Qual è il miglior modo che conoscete per sfuggire alle bruttezze e alle delusioni della quotidianità, senza ricorrere a droghe, alcolici e al satanismo? Che domande, giocare ai giochi di ruolo! Entrare in un mondo alternativo, interessante e avvincente, e ricoprire in esso un ruolo di protagonista dalle possibilità infinite avendo, in certi momenti, l’impressione di essere veramente lì in mezzo ai draghi, non è un capriccio infantile. L’evasione, lo spaesamento in positivo dalla realtà, è una necessità se non si vuole essere risucchiati nel vortice di un’umanità sempre meno sensibile e sempre più cinica. È giusto che ciascuno trovi il proprio modo di evadere – e non di fuggire, cosa ben diversa, come diceva Tolkien: potrei, appunto, adorare il demonio o strafarmi di vodka, invece ho scelto il gioco di ruolo. Stesse emozioni, zero effetti collaterali. Se volete chiamarmi scemo per questo, fate pure.
Perché questa premessa ad una recensione di un libro? Perché l’esordio editoriale autoprodotto del giovane Luca Airale è espressamente debitore delle esperienze dell’autore e del suo gruppo di amici come role players, e mi sembrava doveroso partire da questo punto per analizzare il primo volume di quella che nelle intenzioni sarà una lunga saga fantasy dal titolo “La leggenda del demone sognante”. Come tanti di noi, Airale sembra aver pensato: cosa può esserci di meglio che diventare autore, dopo esserne stato attore, di storie meravigliose che rappresentino un personale contraltare alla banalità del quotidiano? L’idea del libro, e della saga, nasce proprio da qui.
Il primo volume della saga è intitolato “Luce di Ninfa”, conta circa duecentosettanta pagine ed è acquistabile su Amazon, sia in formato cartaceo che digitale. Parto con un’osservazione puramente estetica, e personale, sul libro: la copertina non mi piace. La testa di lupo mannaro che vi è raffigurata non combacia con la descrizione fisica che di queste bestie viene fatta nel romanzo e avrei preferito piuttosto qualcosa di meno inquietante ma più accattivante e corrispondente alla vera natura dei mangiauomini (così sono chiamati nella storia). Poco male, si tratta di qualcosa legato al gusto personale e nulla più. Passando invece al contenuto, la trama è avvincente e narra di un improbabile gruppo di eroi, non proprio senza macchia, che si trova per caso – ma forse il loro incontro non è una semplice coincidenza – a dover fronteggiare la minaccia che grava sul villaggio celtico di Luviatar, cioè i feroci mangiauomini, forti come orsi e veloci come lupi. Così, un predone vichingo, un mercenario, un principe elfo decaduto, un templare in esilio, un nano pazzo e un ladro venuto dal sud saranno loro malgrado coinvolti nella lotta a queste bestie invincibili, mentre oscuri druidi tramano nell’ombra giocando con le vite dei protagonisti, sia mettendoli in difficoltà che aiutandoli. Solo la ninfa Iluvia e il santo Khodral erano in grado di affrontare il flagello dei mangiauomini e sconfiggerli, ma sono morti cinque secoli prima. O così almeno narrano le leggende…
La storia è innegabilmente interessante, non scontata, ricca di colpi di scena e di mistero. Ci sono alcuni passaggi un po’ ardui, alcune descrizioni che potevano essere meno scontate e dei cambi scena poco fluidi, ma il tutto è giustificabile se consideriamo il fattore esperienza dell’autore e l’impossibilità avvalersi di una revisione editoriale professionale. Chiaramente l’impostazione narrativa tipica del GdR è palese per chiunque abbia un minimo di esperienza con manuali di D&D e di mastering, ma questo non compromette la fruibilità e lo scorrere della trama. Anche qui sta al gusto personale del lettore giudicare se questa scelta stilistica piaccia o meno, ma di sicuro la storia così com’è funziona alla grande. Il finale, inoltre, pur non essendo un vero e proprio cliffhanger, lascia molte porte aperte sul destino dei personaggi, e pertanto aspetto con fiducia il secondo volume della saga per conoscere quali strade prenderanno.
Vorrei esporre anche gli aspetti a mio avviso meno positivi che mi auguro, con molta umiltà, possano servire all’autore come consiglio e sprono per i romanzi a venire. La presentazione che si può leggere prima dell’inizio del romanzo avverte che gli eventi di cui ci si accinge a leggere provengono da una storia vera, vissuta da alcuni amici in un mondo molto diverso da questo. Niente da dire sul fatto che le storie narrate nelle sessioni di un gioco di ruolo, riadattate e riportate nel romanzo stesso, siano veramente vissute e non solo raccontate, e niente da dire nemmeno sul fatto che i protagonisti delle stesse percepiscano gli eventi come qualcosa di vero e reale: d’altronde questo è il patto narrativo tra master e giocatori che sta alla base del roleplay game.
Quello che può apparire come una discrepanza – e sarà interessante conoscere il pensiero dell’autore – è il fatto che, nonostante venga detto che il mondo in cui si svolge il racconto è molto diverso dal nostro, poi di fatto il setting del romanzo è l’Europa del nord del periodo tardo Impero romano. Vi sarete accorti che nel raccontarvi la trama ho usato termini come “celtico” e “vichingo”, e in effetti il tutto è ambientato, con beneficio di approssimazione, in un periodo storico effettivamente esistito, con elementi geografici che ne richiamano l’aspetto e con divinità e termini appartenenti alle antiche civiltà norrene. Ecco, se devo essere sincero, in un romanzo fantasy stona veder richiamati elementi appartenenti alla nostra realtà storica (compresi Odino, Allah, e dei termini latini e greci), che invece ci aspetteremmo di trovare in un romanzo storico di avventura (come quelli di Manfredi, per capirci). L’uso di questi elementi in “Luce di Ninfa”, secondo me, provoca un leggero disorientamento nel lettore, che non si aspetta di trovarli proprio perché sta leggendo un romanzo fantasy e non un romanzo storico. Il secondo aspetto che sono sicuro Airale saprà migliorare con l’esperienza – di scrittore, non parlo di punti esperienza ovviamente – riguarda il tipo di narratore scelto. Chiaramente la storia è raccontata da un narratore onnisciente che vede i fatti di volta in volta secondo il punto di vista dei diversi protagonisti. Il problema stilistico sorge quando questo narratore, che per tutto il romanzo si limita a descrivere, irrompe nella storia in un paio di punti facendo piccole digressioni fino a quel momento del tutto assenti. Niente che non si possa aggiustare o che pregiudichi la riuscita del romanzo, comunque.
Non mi resta che invitarvi a leggere Luce di Ninfa e a farci sapere cosa ne pensate. E mentre aspetto l’uscita del secondo volume, vi auguro buona lettura!
– Michele Martinelli –
Luce di Ninfa di Luca Airale – Recensione
Michele Martinelli
- Trama avvincente e non scontata;
- Personaggi interessanti e ben caratterizzati;
- Il finale prepara il terreno per il romanzo seguente creando aspettativa;
- Grafica poco accattivante;
- Ambientazione troppo storicizzata per un romanzo fantasy;
- Da limare alcune imprecisioni stilistiche dovute alla poca esperienza;