Ci sono storie che ti colpiscono fin dalla prima pagina, storie che non capisci come ma rievocano nella tua mente un turbinio di ricordi, emozioni, echi di qualcosa di già vissuto. E il bello della letteratura disegnata, come la chiamava giustamente Hugo Pratt, sta nel saper dare una forma e un colore a quel vortice di sensazioni, colpendoci con la forza di cui solo le immagini sono capaci. Il fumetto è una forma d’arte virulenta, che ti infetta, nel senso che il suo misto di testualità e visualità ci colpisce in molteplici modi e ci entra dentro, mettendo in atto un processo di incorporamento del lettore in un mondo di immaginazione che è più grande di lui, ma nel quale può partecipare attivamente .
In questo il catalano Enrique Fernández è indiscutibilmente un maestro. Giuro. Dopo l’adattamento de “Il Mago di Oz” del 2005, la favola “Aurore” in stile Alice del 2011 e l’orientaleggiante “I racconti dell’Era del Cobra” del 2012 (tutti editi in Italia da Tunué), a cui aggiungo il fantascientifico “Les Mère des Victoires” del 2007 (da noi ancora inedito), arrivano i primi due capitoli di “Brigada”. Dimenticatevi i fumetti fantasy a cui siete abituati, dimenticatevi l’eroismo in stile classico: siamo di fronte ad una rivoluzione narrativa e grafica a cui inizialmente può essere difficile avvicinarsi, ma che non deluderà gli amanti di Tolkien né quelli di Dragonero o Dungeons&Dragons, e che farà di certo impazzire gli esperti di arti visive.
Questa in breve è la trama dei primi due numeri. Il veterano Ivro è alla guida di una piccola ma tosta squadra di nani guerrieri, formata da Vega, Erwin, Avian, Voro e Ouar, per lo più mercenari con precedenti con la giustizia piuttosto che eroi senza macchia. Poco importa, c’è una guerra da combattere contro i malvagi elfi scuri. Ma una nebbia misteriosa che si dice porti con sé il Male in persona, l’ancestrale Voirandeer, da sempre combattuto dagli uomini della gloriosa stirpe di Daurin, costringe il gruppo a fermare la propria marcia in un strano territorio avvolto da tale bruma in cui regna il caos e i cui abitanti vivono protetti da tre streghe e dalle loro potenti arti magiche. Qui incontrano i giovani Loon e Senda, che avranno un ruolo determinante da svolgere in questa vicenda. Ma cosa nascondono veramente nella loro dimora le streghe? Cosa si cela dietro il patto che esse hanno stretto con una compagnia di elfi scuri guidati dal visionario Yaibed, capace addirittura di parlare con la Terra e disposto a consumare sacrifici umani in nome di tale accordo? Mentre un pericolo più grande di tutto e di tutti sta per arrivare, per il vecchio nano Ivro la battaglia da combattere diventa riuscire a tenere unita la propria brigata di ex galeotti, e per gli abitanti del luogo non rimane che sperare che la stirpe di Daurin non sia estinta.
Il primo elemento di originalità di Fernández è l’aver dedicato la maggior parte dello spazio narrativo a un gruppo di anti-eroi, mercenari senza scrupoli tenuti a fatica al guinzaglio da un bravo soldato che ne ha passate di tutti i colori. Si potrebbe dire che Fernández attinge a piene mani, con cognizione di causa, dalla tradizione picaresca che va da Gargantua a Don Chisciotte, creando un sincretismo con il fantasy epico unico nel suo genere. Sì, è vero, anche George Martin descrive personaggi che non sono proprio degli stinchi di santo, ma è altrettanto vero che c’è un equilibrio tra protagonisti positivi e negativi – sempre che si possa parlare di “positivo” e “negativo” per quanto riguarda Stark, Lannister e compagnia. Sì, è vero, anche i gli eroi di Watchmen non erano poi così eroici, ma almeno ci provavano ad esserlo. Qui, invece, sembra che gli eroi come li intendiamo noi si siano fatti da parte per lasciare il campo ad uno scontro tra non-buoni, o come diremmo in D&D, di caotici-neutrali. Una pesante armatura e un martello da guerra non fanno di un nano necessariamente un eroe, non in questo fumetto. Lo dice Ivro stesso: “Una cosa è certa: non siamo eroi”. Eppure, sebbene distante, percepiamo la presenza di un Bene nascosto da qualche parte, eco di ciò che è narrato nel breve prologo delle prime tre emozionanti e indimenticabili pagine.
