“Cinquecento piedi sotto terra. Buio. Solo buio attorno a noi. Solo buio e desolazione. Solo buio e desolazione e miseria. Solo buio e desolazione e miseria e fame. Solo buio e desolazione e miseria e fame e follia. Solo buio e desolazione e miseria e fame e follia e orrori. Orrori. Buio. Morte. Follia. Follia. Follia.”
The Highway man.
DISCESA
Di cosa vi parliamo oggi, cari amici? Di un bel videogame, Darkest Dungeon, un innovativo Roguelike a turni ad ambientazione gotico-horror, sviluppato dal team Red Hook Studios, che ha come tema portante la discesa nelle profondità del dungeon e le conseguenze che ciò comporta. Ogni volta che inizieremo una quest, avremo una mini mappa nell’angolo in basso a destra della schermata per decidere quale via percorrere; una volta decisa, si procede da sinistra verso destra scendendo lentamente, ma ineluttabilmente, nelle viscere della terra. Nel caso in cui ve lo stiate chiedendo, sì, il gioco è un side scrolling. Ma non fatevi ingannare dalle apparenze, non è né un facile, né tantomeno clemente. Lo capirete sin dalle prime battute: iniziando la quest “La strada vecchia”, che fa da tutorial al gioco, potrebbe capitarvi sin da subito di morire, oppure di accumulare qualche malus.
ABISSO
Superato il tutorial con i primi due elementi del gruppo (il paladino e l’uomo della strada) avremo accesso alla città, primo e ultimo baluardo di semi-normalità in tutta questa putrescenza. Qui avremo accesso a vari servizi quali il bordello (per alleviare lo stress), il sanitarium (per recuperare dei malus), il negozio, l’ufficio reclutamento, più vari altri. Nonostante il poco tempo di gioco, già emerge la sua forte personalità: la grafica e le animazioni sono stupefacenti, e la voce narrante cupa e quasi atona immerge completamente il giocatore in un mondo fatto di disperazione. Recuperati altri due elementi del party (il cerusico e la vestale) ci addentriamo nella prima vera missione di gioco.
FOLLIA
Da qui inizia il gioco vero e proprio. Sempre orientandoci con la mini mappa, inizia la discesa nel dungeon. Per l’occasione il gruppo ha acquistato delle razioni, delle torce ed equipaggiamenti vari. Posizionati gli eroi nel modo più appropriato, il gruppo procede per la prima stanza. Ci imbattiamo in dei massi: cercare di sgomberare la strada demoralizza il gruppo. Nella seconda stanza incontriamo un gruppo di scheletri e parte lo scontro: ci si presenta davanti una schermata con le varie opzioni di combattimento per personaggio, ma siamo caduti in una imboscata, quindi ad attaccare per primi sono gli avversari. Il paladino in prima linea subisce un critico che lo spaventa e lo spedisce diretto nelle retrovie: questa è la prima dimostrazione del sistema di afflizioni. Le afflizioni possono comportare delle conseguenze momentanee (come la paura del paladino) o permanenti, che si possono manifestare sia come malus (lo stressato dottore che con la sua presenza e i suoi modi innervosisce l’uomo della strada), che come semi-bonus (che fare con il cacciatore di taglie alcolizzato? L’ebbrezza dell’alcol lo rende più forte ma anche meno affidabile). Riuscendo a combinare le abilità della vestale e del cerusico con una combo, il combattimento termina con il Paladino che ora ha l’afflizione “paura dei non morti”, e ciò significa che combatterà ancora bene contro altri mostri, ma che i non morti sono per lui ora un ostacolo, oltre alla “claustrofobia” data dal dungeon e la “paura dell’ignoto” data da una lettura di un libro. Dovremo aspettare di tornare alla città per sperare di recuperarlo, cosa che ci costerà un bel po’ di soldi. Il gioco ci porrà spesso davanti a queste scelte. Spendere soldi e recuperare un personaggio o concentrarsi sui sopravvissuti meno logorati e renderli più forti? Darkest Dungeon è l’espressione videoludica del detto “ciò che non ti uccide ti rafforza”, anche se andrebbe modificata in “ciò che non ti uccide ti rafforza…forse.”
Il gioco, ancora in Early Access su Steam, uscirà per PC, Mac, PSVita e PS4 nel corso del 2015. Al momento offre 10 classi d’eroi, 3 dungeon, una dozzina di mostri e più di 130 oggetti. I personaggi rispondono in modo dinamico ad ogni evento che gli capita a tiro: un cadavere in decomposizione potrebbe innervosire il nostro uomo della strada, o alimentare la furia del nostro paladino. Se la pressione psicologica diventa eccessiva, il risultato sarà che quel personaggio riporterà dei traumi psicologici rappresentati dai malus dati dalle perk. Le condizioni sono tantissime e vanno dall’alcolismo all’avarizia, fino al sadismo, e ognuno di loro si trascinerà come un enorme macigno, lungo tutto il gioco, il proprio bagaglio emozionale dato dalle esperienze vissute. La sopravvivenza del più forte è dato certo ma non sicuro, visto che NESSUNO è il più forte. Prima o poi anche il crociato che ne ha viste di cotte e di crude crollerà alla vista di un demone. Il combattimento è profondo, permeato di tattica e strategia e presenta sempre sfide ogni volta diverse. L’ordine del party è cruciale al fine di combinare gli attacchi tra i personaggi, fare danno, e al tempo stesso preservare la salute fisica e mentale dei membri. È un GdR che si incentra sulla vita dell’avventuriero e le conseguenze che questa ha. Diciamoci la verità, tutti i giocatori di ruolo hanno combattuto almeno una volta degli zombie. Ma il punto è, quanti di noi (nel gioco, ovvio) si sono svegliati nel cuore della notte, grondanti di sudore, con l’immagine fissa di quella volta che dormendo nella cripta siamo stati assaliti da quella puzza di marcio? Che poi ci voleva anche mordere? Darkest Dungeon è tutto questo, un RPG da non perdere assolutamente, un’esperienza unica e rara in un mondo di oblio.
– Andrea Fabiano –