Ho atteso. Nell’ombra. L’ho inseguito. Stalkerato tutto il tempo. Attendendo alla periferia del suo sguardo e rompendo le palle oltre ogni modo. Ma Zerocalcare con il suo indistinguibile zen e la sua gentilezza, non solo si è prestato alle domande che avevamo in serbo per lui. Ma non mi ha neanche mandato a fanculo. O almeno, non lo ha detto. Quindi per voi dal BGeek in quel di Bari… beccatevi l’intervista a Zerocalcare!
Buongiorno a Michele Rech… o a Zerocalcare? Ad un occhio distratto potrebbe sembrare di parlare con Michele, quindi dicci: L’Amico Armadillo è qui con noi? Quanto il dialogo interiore è presente negli eventi di tutti i giorni?
Praticamente sempre, vivo di continuo le mie paranoie mettendo tutto in discussione, anche in questi momenti in cui disegno, in cui c’è questa folla, il dialogo interiore prende sempre e comunque il sopravvento, rendendo quindi onnipresente, l’Amico Armadillo.
Il tuo stile si caratterizza proprio per questo dialogo interiore, e per le varie forme che questo assume. Ma sappiamo che il processo creativo richiede sempre un certo sforzo, quindi ti chiedo: applicato al tuo caso, quanto concordi con la massima di Picasso “è più facile disegnare quando non sai come farlo”?
Mah… in realtà un sacco! Perché paradossalmente quando ho iniziato sul blog, mi risultavano molto più facili. Ad oggi non è più così. Ora tutto ciò che creo ha perso in parte quella spontaneità che aveva all’inizio. Con la consapevolezza di ciò che faccio si sono aggiunte nuove spade al “portaspade di Damocle”, quindi i miei lavori vengono continuamente ritoccati, aggiustati, proprio per le paranoie di cui prima. Mi piace ciò che faccio e ci tengo che venga svolto nel miglior modo possibile.

Ok daje ce sto! Da notare lo sguardo di goduria negli occhi dell’intervistatore.
Ti piace il fantasy, Michele? Puoi dirci un’opera fantasy alla quale non potresti assolutamente rinunciare?
Sinceramente non sto tanto in pippa con il fantasy. Potrei rinunciare quasi a tutto, anche se ci sono cose che mi sono piaciute molto. Non potrei rinunciare a vedere come andrà a finire “Il Trono di Spade”, ma più per la mia passione per le serie tv che non per le tematiche affrontate. Certo sono cresciuto con i libri game di “Lupo Solitario” e mi è piaciuto molto Il Signore degli Anelli. Ma non posso dirmi un appassionato di fantasy in senso stretto.
Ci dai un commento a secco su alcune serie tv?
Breaking Bad? Fiiiiiiigo!! Migliora con il tempo.
Sons of Anarchy? Hai mai confessato un omicidio al telefono?
True Detective? Prima di seguire la seconda devo rivedermi la prima… mi ci sono addormentato sul divano.
The Walking Dead? Ce stanno gli zombie. E gli zombie si guardano. Sempre.
Il Trono di Spade? Tu non sai niente Jon Snow.
Il mammuth di Rebibbia e il sogno partigiano a Milano. Il sostegno ai Leoni di Villa Roth e la tua natura Punk: cos’è un ideale? E quanto è importante averne uno?
Un’ideale o un insieme di ideali penso siano fondamentali in quanto valgono come bussola morale nella vita per ogni cosa. Il problema poi è che questi tendono a incontrarsi e a scontrarsi con tutta una serie di delusioni e disillusioni che col tempo si vengono a creare. È importante perché sono la tua guida. Qualsiasi confronto che hai nella vita, fa riferimento poi a quegli ideali. Quando conosci qualcuno, quando lavori, quando vai a comprare il giornale, ti trovi sempre a incontrarti o a scontrarti con essi. Quando sono andato da Fazio, o quando ho dipinto il mammuth, alcuni mi hanno dato contro. Alcuni di loro li conosco, altri no. Chi lo fa in maniera gratuita sa dove abito, può venire a dirmelo in faccia. Altri sono solo amici che temono che io perda questa bussola. Il punto è che io sono proprio contro questa divisione tra ciò che è legale e ciò che non lo è. Se una cosa è arte, è arte a prescindere da chi ha disegnato cosa e come.
Dicci qualcosa della tua esperienza a Kobane. Come ti è venuto in mente di partire dalla volta di Rebibbia fino al confine Turco-Siriano? Cosa ritieni che non sappiamo su questo conflitto?
In realtà non è che sia venuto in mente a me perché ho dato di matto e ho deciso su due piedi di fare il giramondo. L’idea è stata di tutti noi dei centri sociali romani che abbiamo deciso di mettere su questo sistema di staffette, per arrivare a Kobane. Io sono stato uno di quelli che ha sentito da subito l’impulso ad andare, poiché sento molto vicina a me la questione dei curdi. È stata una cosa molto naturale, dare sostegno a questo popolo che parla una lingua così simile alla nostra, e allo stesso tempo, sentire cosa avessero da dirci. Non è solo un conflitto. Lì c’è un’esperienza che ha del rivoluzionario per tutto ciò che hanno da insegnarci: per la situazione geopolitica, per l’emancipazione femminile (nel villaggio dove eravamo, le posizioni di potere erano ricoperte da donne), per ridistribuzione del reddito, collaborazione tra popoli, ecologia, vorrei che i media dessero più copertura a tutto questo piuttosto che a chi ha fatto un metro in avanti o un metro indietro.
Grazie Zero! Saluteresti i nostri lettori?
Daje forte Ragà! Un saluto a tutta l’isola!
– Andrea Fabiano –