia esistono fin dalla notte dei tempi, e fin dalla notte dei tempi vi è stato conflitto tra questo mondo e l’umanità. In passato, la lotta è culminata con la distruzione della regina delle Streghe e l’instaurazione di una fragile pace, al costo della terribile maledizione toccata a Kaulder, il guerriero che uccise la Regina: sopravvivere come immortale al passare dei secoli, strumento principe dell’Ordine della Croce e dell’Ascia (l’organizzazione iniziatica preposta al mantenimento della pace tra i due mondi) e miglior cacciatore di streghe e utilizzatori di magia malintenzionati mai apparso sulla faccia della terra, anche in virtù dei secoli di esperienza accumulata. Questo fragile equilibrio sembra sul punto di spezzarsi nella New York del XXI° secolo, quando il vecchio sacerdote aiutante di Kaulder passa il testimone ad un collega più giovane e una conturbante strega entra nella vita del cacciatore, mentre antiche ombre vecchie di secoli tornano ad addensarsi. E gli eventi precipitano.
STREGA TOCCA COLOR….
Sgombriamo subito il campo da equivoci: The Last Witch Hunter non è un film horror, come erroneamente riportato da parecchi media al di fuori di Isola Illyon. È, come vi avevamo anticipato, un film d’azione di ambientazione fantasy con qualche elemento che definire horror oggi, abituati a ben altri standard di orrore come pubblico, fa davvero sorridere. In ogni caso, le positività della pellicola esistono e non sono nemmeno pochissime. Il maggior pregio del film, probabilmente, risiede nel fatto di riuscire a rendere in modo molto convincente la New York concreta e tangibile dei giorni nostri con questo mondo sotterraneo fatto di Magia, occulto e poteri soprannaturali. Un mondo che preme alle soglie della realtà quotidiana della metropoli e vi si insinua in modo “naturale”, fluido e allo stesso tempo minaccioso, “altro” rispetto al brulicare tecnologico e connesso dell’umanità che vive alla luce del sole. Un mondo parallelo, oscuro, composto di locali tenebrosi e fumosi, luoghi di riunione nascosti, segreti iniziatici, rituali sussurrati, rune e pentacoli invisibili, il tutto integrato ma allo stesso tempo nascosto appena al di sotto della patina della realtà visibile. Merito sicuramente degli effetti visivi, ma anche dell’enorme lavoro di concept che si intuisce esserci stato a monte del film: le gerarchie delle organizzazioni segrete, le simbologie, i vestiti, gli oggetti di scena, tutto concorre a definire uno stile organico e verosimile, piacevole alla vista e funzionale alla sospensione dell’incredulità dello spettatore (che si infrange però miseramente su altri aspetti, come vedremo in seguito), il quale non fatica a credere all’ambientazione nella quale è immersa la storia, per quanto non originalissima.
Il cast rientra sicuramente tra gli aspetti positivi, ed è divertente seguire le performance dei singoli attori. Vin Diesel fa, giustamente, il Vin Diesel in una parte ritagliata e cucita su misura per lui: tamarro, autoironico e sempre un pelo sopra le righe, è un Dominic Toretto teletrasportato in un’ambientazione fantasy. Se lo amate, continuerete ad adorarlo; se non lo sopportate, questa interpretazione non farà assolutamente nulla per farvi cambiare l’idea che avete fin dai tempi del ranger Caparzo in Salvate il Soldato Ryan. La deliziosa Rose Leslie ormai non è più una sorpresa: credibile e a suo agio con certi meccanismi, riesce a portare a casa il risultato perfino in un film che non punta sicuramente sull’approfondimento dei personaggi. Michael Caine, in una parte molto ridimensionata rispetto a quanto si poteva intuire dai trailer, appare un tantino spaesato ma si salva col mestiere. Unica nota stonata, ahimè, è un Elijah Wood quantomai impacciato, ma onestamente non favorito dalla scrittura del personaggio. Eh già, perché dove il film mostra pesantemente il fianco è nella scrittura, nella sceneggiatura e nella verosimiglianza di tutta la storia. Ad una prima parte tutto sommato lineare e godibile fa da contraltare un secondo tempo pasticciato, pieno di contraddizioni e di forzature. Passaggi logici contorti, flashback inutili a rompere trama, ritmo del racconto e parti anatomiche dello spettatore non meglio precisabili, tentati (ma soporiferi) approfondimenti psicologici del tutto superflui per un film del genere: il campionario degli errori/orrori è decisamente nutrito e pregiudica pesantemente il piacere dello stesso.
Diciamo che The Last Witch Hunter si sarebbe meritato una convinta sufficienza fino al terribile finale. Ma c’è un aspetto che non si può assolutamente ignorare in ogni opera che si voglia definire fantastica, come ben espresso dal nostro Andrea: il fantarealismo. Quella barriera di coerenza e verosimiglianza degli aspetti fantastici e della trama, superata la quale tutto perde di senso, immedesimarsi diventa un’impresa improba e la sospensione dell’incredulità se ne esce dalla porta antipanico del cinema, come vorrebbe fare lo spettatore. Purtroppo il film, con il triplo carpiato concettuale a giustificare la presenza del personaggio di Wood e la pura dinamica del finale, quella barriera la sfonda con sprezzo del ridicolo. Se in ogni caso riuscite a sorvolare su questi aspetti e volete passare un paio d’ore di divertimento senza pensare troppo, potrebbe anche piacervi.
Menzione speciale per l’end title, una struggente Paint It, Black dei Rolling Stones interpretata da Ciara.
– Luca Tersigni –
-Visivamente godibile
-Cast in generale azzeccato
-Trama e intreccio troppo pasticciate
-Finale inverosimile
-Momenti noiosi