È ufficiale: il nuovo film di Dungeons & Dragons si farà! Viene da chiedersi, a questo punto, quali mirabolanti risultati verranno fuori dalla licenza del gioco di ruolo più celebre della storia, ora che è spalleggiata da un colosso quale la Warner Brothers… poi, improvvisamente, un lampo di memoria colpisce con una violenza tale da causare fitte di dolore: dalle nebbie dell’oblio torna l’anno 2000, e ci si ricorda di quel terribile film che era “Dungeons & Dragons – Che il gioco abbia inizio“.
L’impero di Izmer è da lungo tempo diviso e controllato da un’élite di stregoni che si divide il territorio secondo dinamiche tutt’altro che verosimili. L’imperatrice Savina, nonostante governi i draghi dorati, decide di sottomettersi al concilio di stampo oligarchico aderendo a regole che disapprova pur di mantenere la pace (perché nulla è più pacifista di uno stormo di dragoni al tuo servizio), avendo da ridire solamente sull’abitudine di schiavizzare i villici e sull’influenza politica dello stregone Profion, individuo evidentemente losco e malvagio che mira al dominio totale. Da qui in poi la politica viene lasciata da parte, poiché il film decide di seguire l’avventura di Ridley e Snails, due ladruncoli che si infiltrano nella scuola di magia solo per essere messi al gabbio da Marina che, a sua volta, viene attaccata da Damodar, scagnozzo di Profion, obbligandola a fuggire con i prigionieri pur di salvare una mistica pergamena.
Il gruppo, attraversando un varco dimensionale, precipita sul nano Elwood e tutti insieme fuggono passando attraverso delle fogne stereotipate. Arrivano dunque a una taverna, Damodar li raggiunge, ma riescono a scappare, decidendo di precedere le mosse nemiche ottenendo per primi la mistica gemma su cui Profion vorrebbe mettere le mani. Incontrano regni dei ladri, hanno a che fare con trappole, vengono catturati, fuggono da castelli, si infiltrano in roccaforti e, infine, sconfiggono il nemico con il potere di una lama incantata.
Come si può evincere dall’apertura dell’articolo, il lungometraggio è stato un fallimento notevole sia al botteghino che per la critica, dimostrando come un grande cast non sia sufficiente a salvare un prodotto più che mediocre. Lo stesso Jeremy Irons (che interpreta Profion), nonostante la sua gavetta talentuosa e decennale, si è esibito in folli minuti di recitazione tremenda quasi che, pienamente consapevole dello squallore dell’opera, abbia deciso di dare il peggio di sé tanto per divertirsi. Snails, per il quale si è prestato Marlon Waynas, è stato addirittura attaccato al pari di uno stereotipo dispregiativo afroamericano, osservazione parzialmente inattaccabile quando si notano i tratti in comune con il suo personaggio di Scary Movie (che era uno stereotipo afroamericano negativo).
Anche nel campo della regia e della fotografia, “Dungeons & Dragons – Che il gioco abbia inizio” è ai limiti della tortura. Courtney Solomon, produttore e regista, era consapevole della propria inesperienza e, fino all’ultimo, ha insistito perché il lavoro fosse assegnato a veri direttori artistici, nella speranza potessero ricavarne qualcosa di buono, ma gli investitori, stanchi di aver posticipato il progetto di una decade, lo hanno obbligato al doloroso compito. Incapace alla regia, castrato da un budget contenuto, forzato dalla produzione ad adoperare un copione vetusto, Solomon non ha potuto che rassegnarsi al peggio e ammettere di aver generato un film di insostenibile bruttezza.
La mancanza di talento e tecnica, tuttavia, non basta a distruggere un film, se la trama è accattivante. In cosa hanno sbagliato gli sceneggiatori di “Dungeons & Dragons”? Perché non sono riusciti a trasmettere l’epicità del gioco originale? A dire il vero ci sono riusciti anche troppo! Anche solo ricapitolando la trama si può notare come il minutaggio sia suddiviso in costanti tira-e-molla in cui i protagonisti, troppo impegnati a fuggire, non compiono nessuna azione veramente incisiva nei confronti di un nemico inamovibile. Il film rappresenta alla perfezione un’avventura di gioco gestita da un Game Master medio o tendente allo scadente che, non volendo rivoluzionare la trama che aveva in mente all’inizio, crea situazioni in cui i giocatori sono completamente assoggettati al fluire degli eventi e non gli resta che fuggire fintanto non ottengono accessori potenti consegnategli ad hoc.
Come mai Dungeons & Dragons GdR, contrariamente al film, funziona? Nel partecipare a un gioco di ruolo si finisce sempre con l’immedesimarsi poiché le scelte, per quanto forzate, sono gestite individualmente; assistere a una mediocre partita altrui – questo, di fatto, è il lungometraggio – è entusiasmante quanto l’essere obbligati a subire le diapositive delle vacanze di una cugina entusiasta che ha passato un mesetto a Riccione. La pellicola ventura, tuttavia, potrebbe aver imparato dagli errori passati e, piuttosto che ricreare una sessione di gioco, è facile abbia deciso di focalizzarsi sul mondo esteso dei Forgotten Realms, impregnandosi di atmosfere maggiormente romanzate. Certo, potrei essere io a peccare di ottimismo, non sempre si impara dagli errori passati… basti pensare che il D&D del 2000 ha generato ben due sequel nel giro di dieci anni, ovviamente ambo condannati a una diffusione diretta al mercato dei DVD.
– Walter Ferri –