Mesi fa, fra me e la Regia esplose la domanda la cui risposta non è 42: quale trilogia di Star Wars è la migliore? Un amico affermava convinto che fosse quella vecchia il meglio del meglio, con il suo lore, i suoi personaggi profondi, il genio di George Lucas. Noi, ovviamente, eravamo ben poco convinte di questo: che possono fare quei tre elementi contro la spettacolarità della nuova trilogia, contro la quantità di personaggi e gli esaltanti combattimenti?
La conclusione è stata che ‘sti sei film bisognava rivederli con un po’ di attenzione critica.
Non lo avessi mai fatto. Avete presente quando amate incondizionatamente una serie live action o a cartoni animati degli anni ’70/’80 e, sull’onda del revival – entusiasti – vi riguardate finalmente le repliche televisive? Ecco, se non avete presente, non sperimentate. Pezzo dopo pezzo, quel bel castello di vetro che vi eravate costruiti inizierà a crollarvi in testa.
Il fatto è che se ti crolla in questo modo Masters of the Universe riesci anche ad accettarlo. Il fattore serie animata per il subconscio ha sempre quel sapore di mezza cavolata e cosa poco seria, soprattutto se è roba vecchiotta e sei una specie di appassionata di mecha (e quindi sai bene quanto siano bruttini e tutti uguali certi cartoni d’una volta).
Quando però questo succede con un film, con una saga, con Star Wars… l’incredulità e i puntini di sospensione si impossessano di te. Pensi seriamente che il videonoleggio ti abbia dato la custodia giusta e il disco sbagliato. Cerchi di convincerti che in realtà è una parodia. Voglio dire: è evidente che è una parodia distorta di quello che ti ricordavi. È una parodia, ragazzo simpatico del noleggio, dimmi che è una parodia ti supplico. Ma il ragazzo simpatico del noleggio ti risponde che no, non è una parodia e ti guarda anche piuttosto male. Maledizione. Allora ho visto lo Star Wars giusto?
È tempo di prendere quella statua sfavillante d’oro che da anni teniamo sul piedistallo e demolirla a colpi di mjolnir. Perché? Perché Star Wars non è quello che tutti pensiamo, crediamo, ricordiamo o ci ostiniamo ad affermare.
Star Wars, signori, fa schifo. Almeno a livello tecnico. E tutti e sei i film, indistintamente.
Via le mazze e le asce, e via anche le spade laser, non è ancora tempo di reclamare la mia testa!
Qua stiamo facendo un discorso in cui l’oggettività è d’obbligo, e mi costa dover fare un articolo di questo tipo perché, comunque, sono un’appassionata e trovo che l’universo di Star Wars, l’idea generale, sia meraviglioso. Ricco di tantissime cose, di personaggi fantastici e profondi, di trame da perdere il fiato, di design di cui no, non potremmo fare a meno. È uno dei cardini imprescindibili della fantascienza e del fantasy, l’epopea che, in tempi moderni, insieme a Dune, meglio unisce i due generi sviluppandoli appieno attorno all’avventura e all’intrigo politico.
Però i film fanno schifo.
La trama della trilogia classica è molto incalzante, sicuramente più di quella nuova – in cui è la dimensione politica ad avere maggior rilievo, costretta a confrontarsi con l’azione che porta Luke e compagni a sconfiggere l’Imperatore malvagio (ma Star Wars è fantasy o fantascienza?! – come argomenta il Profeta Marras). Diciamo che come storie ce n’è per tutti i gusti: se si cerca l’avventura in stile fantasy, la trilogia vecchia è perfetta, se si cerca la trama politica più in linea con la fantascienza, nella nuova c’è tutto quello che serve.
Ma gli Star Wars I, II e III sono odiosi. Perché? Perché c’è Jar Jar Binks? Perché citano i midichlorian? Perché c’è la storia d’amore? No. Facciamo un’analisi ancora più basilare: tutto diventa pesante perché i film sono lunghi. Quindici minuti e passa di corsa con gli sgusci? Ma stiamo scherzando? Lucas, ma ti devo venire a corcare di mazzate (scusate, era parecchio che sognavo di scriverlo)?
Il personaggio divertente c’è sempre, Jar Jar non è niente di diverso da Chewbecca – e non dite di no. Dove sta la differenza? Chewbe fa versi, Jar Jar parla male: stesso concept, quello del personaggio che non si capisce. Chewbe a volte mette nei guai gli altri, Jar Jar è un casinaro che mette nei guai gli altri. Era necessario ripetere il ruolo? No, ma questa è colpa di Lucas, non di Jar Jar.
