Ai giocatori più attenti non sarà sfuggito l’articolo di Mike Mearls uscito in questi giorni sul sito ufficiale di Dungeons & Dragons: all’interno della rubrica Unearthed Arcana (dedicata al playtest di materiale scaricabile gratuitamente) il game designer ha infatti annunciato non solo la nuova meccanica (invero, piuttosto interessante) della Magia Runica (“Rune Magic”), ma anche il ritorno di una vecchia conoscenza per i giocatori veterani: le Classi di Prestigio.
Con il “Rune Scribe” l’edizione 5.0 sembra tornare indietro di una quindicina d’anni, ai gloriosi tempi della 3.0 e 3.5, probabilmente le edizioni più amate fino ad oggi, pronta a riportare in auge forse uno degli elementi più controversi della storia del gioco.
Per chi non avesse presente il concetto, le Classi di Prestigio si spiegano in fretta: si tratta di Classi di gioco non accessibili dal primo livello, ma solo a partire dal soddisfacimento di determinate condizioni (quali un bonus d’attacco base minimo, certi punteggi di caratteristica, talenti o livello d’incantatore, oppure ancora condizioni speciali in-game).
L’idea alla base è sensata: fornire ai giocatori opzioni di personalizzazione tramite l’accesso in gioco a gruppi d’élite, caratterizzati da un addestramento specialistico, con accesso ad abilità e meccaniche pensate per un obiettivo ben preciso.
Ai tempi del manuale base della terza edizione, la resa nella pratica era stata accettabile: alcune CdP affrontavano la nota sempre dolente del multiclasse (Arciere Arcano, Teurgo Mistico), alcune nascevano come naturale continuazione di alcune Classi Base (Assassino, Gerofante), e altre ancora esploravano archetipi completamente innovativi (Maestro del Sapere, Ombra Danzante).
A pensarci un attimo, ci si rende conto che le Classi sono il cuore dell’esperienza di gioco: dai power-creeper determinati a spremere ogni singolo bonus immaginabile, agli amanti del role-play capaci di andare in depressione dopo la morte del proprio compagno animale, tutti quanti condensiamo la maggior parte delle nostre energie intellettuali dedicate al gioco in elucubrazioni sui nostri personaggi e sulle loro Classi. Queste sono la nostra interfaccia con l’universo di gioco, la specifica dei nostri punti di forza e debolezze, il determinante del ruolo del party. Buona parte di quello che il personaggio è, dipende dalla sua Classe: perché tutti si divertano appieno, dunque, essa deve essere personalizzabile al punto giusto, in modo da consentire ai giocatori di portare nella realtà esattamente ciò che avevano in mente quando si sono seduti al tavolo.
In questo senso, le Classi di Prestigio (o meglio, il concetto di Classe di Prestigio) era un aiuto notevole per gli utenti. Le Classi base devono riflettere certi archetipi della letteratura fantastica, sia per permettere a tutti di riconoscerne “a occhio” la funzione (non ci vuole il Maestro del Sapere di cui sopra per capire che un Paladino mena mazzate ai cattivi), sia per costruire il senso identitario di party epic fantasy cui il gioco mira (se la Compagnia fosse stata composta da nove Paesani Hobbit, nessuno sarebbe andato al cinema a guardare i film). Questa rappresentatività si paga nel momento in cui diviene omologazione: tutti i guerrieri fanno la stessa cosa, i chierici scelgono gli stessi domini, gli stregoni gli stessi incantesimi… Alcuni modelli, alcune idee, alcuni progetti di personaggio semplicemente non riescono a rientrare nelle Classi base: per rispondere queste richieste, le CdP inizialmente sembravano una risposta adeguata. Poi, la situazione degenerò.
Contando anche solo i manuali aggiuntivi principali della Terza Edizione, si possono trovare circa 163 Classi di Prestigio: una cifra sia troppo grande che troppo piccola. Ogni volta che si progettava un nuovo manuale, qualche testa d’uovo doveva uscirsene con una nuova lista di CdP. Come facevano a mantenere elevato il livello di originalità e qualità? Semplice, non lo facevano. La comunità è piuttosto unanime nell’affermare che buona parte di queste Classi fossero assurdità semi-lavorate che nemmeno avevano visto un’ombra di playtesting, che alternativamente non aggiungevano nulla al gioco o lo rompevano per la loro delirante potenza. Per aggiungere il danno alla beffa, tale gargantuesco elenco non presentava nemmeno l’ombra di un accenno di abbozzo di comprensività. Oltre all’universo e all’idiozia, anche la fantasia umana è senza confini: potremmo andare avanti a stampare supplementi della 3.5 fino alla morte termica del cosmo (e sono quasi certo che in effetti lo faremo), e comunque non riusciremo mai a coprire fino all’ultima, folle istanza di PG. Anche il più “quadrato” dei giocatori avrà sempre in mente una propria idea specifica di personaggio, mutuata dalla letteratura, dal cinema, o dagli incubi addotti dalla peperonata della sera prima: credete forse che sia possibile dedicare a ciascuno di essi lo spazio che (teoricamente) meriterebbe con una Classe di Prestigio dedicata?
Forse anche rendendosi conto di ciò, la Quarta Edizione di D&D abbandonò completamente il concetto in favore di quelli di Cammino Leggendario e Destino Epico, un doppia meccanica che si tradusse in una scelta (generalmente specifica per classe, ma non sempre) da compiere al livello 11 e al 21 – perché D&D 4 aveva 30 livelli… nulla di quella edizione aveva un senso –, che teoricamente avrebbe indirizzato il giocatore verso una nicchia specifica di gioco.
Pathfinder, che pure riprese in maniera pedissequa la maggior parte degli elementi della 3.5, si stancò presto di pubblicare CdP (limitandosi a quelle contenute nei due Manuali Base di Dungeons & Dragons e a poche altre originali), concentrandosi invece sulla meccanica degli Archetipi (varianti delle classi di base): allo stato attuale di cose, la quantità di questi ultimi rivaleggia con quella delle Classi di Prestigio dei tempi d’oro, ma la questione dello sbilanciamento risulta tenuta più sotto controllo (pur con occasionali, ma considerevoli, sbavature).
In questa stessa direzione sembrava avviato di D&D 5.0, con l’introduzione delle sottoclassi, abbastanza simili agli Archetipi di Pathfinder. Questo inatteso ritorno della Classe di Prestigio non permette di fare previsioni a lunga scadenza: a seconda del playtest, potrebbe non vedere mai la luce del sole, o dare l’avvio a una nuova era di spamming (più controllato, ci si augura). Certamente, la Wizards ha mostrato di aver imparato dagli errori del passato: ma cosa riservi il futuro, lo scopriremo solo ruolando.
– Federico Brajda –