Parliamo oggi di due argomenti che stanno particolarmente a cuore a noi Illyoners, ovvero Game of Thrones ed il gioco di ruolo. Le correnti ascensionali mainstream dell’Isola hanno fatto incrociare i due aspetti, solidificandoli in una domanda che forse qualcuno di voi si sarà già posto: “Ma esisterà un GdR cartaceo dedicato a Game of Thrones?”. La risposta è sì, e già da praticamente dieci anni, anche se solo in inglese.
Nel 2005, infatti, in tempi televisivamente non sospetti, mentre usciva A Feast for Crows, la casa editrice canadese Guardians of Order diede alle stampe questo “A Game of Thrones”, basato sulla serie di romanzi Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco e costruito con due sistemi di gioco differenti: il Tri-stat dX di proprietà della casa canadese, e il d20 system, versione di cui parleremo in questo articolo. I manuali furono pubblicati dalla Sword&Sorcery, un divisione controllata dalla White Wolf. Dopo alcune vicissitudini riguardo la proprietà dei diritti tra la GoO in crisi e lo stesso Martin, lo scrittore recuperò la proprietà intellettuale per continuare la pubblicazione di materiale ruolistico. La Green Ronin Games, nientemeno che la sviluppatrice della prossima campagna ufficiale tabletop di D&D 5a edizione, “Out of The Abyss”, scrisse quindi A Song of Ice and Fire Roleplaying (SIFRP), gioco indipendente da quello della GoO e basato su un regolamento sviluppato per l’occasione, che però non ebbe un gran seguito. A parte alcuni bonus del gioco pubblicati nel 2009 dalla rivista Dragon n° 307 (tra cui statistiche di Tyrion Lannister, Sandor Clegane e la gustosa classe di prestigio Brother of the Night Watch), questo fu tutto.
Ma quali sono le caratteristiche salienti di questo gioco “monstre” di oltre 400 pagine? Facciamo una panoramica completa di questo piccolo gioiellino ruolistico, e chissà che magari a qualcuno di voi non salti l’uzzolo di provare ad andarlo a recuperare.
Il primo aspetto che salta all’occhio di questo GdR è la completezza: la versione cartacea doveva arrivare a pesare circa una tonnellata, considerato lo spessore del volume di cui sopra. Prima che parta una fitta sassaiola con obiettivo il sottoscritto, però, lasciatemi spiegare: lo so anche io che il numero di pagine di per sé non significa nulla circa la bontà o meno di una produzione. Qui però si tratta di uno di quei rari casi nei quali quantità corrisponde a qualità, ve lo assicuro. Il primo capitolo riporta una rapida ma esaustiva panoramica sui libri di Martin e sulla storia di Westeros come da storyline ufficiale fino a quel momento, per cui non c’è bisogno di essere cultori di Martin né di aver letto una singola riga di ASOIAF per poter giocare, e già questo è un grande merito. Allo stesso tempo però, attenzione: per le persone ancora ignare, ma desiderose di affrontare prima o poi la saga di zio Giorgione, tutto il manuale è un gigantesco spoiler della serie. Il che depone a favore della cura, dell’attenzione, e della gigantesca mole di informazioni messe in campo da questo GdR, ma pure a favore di un mio rapido linciaggio: per cui, Illyoner avvisato. Il capitolo 1 si conclude con una veloce, e per una volta ironica, non retorica e non pomposa disamina della filosofia del GdR, e soprattutto uno stupendo excursus sulla letteratura fantasy dalle origini a GoT, utile se non altro come inesauribile fonte di consigli circa il prossimo titolo del nostro genere preferito da appoggiare sul comodino.
