Pensavate che del fantasy classico non si potesse ridere? Che un classico come l’opera di J.R.R.Tolkien non potesse venir presa in giro? State per ricredervi…
C’era una volta, la parodia: la parodia seria, quella che i romanzi difficilmente hanno ostentato o mostrato e che siamo abituati, bene o male, a conoscere e riconoscere soprattutto nella cinematografi. Film commerciali quali la serie di Scary Movie, alternata o integrata da altri film come Epic Movie, Ghost Movie o altro nome da far seguire con “- Movie” ci hanno abituati ad una comicità, reale o pretesa, che passasse attraverso la volgarità, il sesso in tutte le sue forme, oltre che per determinate situazioni a ridosso del grottesco, decisamente OLTRE il grottesco.
Nostalgicamente, siamo quindi lontani anni luce (che, giova ricordarlo, è una misura della distanza, non del tempo!) da film parodistici di grandissima caratura e spessore, con trovate intelligenti e con il giusto connubio di situazioni un po’ piccanti ma realizzate grazie o per il tramite di caratteristi di tutto rispetto o per il riuscire a cogliere di scene “classiche” l’aspetto potenzialmente umoristico: film prodotti dal celebre Mel Brooks, che ha parodiato (o parodizzato? No, così semba si parli delle due conduttrici…) capolavori come “Mezzogiorno di Fuoco”, “Robin Hood”, “Dracula” e “Frankenstein” (rispettivamente, “Mezzogiorno e mezzo di fuoco”, “Robin Hood – Un principe in calzamaglia”, “Dracula – Morto e Contento” e il fantastico “Frankenstein Jr”.) o film comici dell’ immenso e purtroppo scomparso Leslie Nielsen (che ricordiamo con un affetto e una stima tali che nostrani come Boldi & De Sica nemmeno si meriterebbero anche se lavorassero altri trecento anni) con la sua celebre serie “Una Pallottola Spuntata”, appaiono velati di un romanticismo ingenuo e di una poetica semplice ma efficace e gustosa che oggi possiamo solo sognarci.
Ma perché, vi chiederete voi, adesso, oramai annoiati, mentre vi allontanate leggermente dalla scrivania e vi stiracchiate, abbiamo fatto questa lunga premessa?
Perché il genere parodistico per quanto non sia una sua esclusiva, appartiene nella conoscenza comune alla cinematografia, più che alla letteratura: non che manchino esempi, beninteso, ma è più facile che qualcuno abbia visto uno dei film di cui sopra, che non abbia letto, tanto per citarne uno, Il Signore dei Tranelli (celebre parodia dell’opera del Prof. Tolkien, titolo originale “Bored of the Rings” dell’Harward Lampoon).
Quindi, è con un senso di soddisfazione, mista a curiosità, aspettative e vago timore che abbiamo recepito questo racconto breve, La Compagnia dell’ Anellide, scritto da Luca Tersigni, che offre una parodia del La Compagnia dell’Anello dal sapore nuovo ed al contempo già noto.
La Trama
Strobo, un piccolo Bobbytt strabico de La Contea, reincontra Ganjalf Il Verde, uno stregone dalla vasta conoscenza delle erbe “buone” della Terra-di-Un-Quarto, tornato in tempo per il centoundicesimo compleanno dello zio Brillo Babbions, dalle varie manie (l’ultima delle quali è credere d’essere un gangster in perfetto stile “Il padrino”, con tanto di completo gessato, accento siciliano e nani picciotti al seguito). Ganjalf scopre che Brillo indossa l’Anellide Sovrano, un lombrico in grado di controllare tutti gli invertebrati della Terra-di-Un-Quarto così da giovare al suo oscuro padrone , Ser Pent di Morchior.
