Nintendo: un odi et amo catulliano ci pervade ogni volta che pronunciamo il nome di questa azienda. C’è chi con questo nome ci è cresciuto avendo provato le gioie del Super Nintendo o del Nintendo 64, e c’è chi invece ci si è avvicinato più tardi, magari con il boom del Wii, ma che sia prima o dopo, la grande N ci ha regalato gioie e dolori crescendo generazioni e generazioni di adolescenti che nel videogioco cominciavano a vedere il passatempo perfetto. A rendere questa società speciale però, sono gli individui che lavorano dietro le quinte, persone valide, persone con la giusta creatività e con soprattutto il giusto amore, necessario per rendere i prodotti davvero unici, e proprio per riflettere questi aspetti e concretizzarli in una persona, è giusto citare il nome di Satoru Iwata.
Presidente di Nintendo dal 2002 (peraltro primo “esterno” dopo i 3 appartenenti alla famiglia Yamauchi, fondatrice della società), lo scorso 11 luglio 2015 ci ha lasciato, dopo aver combattuto contro un tumore che l’aveva colpito al sistema biliare. Facile parlare bene delle persone scomparse, è normale: John Lennon in una delle sue più conosciute citazioni ci dice: “Tutti ti amano quando sei due metri sotto terra”. Ma non è questo il caso di Iwata, perché abbiamo la certezza che molte persone, quelle che sapevano chi era, quelle che sapevano cosa aveva fatto e quanto aveva fatto, avranno sicuramente pianto dopo la notizia della sua scomparsa, e ancora oggi a distanza di pochi giorni dalla sua morte, sentono quel vuoto incolmabile di una persona che aveva fatto dei videogiochi non solo il suo lavoro, ma anche la sua vita.
Iwata non era un semplice presidente, posto lì da una società grande e potente come Nintendo per rappresentarla negli incarichi ufficiali. Era molto di più. Entrato nel vivo del mondo della creazione dei videogiochi grazie ai suoi studi scelti per la sua passione e capacità nel campo, dopo essersi laureato al Tokyo Institute of Technology in Informatica venne assunto dalla HAL Laboratory, e lì partecipò alla creazione di diversi titoli conosciuti come Ballon Fight (il cui codice sorgente creato da Iwata è stato usato anche nei tanto odiati e temuti stage acquatici di Super Mario Bros), Earthbound (uno dei migliori RPG della storia, che è stato lo stesso Iwata a salvare riprogrammandolo in solo sei mesi, facendosi dare carta bianca dai programmatori che portavano avanti il progetto molto lentamente) e l’apprezzatissima serie di Kirby.
Fu poi nel 2002 che, come già detto, venne nominato (dopo il pensionamento del predecessore, Hiroshi Yamauchi) presidente di Nintendo, dimostrando subito che tipo di uomo fosse, una persona umile che dei videogames faceva il suo primo amore, vedendoli non come un mero sistema per guadagnare facilmente dei soldi, bensì come dei compagni di avventura. Come per l’attore il pubblico è parte integrante del suo spettacolo, così per Iwata i videogiocatori erano parte integrante del gioco, e bisognava renderli partecipi cercando di “aprire la cartuccia”, metaforicamente parlando, e insegnando tutto ciò che c’era da sapere sul percorso della creazione di quel determinato prodotto: è stato questo il principale obiettivo della sua serie di articoli chiamati “Iwata Chiede”, dove intervistava appunto i creatori dei videogiochi.
