Parlare di fantasy attraverso i fumetti è un compito non semplicissimo e, alle volte, ingrato: non è un caso se il nostro genere preferito, nonostante il passare degli anni e i molteplici esperimenti in tal senso, rimanga soprattutto un fenomeno letterario.
D’altro canto, il fumetto è anche una delle maggiori eccellenze artistiche italiane, e fortunatamente per noi non sono mancate nel corso degli anni svariate felici incursioni da parte sua nell’universo fantasy, e in particolare da parte di casa Bonelli: basti pensare al successo di Dragonero (romanzo grafico del 2007) e all’intera serie da esso derivata, che trovate recensita ogni mese su queste pagine, andando a ritroso nel tempo all’urban fantasy di Gea, la paladina rockettara di Luca Enoch. Numerosi sono poi i casi in cui, piuttosto che dedicarvi esplicitamente una serie, gli autori scelgono semplicemente di omaggiare il fantasy in produzioni di altro genere.
Un buon esempio lo troviamo in Dampyr, testata giunta ormai al suo quasi duecentesimo numero di pubblicazione, che affonda le proprie radici nel folklore balcanico, e mostra un’interpretazione non (troppo) romanticizzata di uno dei mostri più amati dell’horror: il vampiro. Lungi dall’innamorarsi di liceali, i principali e ricorrenti antagonisti della saga sono dei predatori extra-dimensionali incommensurabilmente potenti, al punto che nessuna arma può sperare di far loro del male. Nessuna, naturalmente, se si esclude il sangue del protagonista: il buon Harlan Draka, l’eponimo dampyr, è infatti figlio al tempo stesso di un’umana e di un vampiro, una peculiare ascendenza che rende la sua emoglobina più dannosa per i succhia-sangue di una dozzina di Van Helsing messi assieme.
Caratteristica principale della serie è l’estrema cura riposta nell’ambientazione: il mondo di Harlan e compagni (la vampira Tesla e il veterano Kurjak) è il nostro, con qualche licenza artistica qua e là, anche tragicamente riconoscibile. Nel corso degli anni non sono mancate avventure ambientate nelle zone meno salubri del pianeta, dalla Sarajevo sotto assedio di inizio anni ’90 alle favelas brasiliane assediate da squadre della morte alla vigilia dell’ultima coppa del mondo di calcio. Notevole pregio degli autori è dunque la capacità di far rientrare in un’unica cornice narrativa una grande varietà di generi: dall’horror allo storico, dal tecno thriller al giallo, passando chiaramente per fantascienza e fantasy.
L’ultimo esempio di ciò è il numero 185, “Il segreto di Amber Tremayne”, nelle edicole a partire dal 4 agosto, per i disegni di Mauro Laurenti e soggetto di Mauro Boselli. Nel corso del fumetto, il buon Harlan si confronta con il personaggio di Amber, amichevole vampira dai capelli rossi affezionata alle isole britanniche e al Galles in particolare, intenta a raccontarci la sua versione dell’invasione sassone della Gran Bretagna negli ultimi agonizzanti anni dell’impero romano, e in particolare di un certo condottiero celtico-romano passato alla storia per una fissa per gli arredi di forma circolare…
Il ciclo di Artù e dei suoi cavalieri è indubbiamente uno dei più longevi della letteratura fantastica occidentale, fonte di ispirazione dello stesso Tolkien nella creazione del concetto di fantasy moderno, e nelle pagine di Dampyr vi viene data tutta la giustizia che vi potreste aspettare da una serie dove super-vampiri pan-dimensionali sono all’ordine del giorno: tra draghi mutaforma, streghe assetate di gelosia e di complessi freudiani, e passeggiate nel mondo degli elfi e delle fate, l’intera vicenda si ricollega magistralmente all’avventura doppia dei numeri 43 e 44 della stessa serie (“La leggenda di Amber” e “Il Sigillo Nero”, sempre della coppia Boselli & Laurenti), affondando a piene mani tra verità storica e leggenda, il tutto condito da una pesante dose di mitologia gallese.
Non si tratta, chiaramente, del primo esperimento fantasy della serie: già nei numeri 33-34 (“Sotto il Vulcano” e “La Caverna dei Troll”, per i disegni di Dotti e la sceneggiatura di Boselli) era dedicato ampio spazio alla saga di Egil-Una-Mano, eroe vichingo dedito al massacro indiscriminato di berserk mannari e troll antropofagi, oltreché al salvataggio di principesse in pericolo (nonostante un’assenza di barbe a dir poco criminale, considerando che stiamo parlando di scandinavi dagli elmi cornuti). In quest’occasione, il risultato è più spurio: l’avventura dei guerrieri vichinghi è infatti al più un contorno rispetto alla trama principale del fumetto, eppure il tono non è differente di certune narrazioni del più viscerale sword & sorcery, dove la preoccupazione principale del protagonista è andarsi a cercare qualche ulteriore, orripilante creatura da decapitare con la propria spada.
Restando in tema di sword & sorcery, non possiamo ignorare (anche se un po’ lo vorremmo) i numeri 173-174 (“Il segno di Alastor” e “Il trono del Dio Oscuro”, sceneggiatura di Boselli e disegni di Dotti e Maroto), nati esplicitamente con l’idea “Dampyr incontra il fantasy” e conclusosi con un’accozzaglia di cliché, guerriere poco vestite, e inconcludenti andirivieni in un mondo parallelo abitato da tragicomiche caricature di personaggi. In un inspiegabile crollo di qualità e stile, la doppia avventura ci parla dei due protagonisti, Harlan e Kurjak, inviati attraverso un varco spazio-temporale alla ricerca di un autore finito nel proprio stesso universo narrativo, dilaniato da una terribile invasione demoniaca e costellato di dungeon oscuri e culture esotiche e misteriose.
Sebbene, dunque, in quest’ultimo caso le incompatibilità tra fantasy e fumetto abbiano prevalso sulla qualità dell’opera, tendenzialmente Dampyr riesce a mantenere un ottimo rapporto con tutti i vari generi letterari. Quando si parla di horror e fantastico, tracciare confini netti diventa poi complicato: dove dovremmo collocare le atmosfere britanniche de “Il mistero di Loch Torridon” (73, Boselli e Rossi) e “La Ballata di Re Orpheus” (140, Boselli e Scibilia)? E gli omaggi nemmeno troppo velati a H.P. Lovecraft de “Il fiume dell’orrore (37, Boselli e Torricielli), per citare un esempio tra i più spudorati?
Non sempre fantasy vuol dire solamente vetusti maghi e eroici paladini armati di spada: le sue incarnazioni si possono celare in qualsiasi angolo, proprio come i passaggi segreti di un sotterraneo. A cercarli con attenzione, forse si perde un po’ più di tempo che una prova di abilità, ma la ricompensa è commisurata allo sforzo.
– Federico Brajda –