Elen sila lumenn omentielvo, avventurieri! Con l’intervista di oggi diamo voce ad uno scrittore sci-fi nostrano che ha saputo ritagliare il suo spazio nella letteratura di genere: stiamo parlando di Francesco Verso. Nato il 29 marzo 1973 e con ben tre libri all’attivo, racconti e adattamenti teatrali, l’autore bolognese si contraddistingue per la spiccata passione verso l’introspezione atropologico-sociale che si denota chiaramente all’interno delle sue opere.
Cominciamo con una domanda classica: chi è Francesco Verso?
Una persona che ha scoperto (per fortuna non troppo tardi) quello che avrebbe voluto fare, e cioè scrivere storie sul futuro e pubblicare quelle degli altri. Dopo otto anni passati a lavorare in una multinazionale dell’informatica ho deciso di cambiare mestiere, correre un rischio e vivere con meno ma meglio. Adesso dopo cinque romanzi scritti e tre pubblicati, un’esperienza da editor in una piccola casa editrice come Kipple Officina Libraria, ho fondato un’etichetta, chiamata Future Fiction, insieme all’amico Francesco Mantovani.
C’è qualche scrittore a cui ti ispiri quando crei le tue storie o di cui vorresti emularne le gesta?
Da giovane ho adorato Frank Herbert, l’autore di Dune, e poi Chuck Palahniuk e ultimamente Ian McDonald e James Patrick Kelly. Più che emulare qualcuno vorrei trovare la mia strada, credo di averla intravista, e adesso si tratta solo di percorrerla fino in fondo. In genere mi piacciono gli autori che hanno una visione del mondo completa, omnicomprensiva, e dal respiro più ampio possibile, autori che riescono a toccare l’universale, di qualunque genere si tratti.
Qual è l’opera alla quale sei più affezionato tra le tue pubblicazioni, e perché?
Potrei dire Livido, un romanzo che mi ha dato molte soddisfazioni, tra cui il premio Odissea Delos Books e il premio Italia 2013 come miglior romanzo di fantascienza italiana, ma in realtà è I Camminatori: è la storia più complessa che mi è capitato di scrivere, eppure è quella che considero più affascinante poiché implica una trasformazione del genere umano, sia dal punto di vista anatomico (si parla di nanotecnologia applicata al corpo umano) che lavorativo e abitativo (la città diventerà un percorso, non più un luogo sedentario).
Ne “La morte di Fernando Morales” tocchi un tema ad oggi molto discusso, l’eutanasia. C’è un modo chiaro secondo te per far comprendere non soltanto l’importanza di tale tema, ma anche la necessità che possa essere applicato senza che possa suscitare ogni volta un grande clamore?
Non sta a me dare soluzioni su un tema così delicato. Con questo racconto ho solo cercato di rappresentare un punto di vista, quello di un personaggio fittizio come Fernando Morales, estremizzando il discorso, rendendolo un po’ grottesco e surreale, per cercare di far riflettere sulla questione. Credo che la cosa più importante sia rimanere aperti e non chiudersi a priori né in un senso, per chi è contrario, né nell’altro, per chi è invece favorevole all’eutanasia.
Parlaci di Future Fiction: come nasce questo progetto?
Future Fiction nasce con due obiettivi principali: 1) offrire ai lettori e alle lettrici di genere fantascientifico voci provenienti non solo dal mondo anglofono ma anche da lingue e geografie differenti. Questo perché il futuro arriva dovunque e quindi anche queste storie andrebbero lette ed apprezzate. L’anno scorso abbiamo pubblicato autori greci, rumeni e nigeriani, mentre quest’anno avremo storie provenienti dalla Lettonia, dalla Cina, dallo Sri Lanka e dalla Francia; 2) così come esistono molti futuri, esistono altrettanti modi di esprimerlo e quindi insieme ad altri artisti, film-maker e performer stiamo costruendo una Future Fiction Factory in modo che una storia scritta diventi un ebook, un ebook si trasformi in una performance teatrale e una performance teatrale in un’installazione multimediale, una video-proiezione oppure un oggetto stampabile in 3D o ancora una visualizzazione in motion-capture. L’anno scorso, insieme alla performer Katiuscia Magliarisi, all’attrice Chiara Condrò e al musicista Simone De Filippis ho collaborato allo spettacolo di fantascienza teatrale The Milky Way che è andato in scena al Teatro Tor di Nona di Roma e che riproporremmo l’8 marzo 2015 al Teatro di Porta Portese durante una serata dedicata appunto a Future Fiction.
C’è qualche saga che apprezzi in particolare?
Come dicevo, i sei libri di Dune sono stati una rivelazione, una storia che mi ha accompagnato per molti anni e che non smetto di rileggere a distanza di anni. Oggi mi interessano altre forme di serialità legate a un tema, come per esempio la serie televisiva inglese Black Mirror di Charlie Brooker, che esplora il tema della tecnologia e delle sue conseguenze sociali ed antropologiche nel futuro prossimo.
C’è un progetto attualmente in lavorazione o uno che desidereresti pubblicare?
In questi mesi sto finendo il secondo libro dei Camminatori, composto da un primo romanzo dal titolo “I Pulldogs” e appunto da un secondo, “No/Mad/Land”, che conto di finire entro il 2015.
E poi vorrei trovare il modo di realizzare un corto, un film o una piccola serie web tratta da un racconto breve “Flush” a cui sto lavorando da alcuni anni insieme a un gruppo di film-maker.
Ringraziamo Francesco Verso per la sua disponibilità nel concederci quest’intervista e speriamo presto di poterlo nuovamente accogliere tra le nostre pagine, con un sincero augurio per i suoi futuri progetti. Per oggi è tutto, buona fortuna, avventurieri!
–Michele Giuliani–