La priorità era intrattenere il pubblico, proprio come si fa nel teatro, e Iwata è stato un vero “showman”. Con lui abbiamo visto la nascita delle console dei primi anni del ventunesimo secolo e, nonostante gli alti e bassi, comuni per ogni azienda del settore, non ha mai smesso né di sorridere, né di sfamare il suo pubblico, che con il passar degli anni ha cominciato a chiedere sempre di più. Ricorderete tutti il Nintendo DS, uscito nel 2004, a soli due anni dall’insediamento alla carica di presidente di Iwata: un dispositivo da gioco portatile dotato per la prima volta di un touch screen. Certo, ad aprire la strada delle console portatili ci ha pensato il Game Boy, ma il Nintendo DS ha segnato una sottile linea di confine tra quelli che erano stati gli anni novanta e i primi periodi del 2000, e quella che era la nuova frontiera delle console portatili. Un dispositivo che incrementava le possibilità di divertimento e che soprattutto rendeva il videogiocatore parte dell’esperienza videoludica interagendo direttamente con lo schermo tramite l’uso di un pennino; l’implementazione del collegamento wireless metteva da parte la pratica degli “Infrarossi” e del conosciuto cavo, e permetteva senza fili l’interazione di più giocatori. Un totale successo, così come fu per un altro prodotto figlio di Iwata, se possiamo definirlo così: il Wii, la console più venduta nella storia con le sue 100 milioni di unità piazzate, apprezzata da grandi e piccoli, una nuova frontiera e un nuovo modello di interazione. Se con il DS c’era il touch screen che permetteva più partecipazione e mobilità nel gioco, con Wii, grazie ai sensori di movimento del controller, era possibile avvicinarsi a giochi in cui il movimento davanti allo schermo veniva replicata all’interno del titolo. Famiglie di tutto il mondo hanno passato le loro serate davanti a quella fantastica panacea, capace di far integrare, socializzare e divertire nonni e nipoti. Un super colpo quello di Nintendo, in un periodo poi come quello del primo decennio degli anni 2000, dove la concorrenza di Microsoft e Sony era piuttosto spietata. Ma Wii, con la sua potenza limitata quasi paragonabile a quella di una PlayStation 2 ha saputo puntare su altro e conquistare i cuori delle persone, riuscendo anche a sfornare non solo giochi di intrattenimento per la famiglia, ma regalando anche qualche grande titolo agli appassionati Nintendo, nonché dei giochi di ruolo di tutto rispetto, come The Last Story, Xenoblade Chronicles e Pandora’s Tower.
Finito però l’idilliaco momento di Wii, per Nintendo inizia un periodo di magra: il Nintendo DS inizia a stancare, così la grande N decide di lanciare sul mercato il 3DS, ovvero un nuovo dispositivo portatile che, come successore del DS, si avvale dell’estetica simile ma di una potenza superiore, nonché di una tecnologia che permette di usufruire del 3D stereoscopico senza la necessità dei classici occhiali. Nonostante un iniziale periodo di vendite scarse, grazie ad alcune manovre, come la riduzione del prezzo e l’arrivo di una versione XL della console, 3DS ingrana e riesce ad ammorbidire il duro colpo del flop di vendite di Wii U, la console successiva al Wii. Iwata era forse la persona che più riusciva a vedere avanti in un’azienda fortemente tradizionalista come Nintendo, riuscendo finalmente a convincere tutti a considerare il mercato mobile. Altro grande successo che si deve a lui sono gli amiibo, alias le piccole statuette dei personaggi emblema del mondo Nintendo che possono interagire con svariati giochi.
Insomma, un uomo dalle mille risorse, che ha saputo davvero guardare nel punto più nerd di ogni gamer, sapendo volteggiare tra quelle che sono sempre state la caratteristica dei videogiocatori: collezionisti nel profondo del loro animo, e sempre alla ricerca di nuovo. Cosa aspettarsi, del resto, da un uomo che ha saputo mantenere costante l’etica Nintendo sui videogiochi non violenti, creando comunque un picchiaduro? Mi riferisco a Super Smash Bros. e all’idea per cui non sono i protagonisti veri e propri a picchiarsi, ma dei pupazzetti raffiguranti i personaggi della grande N. Un compromesso geniale per creare un titolo di lotta e nello stesso tempo non sporcare i visini meravigliosi dei personaggi che hanno accompagnato la nostra infanzia.
Quando diciamo che sono sempre i migliori ad andarsene non è una frase fatta, è la più sincera verità: Satoru Iwata era uno dei migliori, è stato parte integrante dello sviluppo videoludico dell’inizio del ventunesimo secolo e ha saputo, nonostante i periodi positivi e negativi di Nintendo, mantenere sempre il sorriso e l’amore, perché forse era uno dei pochi a partecipare alla piccola cerchia di quelle persone che fanno il lavoro per passione e non per soldi. Ci lascia in eredità Super Mario Maker che uscirà a settembre 2015, ma mai ci dimenticheremo di quel piccolo uomo dal cuore tanto grande. Sayonara, Iwata-san!
– Alessia Bellettini –