Il gioco di ruolo perfetto si propone di simulare quanto più possibile, al di là dell’ambientazione e delle azioni fantastiche e fuori dall’ordinario, gli aspetti della vita umana (o nanica, orchesca, aliena e chi più ne ha più ne metta) che non potrebbero essere più reali: la genetica del personaggio (le “caratteristiche” per voler rimanere ad un linguaggio da d20) viene replicata tramite determinate statistiche, l’allenamento e l’esperienza tramite determinate altre, le difficoltà intrinseche delle particolari circostanze vengono rese per mezzo di altre meccaniche ancora, e il libero arbitrio del personaggio (con tutto ciò che ne comporta, dall’interpretazione in giù) coincide ovviamente col libero arbitrio del giocatore. La componente così importante da essere assurta a simbolo del gioco di ruolo tutto (il dado) è però la componente aleatoria. Che lo chiamiate caso, destino o sfiga, parliamo di quella componente della vita e del gioco che sfugge al nostro controllo diretto, che non sembra a volte soggiacere nemmeno alle leggi della statistica, che porta l’imprevedibilità e rende in fin dei conti divertente il gioco e la vita reale, i quali si ridurrebbero altrimenti ad una sequenza di eventi predeterminata e mortalmente noiosa: la schiavitù della certezza.
Ora, la domanda è molto semplice: può quindi esistere effettivamente il Gioco di Ruolo Diceless (cioè senza dado, dove per dado si intende qualsiasi strumento che lo sostituisca, come ad esempio i tarocchi di Sine Requie)? Oppure questi GdR Diceless sono nient’altro che delle entità mitologiche di cui è piena la letteratura ma realmente mai esistite, come i draghi?
Anzitutto bisogna ammettere che un GdR Diceless in senso stretto, cioè senza la minima traccia di componente aleatoria, è impossibile. Perché, come detto, il caso permea la realtà in tutti i suoi aspetti e non si può sfuggirgli; e ad ogni modo sarebbe ben noioso un gioco in cui si sappia già come andrebbe a finire. Quindi, diciamo, che un GdR Diceless cerca di eliminare gli strumenti meccanici coi quali si stabilisce casualmente il corso della storia. A questo punto, volendoci rifare alla classica dicotomia Diceful-Diceless, potremmo immaginare una linea retta ai cui estremi ci sono da una parte, per esempio, Rolemaster, e dall’altra il Diceless. Cioè, da una parte un sistema nel quale ogni tipo di azione viene quantificata in un’apposita tabella, ogni variabile reale è standardizzata e numerizzata, e si tira in continuazione il dado, con una quantità monumentale di statistiche ed abilità (nel mitico GiRSA a momenti c’erano pure delle tabelle da consultare quando il personaggio si appartava ad espletare), dall’altra la radicale e completa eliminazione delle variabili quantitative, con la maggioranza dei GdR di ogni tempo nel mezzo della retta, oscillanti tra questi due estremi (con D&D 3.5 decisamente verso un estremo e la 5.0 recente consapevolmente in discontinuità).
Ed ecco il punto centrale della questione: stabilito che la casualità non sia eliminabile, semplicemente la componente aleatoria non è più quantitativa e meccanica, stabilita a mezzo dado, carta, ossa di pollo, ma è descrittiva. È pur vero che tirando il dado si ha uno strumento rapido, veloce e uguale per tutti (“‘a livella” GdR, avrebbe detto Totò) per stabilire la casualità, ma è anche vero che a volte un paio di tiri di dado sfortunati possono rovinare la sessione di gioco più memorabile, ben interpretata ed emozionante della nostra vita. Probabilmente il Diceless nasce per sopprimere questa possibilità. In pratica sono la plausibilità degli eventi, le azioni dei giocatori ed il giudizio del Master a creare le necessarie svolte dell’intreccio narrativo del gioco, e ad incanalare la sessione sui binari dell’imprevedibilità. La costante mutevolezza della mente umana è in fin dei conti l’elemento aleatorio per eccellenza (in questo momento non siamo le stesse persone di ieri né di cinque minuti fa, direbbe un buddhista), ma ponderata dalla ragionevolezza che ogni buon giocatore di ruolo e ogni buon master dovrebbe possedere (che poi certi giocatori e certi master a volte dimostrino di possedere meno buon senso di un dado da 20 è amara realtà, ma questo è un altro discorso).
Un Diceless famoso negli anni ’90 ed esemplificativo è stato Ambra (Amber Diceless Roleplaying Game), ambientato nel mondo creato dall’autore di fantascienza Roger Zelazny per i suoi romanzi del ciclo fantasy Ambra, il primo dei quali è stato Nove Principi in Ambra. Il gioco di ruolo di Ambra è inusuale nel fatto che non vengono usati dadi per risolvere le situazioni aleatorie, come i conflitti o le azioni dei personaggi. Invece queste sono risolte mediante un semplice sistema di comparazione delle abilità e di narrazione descrittiva delle azioni da parte di giocatori e Master, con insindacabile giudizio finale di quest’ultimo. È chiaro che questa non è una tipologia di gioco adatta a tutti: richiede una certa maturità come giocatore, una certa predisposizione al gioco interpretativo, e un certo grado di fiducia nel proprio Master. No powerplayer o coloro che vedono nel Master un nemico: con costoro sarebbe estremamente arduo per chi conduce il gioco far accettare le proprie decisioni e per i giocatori stessi sarebbe ben poco pensabile raggiungere un minimo di soddisfazione.
Una soluzione potrebbe essere un gioco come Vampires: The Masquerade. Pur avendo un meccanismo basato sul dado per risolvere alcune componenti, lo spirito del gioco e il sistema di ricompense conduce il giocatore a mostrare più la personalità e la natura del personaggio piuttosto che esplorare in maniera dettagliata la singola statistica. I tanti agognati punti esperienza si guadagnano più che altro con una buona interpretazione ed un buon roleplay, e nemmeno in fase di creazione del personaggio si tira alcunché. Insomma un sistema che premia più la sostanza del ruolo che la meccanica aleatoria di base, riconducendo tutto alla dicotomia “Sistema vs. Roleplay”.
E voi Illyoners, che ne pensate, mai provato a giocare un Diceless? Che esperienza ne avete ricavato?
– Luca Tersigni –