Come forse saprete, PlayStation 3 in Giappone ha potuto contare su tutta una schiera di titoli esclusivi mirati al pubblico dagli occhi a mandorla, che solo in pochi casi (seppure sempre meno sporadici col passare degli anni) è stata valutata adatta anche al mercato occidentale. Per lo più si parla di giochi di ruolo con grafica in stile anime, esattamente la categoria in cui rientra il prodotto che Bandai Namco ha deciso di portare sulle nostre console in questi giorni, The Awakened Fate: Ultimatum.
Sviluppato da Nippon Ichi Software, il titolo è il sequel di The Guided Fate: Paradox, RPG approdato sulle console Sony nostrane il 28 ottobre 2013. In realtà questa avventura è affrontabile tranquillamente anche senza conoscere il prequel, in quanto i due giochi sono legati solo da sottili riferimenti, e non condividono trama o personaggi. L’utente impersona Shin Kamikaze, uno studente giapponese introverso e deluso dalla sua vita, che si ritrova un giorno attaccato da una schiera di strani guerrieri alati che piombano all’improvviso dal cielo. Il ragazzo viene ucciso, e si risveglia a Celestia: qui fa la conoscenza di Jupiel e Ariael, due donne che gli spiegano di averlo salvato portandolo in quel regno e impiantandogli il Fate Awakening Crystal, una pietra capace di donargli dei poteri unici. È lui, infatti, la persona designata a divenire Dio, l’unico che può aiutare gli angeli a combattere la loro guerra contro i diavoli, in netta superiorità numerica e decisamente meglio preparati alla battaglia. Come avrete intuito, il plot è tipicamente nipponico, e lo si nota specialmente nei dialoghi e nei pensieri dei personaggi, ma anche gli amanti dei prodotti giapponesi sono certo che lo troveranno piuttosto piatto e scontato fin dall’inizio, un vero peccato considerando che in buona parte dei casi dovrete sorbirvi lunghi scambi di battute tra comprimari (a volte si superano anche i 15 minuti di orologio, personalmente cronometrati), che così diventano una vera tortura.
Il gioco, comunque, è un classico dungeon crawling: le missioni che dobbiamo affrontare si svolgono in labirinti formati da più piani, e generati in maniera casuale dalla CPU, nei quali bisogna muoversi su una sorta di scacchiera, raccogliere oggetti, evitare trappole nascoste, e sconfiggere i nemici che ci si parano di fronte. I movimenti sono scanditi da un apposito contatore, che si riduce ad ogni azione compiuta: bisogna quindi decidere, di volta in volta in base alla disponibilità (o alla possibilità di ricaricare la barra), se lanciarsi nell’esplorazione del dungeon alla ricerca di potenziamenti e punti esperienza, o concludere rapidamente la scalata prima di rimanere a secco.
La particolarità del gioco è che Shin può lottare sfruttando poteri divini e demoniaci, attivabili trasformando se stesso in angelo o diavolo tramite la pressione dei tasti L2 ed R2: in base al tipo di avversario che ci troviamo di fronte, dunque, va attivato il potere opposto, che ci garantisce colpi più efficaci, una difesa più resistente e delle devastanti mosse speciali. Ovviamente anche la trasformazione non può essere mantenuta attiva liberamente, in quanto consuma un’apposita barra, che si ricarica camminando nel dungeon (così come accade per l’indicatore della salute). Ogni volta che si sale di livello, le statistiche di Attacco, Difesa e Punti Vita aumentano, e in più ci viene assegnato un cristallo spendibile in una sorta di “albero delle abilità” (vagamente simile a quella di Final Fantasy X), dove possiamo scegliere se potenziare la nostra trasformazione angelica, quella demoniaca, oppure apprendere nuove mosse speciali. Altri di questi cristalli è possibile ottenerli durante alcuni dialoghi, nei i quali siamo chiamati a prendere delle decisioni etichettate come “buone” o “cattive”: la pietra che otterremo sarà, però, spendibile solo nel rispettivo ramo dell'”albero delle abilità”.
Per quanto riguarda l’equipaggiamento, il protagonista può portare con sé solo un’arma offensiva, uno scudo e un oggetto protettivo. I primi due sono potenziabili tramite il sistema di crafting del gioco, che permette di fonderli tra loro soltanto a patto che almeno uno dei due riporti l’indicazione +1, +2, +3, ecc…, guadagnando, però, forza effettiva soltanto se entrambi hanno quel numero (e vengono fusi più volte). Nel corso dell’esplorazione incapperete sicuramente anche nelle gemme che, se incastonate in armi e scudi, infondono loro degli effetti passivi (come la possibilità di aumentare la percentuale di colpi critici o quella di avvelenare il nemico): anch’esse possono essere fuse e potenziate, ma solo se hanno lo stesso nome. Insomma, un sistema elementare, ma a mio avviso più che sufficiente per le necessità del gioco.
Sotto il punto di vista tecnico non c’è nulla particolarmente degno di nota, ma vi segnalo una buona colonna sonora (specialmente il brano che accompagna l’intro). I dialoghi sono composti da scene statiche intervallate da artwork che mostrano momenti particolarmente significativi della trama, mentre l’esplorazione avviene in ambienti tridimensionali con personaggi realizzati in stile bubblehead (con le teste giganti, per capirci). Un elemento che ho trovato piuttosto invasivo è il log di battaglia su schermo, in quanto occupa un terzo dello spazio e non è in nessun modo riducibile. Come di consuetudine per questo tipo di giochi, poi, manca del tutto una traduzione italiana.
La curva di difficoltà non è bilanciata proprio a regola d’arte, con le primissime missioni piuttosto semplici, e già il terzo dungeon particolarmente ostico se si ha la sfortuna di incrociare alcuni tipi di nemici: a causa di ciò al giocatore sono richieste sessioni forzate di farming – si possono tranquillamente esplorare di nuovo tutti i dungeon precedentemente già completati –, che onestamente ho trovato piuttosto noiose. Purtroppo, però, non c’è alternativa: essere sconfitti in un labirinto equivale alla perdita di tutto il contenuto dell’inventario, una “punizione” inspiegabilmente crudele.
Come già specificato più sopra, la trama non brilla per particolare originalità, e le decisioni a cui è sottoposto il giocatore non fanno altro che modificare alcune linee di dialogo, portando comunque la narrazione a scorrere in una direzione precisa (al massimo, una scelta giudicata “sbagliata” dal gioco porta ad un Game Over prematuro, ma niente più).
Se pensate di essere in grado di superare questi difetti, comunque, sono certo che The Awakened Fate: Ultimatum si può rivelare un titolo in grado di intrattenervi e darvi più di una soddisfazione, in barba a chi dice che PlayStation 3 sia ormai una console defunta.
– Mario Ferrentino –
The Awakened Fate: Ultimatum – Recensione
Mario Ferrentino
- Sistema di crafting semplice, ma adatto al gioco;
- Buona colonna sonora;
- La progressione e la crescita del personaggio danno più di una soddisfazione;
- Trama banale e dialoghi spesso troppo lunghi;
- Farming obbligatorio;
- Livello di difficoltà non sempre ben bilanciato;