E veniamo al nucleo della questione: la creazione del personaggio. L’intero gioco, come detto, si basa sul d20: non mi dilungherò sulle caratteristiche di un sistema talmente famoso e usato da stare al GdR come l’inglese sta agli scambi commerciali, anzi, non ne parlerò per nulla. Il vero appassionato dovrebbe conoscerlo a menadito (e se non lo conoscete, vergogna! Trenta frustate sulla pubblica piazza di Approdo del Re). La creazione del personaggio, quindi, è condita da termini che conosciamo benissimo, come Caratteristiche (le solite sei), Abilità, Talenti e via di questo passo. E allora, perché mai la creazione del personaggio occupa la bellezza di dieci capitoli (sì, avete capito bene, dieci!)? Semplice, perché come potete immaginare per un GdR ambientato a Westeros, il ruolo che ricopre il personaggio all’interno della società (lo Status) è quasi più essenziale delle classiche statistiche di cui sopra. Il regolamento stesso suggerisce tre tipi principali di stili di gioco attraverso i quali è possibile affrontare una campagna nei Sette Regni: la Banda di Eroi, con i giocatori nei panni di un tradizionale gruppo di avventurieri di basso rango (modalità che a mio avviso sfrutta di meno le potenzialità del gioco); la Casa Nobile, nella quale i giocatori sgomiteranno per farsi largo all’interno di una famiglia ben definita; e finalmente la modalità Gioco dei Troni, nella quale i personaggi interpretati saranno tutti di rango molto elevato e tutti impegnati a contendersi, in modi diversi, la famigerata Sedia di Ferro. Capirete dunque come, in un ambiente nel quale i PG possono avere accesso a ricchezze quasi illimitate, avere potere di vita o di morte su quasi chiunque, e addirittura avere il potere di chiamare a raccolta i Vessilli, serva ben più di un capitolo per definire nei dettagli ciò che compone il famigerato Status. In GoT poi, l’unica razza giocabile è quella umana (no, gli Estranei non si possono impersonare), per cui la scelta della “razza” nei GdR tradizionali coincide con la provenienza dalle varie regioni di Westeros: Uomo del Nord, Bruto, Uomo di Ferro e Valyriano sono solo alcune delle possibilità. Stesso discorso per le Classi: scordatevi Stregoni, Druidi e Monaci e date il benvenuto a Maestri, Artigiani e a classi di prestigio come Confratello Nero e Guardia Reale. Insomma, per tornare al discorso che si faceva prima, già la scelta della razza e della classe in qualche modo indirizzano il nostro Status e il nostro posto iniziale nel Gioco del Trono; e anche la scelta delle abilità, così come quella dei talenti, sarà molto legata all’ambientazione. Magari non ci serviranno per spuntare un prezzo migliore sulle pozioni, ma le abilità sociali saranno fondamentali come e se non più di quelle fisiche, considerato che ci troveremo in mezzo a manovre politiche tanto quanto a quelle militari, arrivando in questo caso forse a sfruttare appieno tutto il potenziale del d20.
Per quanto riguarda il gameplay, il gioco tende a rendere il combattimento meno tattico e più brutale, in perfetto stile GoT in modi molto sottili, mantenendo inalterata l’ossatura del d20 e andando a modificare manovre come il colpo di grazia (che a differenza di D&D porta alla morte istantanea senza TS) o gli attacchi di opportunità, che possono sembrare dettagli ma che sommati rendono il tutto molto più diretto e caotico, come in una vera mischia.
Considerate poi la mancanza di magia intesa in modo tradizionale (la classe del Magus, ciò che più si avvicina ad un incantatore, è una classe PNG), tanto che non abbiamo liste di incantesimi ma linee guida per crearli e definirli in cooperazione tra master e giocatori, in modo che possano essere determinati in base allo stile di gioco; aggiungete un capitolo intero per aiutare il giocatore a calare il proprio personaggio nella realtà di Westeros (per esempio, i personaggi femminili possono essere potentissimi, ma dovranno affrontare delle sfide interpretative particolari e stimolanti), e capitoli dedicati alle singole regioni di Westeros, alle poche ma straordinarie creature soprannaturali ed alle descrizioni dei personaggi che tanto amiamo: insomma, una vera miniera di informazioni anche per il fan non giocatore. Per avere un quadro completo, considerate anche le superbe illustrazioni tratte dal manuale, che potete ammirare di corredo all’articolo. Insomma, se fate del powerplay la vostra ragione di vita, statene lontani, ma se adorate tutto ciò che fa GoT, e siete anche giocatori incalliti, questo manuale è il vostro paradiso.
E voi Illyoners, che ne pensate? Vi attira, o avete magari già avuto la fortuna di giocarlo? Fateci sapere quanto prima, visto che l’Inverno sta arrivando!
– Luca Tersigni –