Ho sempre amato i Ghostbusters. Da piccolo accendevo il televisore durante la fascia pomeridiana, trepidante nell’attesa dei cartoni animati, consapevole che avrei visto in onda gli Acchiappafantasmi; spesso rimanevo deluso dal fatto che al posto dei fasci di neutrini attesi mi trovavo a seguire le vicende di un gorilla dotato di borsalino che rimaneva sovente incastrato in un ascensore scheletrico. Col tempo sono riuscito a distinguere le due serie quasi omonime, e con gli anni ho imparato ad apprezzare dinamiche e genesi di quel cartoon “sbagliato” che mi flagellava le pause merenda, ma all’epoca l’esser coinvolto in questo fraintendimento mi turbava e fiaccava il mio entusiasmo verso l’umanità intera. La stessa sensazione di equivocità l’ho rivissuta più recentemente sfogliando “Il Corvo e altri racconti di Edgar Allan Poe”, fumetto edito da Panini 9L (novelle) ovviamente ispirato agli scritti di Poe, uno dei pilastri della letteratura horror, oltre che a quella investigativa.
Una pesante copertina cartonata custodisce 200 pagine di orrori colorati suddivisi in ben 15 racconti brevi; giudicando dalla prima occhiata non si può che provare una forma di attrazione verso un volume che non sfigurerebbe neppure in una libreria. Lo strepitoso Richard Corben si è occupato dei disegni e ha delegato la colorazione, come spesso capita, a sua moglie Beth, garantendo personaggi cupi, grotteschi e deformi. Richard ha una storia illustre alle spalle, e ha collaborato con bestie sacre quali Moebius e Brian Azzarello: la sua esperienza è palpabile e il talento che ogni tavola dimostra è innegabile. Se proprio dovessi trovarmi costretto a muovere una critica in tal frangente, potrei solo ammettere di non apprezzare la vignettatura, a mia opinione troppo spaziata per il contesto d’orrore, o menzionare la semplicità sintetizzante di alcuni fondali che, alle volte, si limitano alla tinta unita o a un gradiente di colore. Quest’ultimo dettaglio, per quanto potrebbe infastidire alcuni lettori, si dimostra tuttavia perfettamente in linea con la tipologia di disegno caricaturale di Corben; seni prorompenti, nasi pronunciati e mimiche facciali portate all’enfatizzazione fanno tutti parte di una formula espressiva al limite delle maschere teatrali, sottolineando l’impatto comunicativo del tratto.
Superando la questione visiva, ecco che ci si trova travolti dal senso di incomprensione sopra menzionato: non si sta leggendo Edgar Allan Poe! Non parlo di trasposizioni fatte malamente, ritmi sbagliati o altre mal interpretazioni dei testi originali, semplicemente le vicende sono state stravolte e modificate al punto di abbandonare le tematiche dello scrittore per aderire a tinte di tutt’altra natura. Per rendere l’idea basti sapere che Berenice, racconto incentrato su un gentiluomo afflitto da monomania che strappa i denti al cadavere (apparente) della moglie, è stato convertito in una vicenda di avvelenamenti e zombi vendicativi. La narrativa che Corben ha adottato per la sua rivista (Heavy Metal) e il suo forte carattere hanno di fatto plasmato nuove storie ispirate ai “Racconti del Terrore”, adottando uno stile che poco ha a che vedere con le atmosfere subdole e ambigue, e molto ne ha con impulsi primordiali o impressioni immediate.
Per quanto il fumetto sia influenzato dai “Racconti del terrore”, la sensazione generale è di avere a che fare con una raccolta di vicende horror che molto deve ai vecchi albi degli anni ’50, nel qual modo l’immortale “Tales from the Crypt” che ha poi generato il telefilm “I racconti della cripta”, ispirato “Creepshow” di George Romero e Stephen King e dato vita al cartone “Pelle e ossa”, in onda in Italia negli anni ’90. Tales from the Crypt era un albo di racconti che ha colmato il primo grande vuoto del mondo fumettistico: a seguito della conclusione della Seconda Guerra Mondiale, i ragazzini avevano perso interesse nei confronti dei super-eroi (Captain America è stato “congelato” nel 1945, per esempio), lasciando spazio a un’apertura mentale sensazionale nei confronti del fantascientifico, del grottesco e del sessualizzato. Va da sé che l’ingenuità dell’epoca si riflettesse anche sull’estro creativo degli autori e sulle necessità dei lettori, dando sfogo a una serie di episodi tutti molto simili e con risoluzioni che, al giorno d’oggi, sono più che prevedibili, oltre a essere insoddisfacenti.
“Tales from the Crypt” si salva dai suoi difetti grazie a una forma di fidelizzazione attraverso bizzarri anfitrioni che fungono da narratori e perché, senza alcun dubbio, è considerabile una parte integrante della storia dei comics, nonché un’interessante quanto peculiare testimonianza della società statunitense dell’epoca, ma può “Il corvo e altri racconti di Edgar Allan Poe” reggere nel mondo contemporaneo pur aderendo a standard narrativi così ingenui? La risposta è “Grindhouse”, sorprendentemente. Come il doppio film di Tarantino e Rodriguez (“Death Proof” e “Planet Terror” fanno parte di un’unica opera) è un inno d’amore ai B-movie degli anni ’70, il lavoro di Corben è un vivace richiamo a quelli che devono essere stati suoi immensi riferimenti culturali durante il periodo della formazione. Ciò che propone l’autore non è pertanto da considerarsi come una versione comics dei capolavori di Poe, né si potrebbe comparare a un fumetto raffinato e profondo che usa il pretesto dell’orrore per portare avanti critiche sociali, ma un tributo intimo di cui siamo resi partecipi e complici. Il contro di questa scelta è che molti potenziali lettori, non condividendo lo stesso retaggio di Richard, finiranno certamente per liquidare il prodotto senza comprendere la sensazionalità del messaggio, ma un numero di ristretti “eletti” si sentiranno come accolti da un vecchio amico.
–Walter Ferri–
Recensione ‘Il Corvo e altri racconti’: il Poe che non è Poe
Isola Illyon
- Edizione di ottima fattura;
- Richard Corben al timone;
- Titolo "ingannevole";
- Narrazione ingenua;