Seconda importante novità è lo stile pittorico, oserei dire, che ricorda e mescola “Le mille e una notte” e l’arte Maya (googlate se non ci credete), creando un’atmosfera sempre in equilibrio tra grottesco e onirico, a tratti persino psichedelica, con colori che sapientemente sono talora abbaglianti e talaltra cupi. C’è poi qualcosa nel segno marcato e duro di Fernández che ricorda il Frank Miller in stato di grazia di “300”, la stessa importanza data agli occhi e agli sguardi che escono da elmi insanguinati o che ammaliano incorniciati da ciocche di capelli fluenti. Ma qui l’uso della prossemica è addirittura più sapiente e l’autore riesce sempre a comunicare efficacemente le emozioni dei personaggi con poche linee di espressione, tanto che è possibile intuire in quale modo parlano i personaggi e immaginarne tono e volume di voce. Sottolineo un impiego quasi filmico dei pannelli divisi da spessi gutters (spazi vuoti tra le scene), quasi a suggerire un susseguirsi di splash page, e un uso del lettering chiaro, mai invadente e sempre di facile lettura. Inoltre, come non ammirare la cura dedicata ai grandi pannelli che puntualmente chiudono un paragrafo e segnalano un cambio di scena. Delle vere opere d’arte a sé stanti, quasi una firma dell’autore, che richiama l’attenzione del lettore condensando emozioni e stati d’animo delle pagine precedenti.
Infine, ineccepibili i personaggi. Come qualunque lettore di fantasy si aspetterebbe, i sei nani che formano questo drappello sono ottimamente caratterizzati ciascuno con le proprie peculiarità, non solo estetiche. Una compagnia di elfi guerrieri si muoverebbe armoniosamente e tutti sarebbero acconciati allo stesso modo, ma qui il comando non ce l’ha Thranduil e pertanto ognuno ha il proprio “stile”, chi con ascia o martello, chi con archibugio o esplosivi alchemici. La novità qui sta nel fatto che questi nani appaiono come degli avidi membri di una gang, più interessati a soldi e birra che ad altro, tanto da concedersi un intermezzo rilassante in un locale con sensuali danzatrici e da combattersi l’un l’altro in un regolamento di conti interno a suon di pugnale. Le tre fattucchiere possono ricordare vagamente la Fata Turchina, una regina cattiva in stile Disney e la fattucchiera Mortianna nel “Robin Hood” con Kevin Costner, ma proprio per queste loro diversissime caratteristiche psicosomatiche risultano davvero credibili e per nulla scontate. La cosa che più di ogni altra mi ha lasciato senza parole, però, è vedere la sofferenza di un mostro – nella fattispecie una specie di grosso dinosauro – con le lacrime agli occhi per le ferite subite. Non sto parlando di un villain che si converte e fa ammenda per i propri peccati, parlo di una creatura bestiale, un animale che semina morte e distruzione e che piange per il dolore fisico mentre sferra le ultime artigliate prima di morire. Credo non si sia mai visto niente del genere. Fernández riesce magistralmente a trasmettere la sofferenza di una creatura di cui normalmente non ci fregherebbe nulla, tanto da arrivare provare compassione vera nel vederla abbattuta da un manipolo che, in fin dei conti, è costituito da fuorilegge. Non inserisco qui le immagini di cui sto parlando per non togliervi la sorpresa nel vederle disegnate sulla pagina.
Ancora una volta ma in modo del tutto nuovo, ecco un fumetto che riesce a farci riflettere su uno dei grandi dilemmi dell’uomo moderno: dove stanno veramente il Bene e il Male? D’altro canto, come dice uno dei nani “tutti noi abbiamo danzato con il lato oscuro, alcuni in modo più leggiadro di altri”. Con i primi due numeri di Brigada, Fernández sembra voler molto di più che scrivere un ottimo romanzo grafico. Con la sua arte sembra voler parlare di cose profonde, di cose che ci toccano in quanto esseri umani. “Non abbiamo alcun potere di modificare questa realtà e, tutt’al più, il massimo che possiamo fare è adattarci”, poche parole – che potrebbero essere state dette da Gandalf, non trovate? – di una efficacia disarmante che arrivano dritte al cuore. Come sanno fare i veri artisti, insomma.
– Michele Martinelli –
Brigada – Recensione
Michele Martinelli
- Originalità grafica, rovesciamento dei canoni eroici e tradizione fantasy si amalgamano alla perfezione;
- Azione, colpi di scena e clangore di armi non mancano di certo;
- Cura nei dettagli e caratterizzazione pressoché perfetta dei personaggi;
- La storia in qualche situazione risulta non facile da seguire, ma tutto diventa più chiaro man mano che la narrazione procede;