Miei cari lettori, oggi le pagine di Illyon si tingono del colore del sangue. Non potrebbe essere altrimenti quando c’è di mezzo il maestro Edgar Allan Poe, colui che ha sostanzialmente inventato l’horror, avendo riunito diverse tradizioni narrative (dal picaresco, al cavalleresco, al poliziesco, fino all’occulto) in un canone letterario, e dando così loro la dignità del “genere”. Tutti gli artisti che si sono cimentati con l’horror dopo di lui si sono dovuti inevitabilmente confrontare con la sua opera e il suo modo di narrare. Tra i suoi racconti brevi più coinvolgenti vi è “La maschera della Morte Rossa” del 1842, vicenda dai toni gotici e grotteschi che per certi aspetti ricorda l’incipit del “Decameron”. Infatti, come accade nell’opera di Boccaccio, anche qui un gruppo di nobili perdigiorno si ritira per scampare alla terribile pestilenza che imperversa nella loro città da ormai mesi. Ma quello di cui oggi vorrei parlarvi è l’interessante graphic novel della casa editrice fiorentina Kleiner Flug, che si rifà a questo racconto di Poe per narrare una nuova storia di vendetta e di morte. Il titolo è lo stesso della novella originale – che vi invito a leggere per prima –, ma i testi di Marco Rocchi e i disegni di Giuseppe Dell’Olio riescono nell’impresa di riscrivere il racconto arricchendolo di significati e di riproporcelo nella veste convincente e efficace di un fumetto gotico dalle tinte fosche.
In breve la trama della graphic novel: Alain è un menestrello ormai vecchio e stanco che, per intrattenere il proprio pubblico, racconta instancabilmente, da ormai molti anni, la stessa terrificante storia. Un po’ come si fa in campeggio attorno al fuoco con gli amici. Ma questa non è una storia qualunque, perché nasconde una terribile verità che gli ascoltatori farebbero bene a tenere a mente. Ma soprattutto, precisa Alain, è accaduta davvero. Si narra, infatti, che il principe Prospero si fosse rinchiuso con la sua viziosa corte in un possente castello per scampare al contagio della pestilenza che mieteva vittime nella sua contea, la cosiddetta Morte Rossa. Dopo alcuni mesi di reclusione forzata, sicuro ormai che il morbo non avrebbe più potuto penetrare le mura, il principe decise che fosse ora di tornare ai suoi passatempi preferiti e allestì una festa in maschera a dir poco sfarzosa ed eccentrica con la quale intendeva, senza mezzi termini, prendersi gioco della Morte, lasciando che tutti sfogassero i loro più sfrenati desideri. Il giovane Alain era tra i musici invitati per allietare tale maestoso e misterioso evento, ma nessuno poteva sospettare dell’antico rancore da lui serbato per tanti anni nei confronti proprio di Prospero e dei suoi compagni di merende. Il nostro menestrello era disposto perfino a scendere a patti con la Morte stessa, che aveva anch’essa qualcosa da dire al principe strafottente, pur di vedere realizzata la sua brama di vendetta, dando così una svolta inaspettata alla grandiosa festa.
Siamo di fronte ad un fumetto che, nel rispetto di un’impaginazione classica volutamente ripetitiva (basti vedere le splash page che chiudono ogni sezione della storia) e che non lascia spazio a elementi innovativi, fa immediatamente calare il lettore in un’atmosfera inquietante che mescola l’horror e la fiaba. Solo alla Morte Rossa è permesso violare le regole dell’impaginazione ed entrare nella storia come se arrivasse dall’esterno della pagina. E leggendo il fumetto capirete bene il perché. I pochissimi colori usati con sapienza, poi, hanno la stessa importanza delle parole, tanto che potremmo quasi comprendere la storia senza di esse. Per esempio, il continuo alternarsi di voci tra il presente, i ricordi del passato nella testa di Alain e il tempo della storia da lui narrata è reso con un cambio di tonalità dal grigio, al beige, fino alle tinte forti delle stanze del castello. Un ottimo esempio di come parola e disegno siano indissolubilmente complementari nell’arte sequenziale. A fare da contraltare alla spensieratezza lacerata dei ricordi del nostro menestrello, resi con disegni quasi da fiaba per bambini, ci sono le figure caricaturali fino all’esagerazione, animalesche, con cui sono resi i personaggi del castello, un luogo che è il regno del grottesco e dell’eccesso, in cui si muovono creature da inferno dantesco che non si aspettano una punizione, bensì di poter sfogare senza limiti tutte le più basse pulsioni dell’animo. Insomma, un’opera dai molteplici aspetti, che gioca con la pluralità di voci, mantenendo in sottofondo un costante senso di inquietudine.
Devo dire che questa rivisitazione del racconto di Poe è veramente ben riuscita poiché rende, con un segno grafico distorto e contorto, e per questo estremamente efficace, l’atmosfera tra il gotico e il grottesco che anche lo scrittore aveva voluto dare alla sua storia. Anzi, vi dirò, più che essere una rivisitazione, questo fumetto usa il racconto, senza stravolgerlo di una virgola, come fosse un set già pronto su cui inserire una storia nuova che ne sfrutti alla perfezione i nodi fondamentali della trama. Il castello di Prospero è il simbolo della superbia e della perdizione di chi crede di essere onnipotente e di non dover rendere conto a nessuno delle proprie azioni. Fuori la morte imperversa? Poco importa, il mondo esterno in qualche modo si aggiusterà da solo, nel frattempo facciamoci scherno della morte con ricche libagioni e belle fanciulle. Inoltre, le sette sale in cui si svolge la festa (sette come i vizi capitali – vi lascio immaginare quali pratiche si svolgono al loro interno) sono colorate con gli stessi colori con cui sono descritte nel racconto originale, e sono presentate con dei pannelli verticali veramente ad effetto. L’ultima di esse è la sanguigna sala di Prospero, cupa e terrificante, dalla quale i rintocchi del cucù di ebano scandiscono la durata della festa. Ma, come vedrete, nel fumetto scandiscono ben altro…
L’unico elemento di differenza con la storia di Poe è la caratterizzazione dei personaggi. Ma questo non fa altro che giocare a favore del fumetto, che, diventando davvero avvincente e coinvolgente, si stacca dal suo modello proprio per sondare più in profondità l’animo umano, capace tanto di dettare azioni meravigliose, quanto di concepire bassezze infinite. E, sia chiaro, in questa graphic novel di bassezze ve ne sono tante, e nessuna è lasciata all’immaginazione. Ma d’altronde stiamo pur sempre parlando di una storia crudele di vendetta e di morte. In effetti, in origine nel racconto traspare solo la superbia del principe che, ingenuamente, crede di aver sconfitto la Morte Rossa e di potersene bullare. Nulla viene detto nulla riguardo alcune sue “particolari” perversioni o della sua malvagità, mentre motore della storia narrata in questa graphic novel è proprio la crudeltà di Prospero e il suo essere sprezzante della vita altrui, aspetti che hanno segnato indelebilmente la vita di Alain in passato. Ovviamente lascio che siate voi a scoprire come!
– Michele Martinelli –
La maschera della Morte Rossa – recensione graphic novel
Michele Martinelli
- Nel rispetto totale del racconto originale, il fumetto introduce nuovi significati alla storia, talvolta perfino migliorandola;
- Ottima miscela di horror e fiaba;
- Grande sapienza nell'uso dei colori e del segno grafico, che a tratti ci dicono di più delle semplici parole;
- Layout fin troppo classico. Forse si poteva osare qualcosina in più;