Per quanto riguarda la storia d’amore, c’era anche nella trilogia classica, ma vi do ragione: era diversa. Era diversa perché il rituale di accoppiamento fra Leila e Han prevedeva un’infilata di battutine salaci frammiste a esternazioni di odio reciproco. Li adoro. Anakin e Padmé sono più classici, più fiabeschi… ma Star Wars, se arriviamo al nocciolo, è una fiaba, quella che ci raccontavano già le nostre nonne quando eravamo alti come un fagiolo: è la storia del Bene che combatte il Male. La differenza con le favole è che Padmé combatte a fianco del suo cavaliere, anticipando di anni ciò che stiamo vedendo adesso con Once Upon a Time, Maleficent e Frozen. Inoltre, fra Leila e Han, e Padme e Anakin, sono passati vent’anni: entrambe le opere sono adolescenziali, ma nel 1999 non si potevano più mettere certe battute e certi scambi di sguardi, pena l’innalzamento immediato del rating. Soprattutto in America.
Apro e chiudo in quattro righe il capitolo “personaggi secondari”. Ringrazio che nella nuova trilogia ce ne siano così tanti – mentre in quella vecchia erano ridotti all’osso. Vediamo molti Jedi, qualche Sith, molte spade laser, una marea di ignoti-noti che per lo meno sono stati inseriti e che sono sicura agli amanti dei libri abbia fatto molto piacere vedere sul grande schermo. Ringrazierò per l’eternità di aver avuto Greevious, Dooku e Qui-Gon Jinn. Peccato, però, che in nove ore piene di film il nostro Lucas abbia preferito metter dentro 15 minuti di corsa con gli sgusci, piuttosto che approfondire anche uno solo dei suoi personaggi secondari. Ah, a ben guardare c’è riuscito male anche con i primari, visto che la drammaticità della corruzione per via dell’amore di Anakin non è stata minimamente esaltata. È un tema meritevole che trattano in pochi, e che neanche lui si è dimostrato in grado di potenziare.
Il vero problema, comunque, restano le tempistiche della pellicola, che in questo caso fa piazza pulita di quella “scienza” che alcuni registi applicano con precisione millimetrica. Le scene perdono di interesse dopo un po’, e Star Wars resta un film d’azione – nonostante il genere principale sia il sci-fantasy. Perdere tempo in punti che non apportano nulla né alla trama, né ai personaggi, né all’azione e che non sono veramente interessanti, rende un risultato scadente. D’altro canto, quando crei una sceneggiatura e fai il montaggio, dovresti attenerti a tre concetti fondamentali: l’essenziale per non fare una trama sconclusionata, l’utile ai fini della narrazione e dei personaggi e l’interessante per la curiosità dello spettatore. Tutto il resto non va messo, men che mai il film deve essere “quello che il regista vuole girare e vedere”, perché è il momento in cui si fanno scempiaggini. Ed è qui che la trilogia nuova cade in un baratro infinito.
Se non lo avete mai fatto, andate a cercare a chi è in mano regia e sceneggiatura dei sei film: vi accorgerete che quelli più vecchi sono co-partecipazioni, le quali probabilmente hanno mitigato la smania di Lucas. Quelli nuovi, in cui tutto è affidato a lui… sono diventati il suo parco giochi. Tanto che, ora che poteva, ha ritoccato solo alcune delle scene dei vecchi film – quelle che gli interessavano. La scena prima non è uguale a quella dopo anche se è lo stesso contesto? Non gli è importato, lui aveva dei punti fissi che si era immaginato in un altro modo e, con le nuove tecnologie, li ha resi quello che sognava. E senza una logica utilitaristica, senza tenere conto di quanto i fan sarebbero stati d’accordo, di cosa desideravano, di cosa sarebbe stato doveroso ritoccare: no, lui in una scena a Tatooine voleva un robottino svolazzante che prima non aveva messo, e ce lo ha aggiunto. Punto.
Non è che da fan mi sento ignorata da Lucas, Eterni benedetti, non è proprio questo. Un regista è tale anche perché sa prendere delle decisioni ignorando lo stuolo di fan ciancianti. Ma qua si esagera con il “faccio quello che voglio, faccio quello che mi piace”. Perciò per fortuna che la Disney ha rilevato tutti i diritti della LucasFilm, per fortuna che Lucas è diventato un regista indipendente: non rivedrò mai più un suo film e, magari, riuscirò a godermi uno Star Wars in grazia, della durata di due ore, due ore un quarto, e perché no… con il magistrale tocco di J.J. Abrams, che alla regia ci sa fare.
So che con questo articolo mi sono appena messa in grossi guai, quindi… innalzo il mio scudo di Forza, impugno la mia spada laser e aspetto i vostri commenti!
– Lucrezia S. Franzon –