L’appassionato di Giochi di Ruolo che frequenta siti specializzati, forum, gruppi sui social network e blog sull’argomento, non avrà potuto fare a meno di incocciare nella definizione “Old School Renaissance” (Rinascimento della Vecchia Scuola), abbreviato “OSR”. Di cosa si tratta esattamente? Orsù, cari Illyoners, permettete al vostro umile novello Virgilio di guidarvi negli inferi della “vecchia scuola”.
Col trascorrere dei decenni, dopo la nascita di D&D, il peso di regole e opzioni divenne sempre più gravoso sul sistema di gioco. Gli elementi originali, quali il regolamento semplice ed aperto, la possibilità di improvvisazione, e il combattimento basato sull’immaginazione di gruppo, lasciarono sempre più spazio a un mare di tabelle e liste di abilità speciali di crescente complessità. Questo trend, iniziato dalla stessa TSR ai tempi delle sue difficoltà finanziarie, ebbe un ulteriore impulso di crescita dopo l’acquisizione (a fine anni ’90) del brand da parte di Wizards of the Coast. D&D, sotto la guida dei “Maghi,” cominciò ad assorbire il loro stile, sia nella presentazione che nelle meccaniche di gioco. L’enfasi si spostò gradualmente sul combattimento e sulla costruzione di personaggi sempre più complessi, con miriadi di opzioni da scegliere, e potenti come dei piccoli supereroi fantasy. Il sistema, soprattutto nella versione 4.0, era diventato simile a un gioco da tavolo dove i giocatori muovevano i personaggi su una griglia, occupando gran parte delle sessioni con lunghissimi e complessi combattimenti. Le miniature, un tempo opzionali, erano ora obbligatorie, per non parlare della mole di supplementi disponibili.
In quegli anni iniziò a formarsi un piccolo movimento di persone che guardavano con disinteresse, se non con sdegno, alla strada intrapresa dai “figli e nipoti” del loro amato gioco di ruolo. Il gruppo coinvolgeva essenzialmente due categorie di giocatori: da una parte quelli originali delle prime edizioni degli anni ’70 e ’80 che, stoicamente, non avevano mai smesso di giocare e amavano ancora l’edizione con cui erano familiari (prime edizioni di D&D, oppure l’AD&D originale di Gary Gygax).
Dall’altra, un gruppo di giocatori e autori degli “anni d’oro”, che a un certo punto si erano allontanati dai giochi di ruolo, assorbiti da problemi e responsabilità della “vita reale” o (nel caso degli autori) disillusi e demotivati dopo il crollo della TSR ma che, in età ormai più che matura, avevano sentito potente il richiamo nostalgico dei vecchi dadi e manuali.
Questi agguerriti ruolisti in crisi di mezza età non trovarono ciò che cercavano nelle nuove versioni di D&D o in altri giochi moderni. Innamorati delle dinamiche dei vecchi sistemi di gioco di cui erano stati pionieri, ritornarono agli antichi manuali o, in loro assenza, cercarono di riscriverli. Qui entrò in gioco la Open Gaming License (OGL), introdotta dalla WotC nel 2000, che permetteva a chiunque di pubblicare opere basate sull’Open Gaming Content del d20 System, il nucleo di regole su cui si basa D&D. Grazie alla OGL i nostri nostalgici giocatori e autori produssero nuove iterazioni del sistema originale, con minime variazioni o miglioramenti, al fine di ricreare lo stesso feeling di una volta. Nascevano così i “retro-cloni”, fenomeno che, partito da D&D, si allargò poi a vari altri sistemi dell’età dell’oro del GdR. I primi esempi riconosciuti di prodotti di questo tipo furono Castles & Crusades (2004) e Old School Index and Resource Compilation, conosciuto come OSRIC (2006, riproduzione del primo AD&D), ma presto i retro-cloni proliferarono. Labyrinth Lord, Swords & Wizardry, Mazes & Perils, Dark Dungeons, Basic Fantasy e alcune interpretazioni più “estreme”, quali Dungeon Crawl Classics e Lamentations of the Flame Princess, sono solo alcuni dei nomi più famosi. Una lista completa esula dagli scopi di questo articolo, ma basterà una breve ricerca sulla rete per rendersi conto che ci si può ormai perdere nel mare di questi prodotti “indie”, che replicano bene o male tutte le versioni del vecchio D&D e tanti altri sistemi di un tempo.
Il movimento della OSR, negli anni, ha fatto proseliti anche tra i giocatori meno attempati, ed è oggi una voce piuttosto forte ed influente nel settore, tanto che la stessa Wizards of the Coast non ha potuto evitare di tenerne conto. Nel 2012 sono, infatti, uscite le ristampe in versione “da collezione” di manuali ed avventure della prima versione di AD&D, e lo stesso trattamento è stato poi riservato alla 2nd Edition. Successivamente, dal 2013, sono state pubblicate nel negozio online Dungeons & Dragons Classics copiose quantità di materiale (in formato pdf) di ogni edizione. Acquistando la TSR i “Maghi” hanno ereditato una enorme mole di prodotti di cui non sempre hanno saputo apprezzare il valore, ma sono stati lesti a carpire l’opportunità per trarne qualche guadagno a costo quasi-zero. Cinismo a parte, avere la possibilità di attingere a un simile archivio di classici è oggettivamente un’opzione fantastica sia per i nostalgici che per i giocatori di primo pelo.
Giungiamo infine al nuovissimo D&D, di cui tante volte abbiamo già parlato. Come ben saprete, dopo le critiche al suo predecessore, WotC ha deciso dare peso al feedback degli appassionati e ha coinvolto oltre 175.000 fans nella creazione della versione 5.0. Il risultato è che il nuovo Dungeons & Dragons guarda con accresciuto rispetto al passato: il nucleo di regole concise, chiare e coerenti, senza troppe complicazioni o miriadi di tabelle, è un concetto che “odora” fortemente di “vecchia scuola”. I fan entusiasti di tutto il mondo raccontano di sessioni dinamiche, combattimenti veloci e divertenti, necessità quasi nulle di consultare manuali durante il gioco e possibilità di fare a meno delle miniature: caratteristiche impensabili nelle precedenti incarnazioni del gioco targate WotC. D&D 5.0 non è un gioco “old school”, essendo infarcito di idee moderne, ma è stato creato per compiacere tutte le categorie di giocatori e, incredibilmente, sembra riuscirci. Avendo lo stesso patrimonio genetico delle prime versioni, e grazie a una certa modularità delle regole (il manuale del DM suggerisce spesso quali regole ignorare per avere una versione più “hardcore”), si può giocarlo con un approccio “old school” e anche la conversione di vecchi moduli d’avventura non è particolarmente ostica. Il nuovo Dungeons & Dragons non è un gioco “old school” dicevamo, ma è senza dubbio un gioco “old school friendly”.
Volendo restare nell’ambito dei richiami alla Storia dell’Arte, si può concludere che la Old School Renaissance sia un movimento assimilabile al Neoclassicismo, più che al Rinascimento. I suoi esponenti guardano alle opere del passato come modello, in reazione alle “stravaganze barocche” dei giochi moderni; sono convinti che il meglio di D&D e dei GdR in generale sia stato prodotto nel “Periodo Classico” e che non sia necessario cercare oltre. Meglio recuperare gli insegnamenti degli antichi ed auspicare un ritorno allo spirito, se non alla lettera, dei loro capolavori.
E voi, amici Illyoners, come la pensate?
– Lorenzo Santini –