Non lo dirò con mezzi termini: Mirror’s Edge era una piccola perla videoludica, un’opera innovativa e limatissima, una miscela in cui gli ingredienti si fondevano senza sbavature per creare un prodotto curato come non se ne vedono spesso. Ed è questa la ragione principale della grande attesa per il suo seguito ed anche, probabilmente, della cautela di DICE nello svilupparlo: basta alterare un minimo elemento di quella perfetta miscela per snaturare il gioco. Fatto sta che, alla fine, Mirror’s Edge Catalyst è stato annunciato, e già qui si è avuta la prima sorpresa: seguendo la moda degli ultimi anni (che ha colpito, tra gli altri, anche un brand storico come Tomb Raider), ci troveremo di fronte non al seguito vero e proprio delle vicende di Faith così come le avevamo lasciate nel primo capitolo, ma ad un reboot che azzera la storia per riproporcela con i cambiamenti del caso. Non che la trama del primo fosse ormai talmente chiusa da non prevedere possibili sviluppi (nonostante il finale risolvesse gran parte dei fili narrativi), ma a quanto pare si è deciso di riportare in auge questo titolo non troppo fortunato e conosciuto con una tabula rasa che permettesse di sviluppare nuovamente ciò che di buono già era stato fatto.
E quale vetrina migliore dell’E3 per mostrare a che punto sono arrivati con i lavori? Nell’importante fiera di Los Angeles è stato mostrato un lungo trailer, ricco di scene di gioco e che può già darci una panoramica generale di quello che dovremo aspettarci, oltre ad una dimostrazione vera e propria a porte chiuse per la stampa, e proprio da quest’ultima ci arrivano le indiscrezioni più interessanti. Gli elementi fondamentali del primo capitolo e il suo gameplay tornano per forza di cose anche nel reboot, il tutto ricreato con la potenza grafica di nuova generazione, ma qualcosa sembra essere stato perso per la strada, soprattutto se messo a confronto proprio con il gioco originale. Mirror’s Edge era sostanzialmente un simulatore di parkour, disciplina metropolitana nata in Francia che consiste nell’effettuare acrobazie, superando qualsiasi tipo di ostacolo, in ambiente urbano. In realtà molte evoluzioni di questo sport erano già state utilizzate in altri tipi di giochi, come nella saga di Prince of Persia e in Assassin’s Creed, dove è possibile arrampicarsi sui muri, effettuare evoluzioni acrobatiche sia per muoversi che per combattere, ma queste meccaniche non costituivano comunque il cuore di questi titoli, che comunque si sviluppavano su altri versanti. Invece in Mirror’s Edge il correre senza mai fermarsi, evitando con capriole e salti acrobatici gli intralci e le possibili barriere non solo rappresentava il gameplay, ma l’anima stessa del titolo, e questo si notava soprattutto dall’impostazione che DICE diede dare al suo gioco, sin dalla coraggiosa scelta del punto di vista in prima persona. Avrebbero potuto, infatti, utilizzare una più comoda visuale in terza persona, come appunto quella di Prince of Persia e Assassin’s Creed, mentre invece decisero di farci entrare direttamente dentro il corridore, per farci vivere tutte le emozioni dei salti e dei voli tra un tetto e l’altro attraverso i suoi occhi, trasmettendoci tutta l’adrenalina provata da Faith. Il risultato fu riuscitissimo, e verrà riproposto giustamente anche in Catalyst, promettendoci un’immersione ancora più profonda nell’ambientazione distopica della città di Glass.
Proprio la città in cui muoveremo i nostri passi, o meglio in cui ci lanceremo nelle nostre spettacolari corse, sarà, insieme a Faith, la protagonista del gioco. Nel titolo originale proprio l’aspetto dato alla metropoli e il level design erano due degli elementi, a mio avviso, più riusciti. Gli ambienti di questo mondo distopico, iper controllato, al limite dello Stato di polizia, erano tratteggiati con una palette di colori primari molto accesi, che si stagliavano sul bianco asettico degli edifici, creando un contrasto minimalista dallo stile unico. Da quel poco che abbiamo potuto vedere, sembra che questo aspetto sia stato molto ridimensionato, probabilmente per dare lustro al realismo ormai raggiunto dai nuovi motori grafici, ma devo dire che la cosa mi è dispiaciuta non poco. Una città ricreata in modo troppo realistico non è nient’altro che una città, per quanto dettagliata possa essere, ma se viene realizzata con un particolare stile allora diventa qualcosa di unico, potrei dire di artistico. Qua e là sembra che la tavolozza di colori primari sia rimasta, così come il minimalismo, ma il tutto viene sfumato dal realismo degli ambienti, perdendo di originalità.
A questo bisogna aggiungere che quasi tutto il divertimento in Mirror’s Edge era basato sulla realizzazione delle mosse acrobatiche, che richiedevano precisione e una certa abilità del giocatore. Ora invece i controlli saranno ridotti all’osso, con un solo tasto per le acrobazie verso l’alto e uno per quelle verso il basso. Catalyst potrebbe soffrire probabilmente di un’eccessiva semplicità, in linea con l’andazzo recente di un po’ tutti i videogiochi (certo, con illustri eccezioni). Il problema è che mentre altri prodotti possono più o meno permetterselo, reggendosi magari su gameplay divertenti, trame ben sviluppate o altro, un gioco come questo, che è appunto quasi un simulatore di parkour, potrebbe davvero perdere molto da una scelta del genere, perché potrebbe portare l’utente a stancarsi presto. Ovviamente ciò che è stato mostrato all’E3 non è nulla di definitivo e c’è ancora molto tempo per lavorarci su, dato che l’uscita del gioco è prevista per il prossimo 27 febbraio su PC, Xbox One e PS4, ma visti i precedenti è probabile che l’idea di semplificare al massimo per rendere il titolo accessibile a tutti sia ben più che una semplice ipotesi.
Con il primo Mirror’s Edge abbiamo imparato che bastano pochi centimetri per calcolare male un salto e precipitare irrimediabilmente nel vuoto. Il salto compiuto dai ragazzi di DICE con Mirror’s Edge Catalyst è davvero lungo, e basta poco per fallire completamente. Noi aspettiamo con ansia nuove notizie, pronti a riferirvi ogni piccola novità, magari rigiocando al primo capitolo, che era oltretutto molto breve – un pregio, vista la natura dello stesso. Riallacciamoci le scarpette da footing, si torna a correre!
– Davide Carnevale –