Negli ultimi giorni in redazione ha suscitato un certo interesse la notizia di una petizione circolante on-line e mirante, come specificato dagli organizzatori, a smuovere la posizione della Wizards of the Coast riguardo la traduzione in altre lingue (posizione facilmente riassumibile in: “imparatevi l’inglese, you noobs!”) dei suoi ultimi prodotti riguardanti il mondo di Dungeons & Dragons. In particolare, io e il collega Luca Tersigni abbiamo scoperto di nutrire opinioni leggermente discordanti: non essendo il nostro confronto degenerato come si sperava in un duello all’ultimo sangue, in luogo della cronaca del suddetto scegliamo di riportarvi le conclusioni a cui siamo giunti, sperando che voi ci restituiate il favore rendendoci partecipi delle vostre idee su una questione assai meno immediata di quanto non possa sembrare in un primo momento.
Dunque, traduzione o non traduzione? Il dilemma verte sul dubbio se sia più forte il diritto della casa di produzione di fare ciò che le pare con una proprietà intellettuale, o l’aspettativa legittima di noi utenti italiani di dedicarci al nostro gioco preferito senza essere per questo obbligati a impratichirci nel barbaro idioma delle Isole del Nord.
Come recita un antico adagio, “il giocatore di ruolo ha sempre ragione”, e se veramente la Wizards (o la Paizo, la Monte Cook, la Fantasy Flight…) desidera vedere i propri prodotti comprati anche da noi, deve non solo metterci in condizione di goderne al meglio, ma anche sforzarsi di raggiungere la più ampia fetta di mercato possibile. Ora, non posso dire di aver contattato l’Istat per averne conferma, ma mi sento abbastanza sicuro da poter affermare che in Italia il numero di persone che legge e capisce l’italiano (pur essendo più basso di quanto non sarebbe legittimo sperare) è drasticamente superiore a quello degli anglofoni. Dato che non ho ragione per credere che l’intero staff della Wizards sia affetto da qualche oscuro deficit cognitivo, immagino che un ragionamento similare si sia inserito a un certo punto nella loro catena di pensiero, solo moltiplicato per tutti gli altri mercati esteri oltre a quello italiano (francese, tedesco, spagnolo, russo…).
Messa in questi termini, la scelta pare abbastanza scontata: tra il fare soldi e il fare più soldi, chiunque con le rotelle giranti nel verso giusto sceglierebbe la seconda opzione, e non paiono esistere ragioni valide per decidere di non tradurre un manuale in un’altra lingua. Entrino dunque in scena i costi di traduzione!
Pare infatti che anche i traduttori, o meglio i team di traduzione, abbiano la pretesa di essere pagati per il proprio tempo e le proprie competenze (anche quando i suddetti scambiano cervi per unicorni – sì, Altieri me la sono proprio legata al dito, nonostante le tue motivazioni!). Non solo: abbiamo anche scoperto che tradurre un manuale di gioco presenta alcune complessità aggiuntive rispetto al compiere la stessa operazione con un testo narrativo. Non si tratta, infatti, solo di riscrivere interamente i contenuti, ma anche di riordinarli per adattarli al formato italiano: per fare un esempio, i manuali di solito mettono le classi in ordine alfabetico, ma al cambio del nome di una classe, cambia anche il suo ordine. Farebbe ben strano a un giocatore italiano trovarsi un Paladino prima di un Mago. Si potrebbe teorizzare che i lettori sarebbero in grado di superare senza bisogno di psicoterapie un simile shock, MA (forse anche a causa di questi pensieri) noi non siamo curatori dell’edizione italiana: e poiché i curatori di solito a questi elementi prestano attenzione, è necessario l’intervento di un team di designer grafici (ai quali temiamo spetti un adeguato corrispettivo economico).
Le spese inerenti la traduzione iniziano dunque a moltiplicarsi, ma noi giocatori pretendiamo anche che il costo base del manuale rimanga sostanzialmente invariato, perché ehi, sarebbe un’ingiustizia in caso contrario, e per punire il crudele cartello delle multinazionali del gioco di ruolo inizieremmo a comprare i manuali su internet in lingua originale. Il che ci porta alla problematica successiva: sarà anche vero che i giocatori italiani che parlano italiano sono più numerosi di quelli che parlano inglese, ma esattamente, quanto sono più numerosi?
Viviamo in un periodo storico che, bene o male, ci sta forzando a diventare sempre più internazionali, e dove risulta critico imparare a comprendere (e farsi comprendere) in lingua d’Albione. Nella mia esperienza personale, appartengo a un gruppo di gioco di Pathfinder che utilizza un gran numero di moduli aggiuntivi e siti di riferimento indipendenti, indovinate un po’, in lingua inglese, e pur non essendo dei dottori in scienze linguistiche, riusciamo a capire praticamente ogni cosa. Paradossalmente, i traduttori ufficiali potrebbero essere meno qualificati dell’utilizzatore di manuali medio in opera di traduzione, perché forse (ma dico forse) una laurea in lingua inglese rende più adatti a dissertare della prosa shakespeariana che a riflettere sulla differenza tra un Bloodrager e un Eldritch Knight.
La scelta, messa in questi termini, appare lievemente meno scontata. La Wizards è dunque chiamata a decidere tra spendere una certa somma nell’opera di traduzione, correndo il rischio di ritrovarsi con un prodotto meno che impeccabile e di vedersi magari rispondere con un dito medio commerciale dal grande pubblico a fronte di un ricavo tutto sommato contenuto, oppure investire quelle stesse risorse nel game development, o in altri settori collegati alla pubblicazione del gioco in lingua originale.
Questo, però, è di ben magra consolazione a quei giocatori (e ne conosco diversi, anche all’interno del mio gruppo di gioco) che, nonostante tutto, troverebbero più comodo leggersi le regole nella propria lingua d’origine. Una possibile soluzione in questo caso (a personale parere di chi vi scrive, preferibile) sta nei traduttori indipendenti, forti sia di una passione per l’argomento trattato, e quindi di una competenza specifica per l’opera di traduzione, sia di un notevole spirito volontaristico (oltreché, beh, una minima conoscenza dell’inglese), oppure nell’accollo da parte dei rivenditori locali autorizzati dei costi di traduzione: a questo proposito, l’intelligence dell’Isola ha captato alcuni sommovimenti che potrebbero portare a novità interessanti in un futuro più o meno remoto… ma per ulteriori informazioni, possiamo solo dirvi di restare collegati!
– Federico Brajda –