Da lì, si scatenano tutte le vicende che vedono coinvolti Strobo, Spam, Pipino (così chiamato per problemi di dimensione intima) e Felice (con problemi di orientamento sessuale) e il loro viaggio, ripercorrendo vicende e storie che sono già note e care ai fans della storia ideata da J.R.R.Tolkien. Un gruppo di Nas-Cul particolarmente poco efficiente (capeggiato dal Re Beone o “Capo”) e con la presenza di uno di loro, Il Griso, dalla vista (e forse dall’acume) molto debole si trova costretto a cercare le tracce dei Bobbytt in una serie di rocambolesche gag e situazioni al limite dell’assurdo. Il racconto ripercorre via via il percorso verso Gran Burrone fino all’attraversamento delle Miniere di Boria, il tutto guidato da Arakorn (un impacciato Aragorn dal linguaggio fiorentino), spalleggiato da un invadente Sboronmir (un Boromir particolarmente abatantuonesco), oltre a Grumbli e Legoland. Ovviamente, anche qui ci sarà una interruzione nel destino della Compagnia.
Stile & Formattazione
L’opera in sé si presenta bene, impaginata con cura e senza errori di formattazione, segno di una efficace operazione di revisione che non tutte le opere possono contare, oggigiorno.
Scritto con cura, il racconto “La Compagnia dell’ Anellide” intrattiene, e parecchio. Nonostante sia una parodia, quindi di solito sia lecito non aspettarsi molto, diverse gag sono spassose e l’introduzione di note a piè di pagina (non sempre presenti, comunque) aiutano a rafforzare il senso del comico e contestualizzare le situazioni che sovente raggiungono anche i confini dell’assurdo, in perfetto stile della cinematografia melbrooksiana. Inoltre, la stessa trama non è un contorno per montare su di essa le gag, ma ha una sua logica (niente di macchiavellico, certo) ed è interessante scoprire ciò che accade alle controparti dell’opera di Tolkien nella trasposizione di Tersigni (Ninfwen/Arwen, Sboronmir/Boromir, Gransasso/Granpasso e così via), segno che la curiosità del lettore viene alimentata dalle battute, dal come vengono dipinti e fatti interagire i personaggi tra loro e costruita la storia.
Non posso negare che alcune cose mi sono risultate già note e le citazioni, consapevoli o meno da parte dell’autore, di altre celebri parodie risultavano a tratti riconoscibili, come talune situazioni tratte dal già menzionato “Il Signore dei Tranelli” o dal fumetto di Leo Ortolani “Rat-Man- Il Signore dei Ratti” (citato con almeno due battute) e qualche vicenda di stampo fantozziana tratta dai romanzi di Paolo Villaggio, senza dimenticare le audio parodie de Il Signore dei Tarzanelli de Lo Zoo di 105 con Leone Di Lernia: tuttavia le ho apprezzate perché le ho interpretate quali omaggi che, se possibile, fanno piacere e anzi diverte scoprire qua e la disseminate nel racconto, comunque breve (circa 140 pagine, assieme ad una Mappa della Terra-di-Un-Quarto) di Luca Tersigni.
Personalmente, ho anche rilevato alcune contaminazioni dei romanzi di Giobbe Covatta (Pancreas e Parola di Giobbe su tutti) perché la comicità che si respira nell’opera di Tersigni è vicina a quella del noto comico (ed è un complimento, in questo senso).
Divertente da leggere, simpatico nella composizione, affatto volgare (il che è un vantaggio non di poco conto), La Compagnia dell’Anellide è una lettura consigliata: perché di parodie ben scritte non ce ne sono tante, perché una parodia di un’opera fantasy è poco comune, e perché una parodia che coinvolga l’opera di Tolkien è cosa apprezzabile: è vero che la storia risente molto, come genere, dalla capacità di un autore di far ridere con una equilibrata miscela di linguaggio e comicità che stravolgono senza violentare le figure e le vicende “ufficiali”, e per questo è ancora più apprezzabile l’opera di Luca Tersigni che non trascende e non eccede in volgarità gratuite né cerca di far divertire il lettore con situazioni osè, così com’è consuetudine oggi come oggi.
Scambieremo alcune chiacchiere la settimana prossima con l’autore di questa gustosa opera, intanto vi rimando al link per acquistare l’opera.
– Leo d’Amato-