La serie tv “Game of Thrones” mi ha triturato i cosiddetti. Sì, è così. Chiamate pure Ilyn Payne e fatemi decapitare, ma non abiurerò nemmeno di fronte al ceppo. Io sono di quelli che rimangono fedeli alla storia raccontata da Martin nei suoi romanzi: potete chiamarci ottusi, talebani, conservatori; potete dire a zio Big George che è lento a scrivere, che ha tradito se stesso vendendo i diritti tv ad una manica di speculatori, o anche che è ciccione. Non mi interessa. Tanto mi sono esaltato nel vedere le prime tre stagioni della serie, con attori azzeccati e location scelte con cura, quanto ho scagliato pantofole contro la televisione durante le ultime due. Io non sono imparziale perché conosco il contenuto della saga avendola letta in precedenza, però dovete ammettere che la regia è diventata scadente, le sceneggiature ridicole e certi personaggi sono stati travisati completamente nella loro caratterizzazione originaria. Perché questo anatema introduttivo? Perché nel corso dell’edizione 2015 della MIPCOM di Cannes appena conclusa, la compagnia tedesca Beta Film ha annunciato i suoi progetti per il futuro, e tra questi vi sarà “The Perished Land”, una serie televisiva fantasy in dodici puntate pensata per svolgersi nel corso di più stagioni, realizzata da Frank Doelger, produttore – indovinate un po’ – di “Game of Thrones”, assieme a Jonathan Stamp, produttore di “Rome”. Secondo quanto riportato dalla Beta Film in sede di presentazione, lo show dovrebbe essere pronto per il 2017 e dovrebbe rappresentare un appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati della serie tv tratta dai romanzi di Martin. Per quanto si parli di palese marketing, a me questi proclami autoreferenziali lanciati così, abusati anche da numerosi editori sulle copertine dei propri libri, mi fanno ribollire il sangue. Come se io domani scrivessi un romanzo d’avventura e mi presentassi dicendo: “Se vi piacciono i libri di Jules Verne e di Emilio Salgari, non potete perdervi il mio!”. Credibilità alle stelle. Ssseee.
Le poche notizie che abbiamo riguardo “The Perished Land” parlano di un mondo fantastico chiamato Talanton, nel quale accecanti bellezze naturali, in una terra selvaggia e intrisa di soprannaturale, si mescolano alla latente superstizione di una società dai tratti marcatamente tribali. Un mondo che, a detta della Beta Film, sarà da considerare un vero e proprio personaggio e che saprà unire i paesaggi de “Il Signore degli Anelli” e la natura di “Avatar” – pensate un po’. Doelger e Stamp stanno scrivendo personalmente la storia, la quale sarà concepita come uno specchio fantasy-avventuroso della nostra società: Talanton avrà le sue Guerre Mondiali, la sua Guerra Fredda, le sue ideologie, le sue crisi economiche e le sue guerre di religione e, ovviamente, al centro della lotta fra spiriti maligni e forze del bene, ci sarà la quest di un eroe.
Ora, Frank Doelger già produce una serie televisiva che ha scatenato una assuefazione tale nel pubblico da scatenare vere e proprie crisi di astinenza collettive tra una stagione e l’altra, e ora si rimette in gioco scrivendo un soggetto del tutto nuovo, ma che Indubbiamente sotto molti aspetti può ricordare Westeros ed Essos, le terre in cui si svolgono “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco”, e alcune delle civiltà che li abitano. Sarebbe quindi sciocco da parte mia – e di tutti quelli che la pensano come me – giudicare a priori un lavoro, solo perché è opera di chi ha a che fare con “Game of Thrones”, serie giunta a collezionare più difetti che pregi (sempre secondo il sottoscritto). Siccome i pregi si sono visti eccome durante le prime stagioni, mi pare giusto e doveroso aspettarsi un lavoro ben fatto da una nuova fiction che può vantare un tale pedigree. Ma questo discorso mi permette di allargare le mie considerazioni. Il mio unico timore riguardo a questa nuova tendenza di sfornare novità a più non posso è legato al fatto che nel corso della storia del genere “popolare” e “fantastico” (parlando indifferentemente di narrativa, fumetti, cinema, ecc..) si sono raggiunti dei picchi di perfezione che sono diventati fondanti di ciò che intendiamo per canone. Pensiamo a cosa rappresentano, per fare solo degli esempi, Poe e Lovecraft per l’horror, i già citati Verne e Salgari per l’avventura, Howard e Tolkien per il fantasy, Batman e Superman per il genere supereroico, Asimov, Star Wars o Star Trek per la fantascienza: sono la perfezione. Una volta toccate tali vette, per ritrovare qualcosa di altrettanto convincente e che non venga percepito come copia di esse, è fisiologico che debba passare
del tempo. Pensate a quanti anni sono dovuti passare prima che un’altra saga fantasy – le “Cronache”, appunto – si imponesse nell’immaginario collettivo con un successo mondiale dopo quella del maestro Tolkien. Chissà quanto ci vorrà per assistere a qualcosa di simile a Star Wars – e sinceramente non mi interessa saperlo, per George Lucas sono monogamo. Ci sarà un motivo se si decide di riesumare “Twin Peaks” e “X-Files”. Cosa voglio dire con tutto questo discorso? Che a mio avviso questa moda di spacciare le novità per qualcosa che sono destinate a diventare “il nuovo Tizio” o qualcosa di imperdibile “se avete amato Caio”, sarò anche una geniale strategia di marketing ma, scusate, di geniale per me non ha nulla. Anzi, è pericolosa, perché crea delle aspettative che il più delle volte vengono totalmente disattese. Il valore dell’arte sta nel come riesce a far vibrare le corde giuste dentro ciascuno di noi. Facciamo che ci risentiamo per un giudizio dopo aver visto la prima stagione di “The Perished Land”? Sì, meglio.
– Michele Martinelli –