La storia videoludica è piena di mostri sacri intoccabili: videogiochi divenuti famosi per la loro bellezza, longevità, fantasia, concept e tanto altro. Uno di questi mostri sacri è sicuramente ICO, celebre titolo PlayStation 2 che ha saputo appassionare migliaia di persone e resta tutt’ora uno dei migliori prodotti (seppur non next gen) in circolazione. La casa sviluppatrice di Toren, la Swordtales, ha voluto riprendere i passi del Team ICO. Ci sarà riuscita? La risposta, ovviamente, è già nota.
IL GIOCO
Moonchild (Bimba della Luna) vive seguendo la voce del suo maestro in una torre, tutta sola, in una landa sconosciuta. L’epoca è imprecisa, ma si pensa sia la stessa nella quale è ambientata la saga di ICO o di Shadow of the Colossus, con la somiglianza di alcune strutture. La bimba, crescendo, cerca di arrivare in cima alla torre. Cos’è che la spinge? Perché ci sono molte statue che la raffigurano? Cosa sono quelle strane pozze di sangue a terra? Soprattutto, perché un drago non la lascia passare?
DATI TECNICI
È stata un’impresa scrivere queste quattro righe di spiegazione del gioco perché, con una sola nozione in più, avrei probabilmente rivelato dettagli sul gioco che si sarebbero appresi proseguendo con l’avventura. Ora passiamo alle specifiche tecniche, cosa su cui sarà ricamato praticamente tutto il giudizio del gioco per motivi che elencherò in seguito. È tremendamente difficile fare un paragone con altri giochi simili proprio perché vorrei evitare di parlare di quanto siano belli ICO e Shadow of the Colossus, anche perché sarebbe come minimizzare il lavoro fatto su Toren.
I ragazzi della SwordTales hanno deciso di puntare, probabilmente, sul cercare stupire il giocatore. I colori sono accesi come pochi, e tutti gli ambienti sono coloratissimi. I verdi smeraldini si alternano con elementi rosso fuoco, generando un contrasto molto piacevole ma, alcune volte, decisamente fuori luogo. Ogni livello della torre ha una serie di colori principali che serviranno per “accentuare” il cambio di personalità della Moonchild o la situazione nella quale questa si troverà.
Toren potrebbe essere descritto con una parola: semplicità. Le texture non brillano in particolar modo, così come i colori che, seppur vivacissimi e intensi, rimangono sempre gli stessi dall’inizio alla fine (non abbiamo variazione di rosso se non quei due-tre toni, per intenderci). Le ombre sono minimali, e anche la profondità (per non parlare dell’hitbox, se così vogliamo chiamarlo, di alcuni oggetti) non è proprio il massimo. Da questo punto di vista, probabilmente, Toren poteva essere realizzato con un po’ più di cura, e tutte le persone che, come me, hanno completato il titolo e con cui ho avuto modo di confrontarmi, sono rimaste interdette: è stata voluta questa noncuranza, oppure è realmente una svista? Considerando il curriculum della software house, abbiamo optato per la seconda opzione.
Se fino a questo punto ho elencato il lato più tecnico e pratico del gioco, ora passo a tutto ciò che riguarda supposizioni/lore e compagnia bella. Molti giochi si sono, difatti, salvati dalla rovina più totale grazie ad una storia (o, come lo chiamiamo “noi esperti”, il lore) ricca di significato, con iconografie, metafore, riferimenti e quant’altro più che azzeccati. Toren mi ha lasciato disorientato anche per questo: nonostante la trama sia semplice, ho sentito una sorta di inquietudine durante tutte le ore di gioco. Non ho scartato l’idea che ci fossero significati nascosti, riferimenti e roba simile. Non so, però, se questa sensazione sia stata dovuta ad una reale esistenza di tali misteri nascosti nel gioco oppure da una vicinanza allo youtuber Sabaku no Maiku (anche conosciuto come…sisi, abbiamo capito).
Gran parte dei combattimenti è ripreso pari pari da ICO (Shadow of the Colossus presenta un sistema molto più articolato, diciamo), limitando i nostri movimenti a tre affondi sempre ripetuti. Come già detto, il combattimento svolge una funzione più iconografica che altro: imbracciare un arma per sconfiggere un nemico per raggiungere una meta, robe così. Probabilmente il sopracitato Michele Poggi (Sabaku no Maiku) avrebbe parlato per ANNI di quanto significato ci fosse dietro ogni azione.
Neppure la longevità è il forte di Toren, considerato che lo dovreste portare al termine al massimo in 3 ore (i più perspicaci ci metteranno molto di meno), e la rigiocabilità è praticamente pari a zero (non cambia nulla da una partita all’altra). Anche qui, ci troviamo davanti ad una nota negativa: un gioco di tre ore non può contenere solo questo, mi sono detto, deve esserci di più. Ho cercato, ho indagato, ho girovagato, ma nulla, gran parte dei consigli e delle supposizioni sono rimasti tali.
La soundtrack, invece, è da dieci e lode. Ma gli effetti sonori (il rumore di passi, il suono della spada e i versi dei mostri) sono da quattro e mezzo. Perché tanta noncuranza? Perché abbinare musiche ricche di pathos con effetti così mediocri e semplici da poter venir replicati con una qualsiasi console (non sto scherzando, mi sono messo davvero a rifarli e ci sono riuscito persino meglio). E qui torna la stessa domanda che ci tormenta per tutto il gioco: deve esserci qualcos’altro.
Voi avete capito qual’è il punto di forza di Toren? A me sembra essere sfuggito e, se non per alcune piccole perle bianche, abbiamo trovato solo biglie usurate nel sacco. Fateci sapere se siete d’accordo con la nostra recensione!
– Yari Montorsi –
Toren: forse un nuovo ICO?
Yari Montorsi
- Colori sgargianti;
- Musiche davvero emozionanti;
- Trama forse magnifica, ricca di significati...
- ...oppure no, eppure...
- effetti sonori capaci di far risaltare il tennis del '58;
- texture, ombre e reparto grafico minimale, forse troppo;
- Il gioco dura al massimo 3 ore;