Siamo un po’ lontani dalla festa della donna, ma questo articolo è dedicato per lo più alle giocatrici di ruolo. Non che gli uomini non possano leggerlo – sono sicura che l’argomento interessa un po’ tutti – ma il problema che considererò tocca soprattutto il genere femminile, su questo non ho dubbi.
Non siete players che mordono il cavo del controller o il dado? Se l’unica cosa che smangiucchiate durante il gioco sono le parolacce e il retro delle matite, continuate pure a leggere.
Il problema questa volta non è puramente lo stereotipo della “giocatrice” in quanto persona reale, bensì quello del “personaggio femminile”, un argomento che ha risvolti interessanti e molto più complicati. Infatti, mentre la “giocatrice” è stata stereotipata di recente, il “personaggio femminile” ha subito questa classificazione sin dagli albori del tempo. A partire dal mito.
Spesso e volentieri infatti la donna è “relegata” al ruolo di aiutante, il cui compito è fornire l’elemento chiave per il successo dell’eroe. Solo che, alla fine di tutto, esaurito il suo importantissimo compito e permesso al Teseo di turno di sconfiggere il Minotauro della situazione, l’Arianna viene per l’ennesima volta abbandonata in Nasso. Senza troppi grazie né per favore: il personaggio maschile vuole l’avventura e il personaggio femminile rappresenta il focolare domestico, la casa e il matrimonio, cioè quell’impedimento che non permetterebbe all’eroe di proseguire nella sua cerca di gloria. Quindi, a fianco di figure mitologiche molto belle, molto intense e molto controverse (come Proserpina, la tipica principessa in pericolo che alla fine… non vuole essere salvata, un classico caso di sindrome di Stoccolma), è l’eroe, l’uomo, il maschio a spiccare. Neanche le mitologie legate alle tradizioni matriarcali sono esenti da questo stereotipo, in quanto in quei casi la regina-sacerdotessa in conclusione del rituale uccideva (più o meno fittiziamente) l’uomo per permettere la rinascita… che avveniva, però, in virtù dell’energia maschile.
In ogni caso, da millenni ormai la tradizione è “maschilista” e sembra non siano bastate le battaglie femministe a cambiare lo stereotipo.
Ma farlo è realmente possibile? A livello letterario e cinematografico, sono molti secoli che la donna è relegata a spalla, a controparte di uomini che in lei trovano l’aiuto, l’amore, una motivazione per diventare eroi.
Dove voglio andare a parare? Parliamo di creazione di personaggi.
Ho idea che il subconscio del circuito celebrale base funzioni con le seguenti equazioni:
player maschio = pg maschio; in minor misura, e possibilmente no, pg femmina
player femmina = pg femmina, assolutamente.
Settimana scorsa mi sono impuntata sul voler cambiare il mio secondo pg di D&D. Giocare un giullare fedele a Lliira dopo un po’ è monotono, molto meglio passare ad un’anima prescelta di Jergal, ma bella tranquilla e beona (misura? pff, sono un’anima prescelta, non un chierico!). E poi ho avuto la trovata geniale: facciamo il pg albino.
Ingarellatissima entro su google immagini e cerco una bella guerriera. E poi ci penso, ci penso, ci penso e il giorno dopo, disperata, mi consulto con la mia regia. Eccola la domanda drammatica: “ma lo faccio maschio o femmina?”. La regia sentenzia implacabile: “maschio, tu non riesci a giocarle, le femmine”. Replico: “e poi, in effetti, se la gioco donna la caratterizzazione primaria è che è una donna combattente, piuttosto che un’albina”.
Perché questo siparietto sulla mia vita videoludica, anzi, dadoludica? Perché sì, è vero, io non so giocare pg femminili, sono anni che mi trovo meglio con gli uomini. Perché? Perché gli stereotipi maschili sono belli, il pg maschile stereotipato risulta più accattivante di una controparte femminile e, soprattutto, un certo modo di caratterizzare un personaggio è più attraente su un uomo, che su una donna.
Vediamoli in dettaglio perché, per gli Asgardiani, ne è venuta fuori una discussione di un paio d’ore:
– il tuo pg donna beve come un carrettiere, parla come uno scaricatore di porto e non si fa problemi a godersi la vita: eccola, un’altra che vuole sembrare un uomo… porcaccia, no!
– il tuo pg donna usa lo stocco come la Prima Spada di Braavos, ma ha un carattere contenuto e non ha problemi a mostrare la sua femminilità: eccola, l’austera tirosa… no, no, no!
– il tuo pg donna è un’incantatrice: strano che non sia in giro nuda… ecco, appunto.
– il tuo pg donna è un’incantatrice (1.5): ah, ora abbiamo una powerplayer… Dei, aiuto!
– il tuo pg donna è una barbara: bikini armatura… perché?!
– il tuo pg donna è un pg donna: ma dietro c’è un player maschio… una parola, lol (in questo caso si dividono in due, quelli bravi che non le fanno fare niente di strano… e quelli che la usano come fosse una… donna di malaffare, meretrice).
– il tuo pg è donna è un pg donna (1.5): la gioca una donna, non sa giocare… sì, c’è ancora questo stereotipo.
– il tuo pg donna è un pg donna (2.0): ci provo con lei, con il pg e con la player… ammettetelo, lo avete fatto (ed è questo uno dei motivi per cui sul web ludico godo di un sano anonimato dietro al “non ho genere”).
Passiamo ai maschietti:
– il tuo pg uomo beve come un carrettiere, parla come uno scaricatore di porto e non si fa problemi a godersi la vita: classico… il che può significare che è un figo, oppure che è banale, ma non si scadrà mai nel definirlo uno che vuole sembrare qualcosa che non è.
– il tuo pg uomo usa lo stocco come la Prima Spada di Braavos, ma ha un carattere contenuto e non ha problemi a mostrare la sua gentilezza: un tipo tosto, che sa stare al mondo… ma anche questo è banale.
– il tuo pg uomo è un incantatore: ha una vestina da donna, ma cavolo usa la magia… classico!
– il tuo pg uomo è un incantatore (1.5): ah, ora abbiamo un powerplayer… beh, almeno questo non cambia.
– il tuo pg uomo è un pg uomo: con dietro un player, che quindi sa giocare per forza un uomo.
– il tuo pg uomo è un pg uomo: con dietro una player… adesso inizia ad essere stuzzicante.
Sentite i brividi scorrervi lungo la schiena? I brividi hanno ragione.
Noi donne sappiamo essere fantasiose e fantasiste, voi uomini lo sapete, lo sapete benissimo… e voi donne, su un po’ di orgoglio: quanto siete brave con la fantasia? No, non ci stiamo trasferendo in Cinquanta Sfumature di Grigio, ma quando noi donne vogliamo creare un personaggio ci troviamo davanti ad un dilemma che dobbiamo risolvere con ingegno: creiamo un personaggio femminile così tutti ci provano con noi? Oppure creiamo un personaggio maschile? Però andiamo, i personaggi maschili sono così classici, così scontati… la soluzione c’è, ma ve la dico dopo.
Guardiamoci in faccia: quand’è l’ultima volta che al cinema, in un libro, in una land, in un videogioco siete restati davvero colpiti da un personaggio maschile “unico” e mai replicato?
Per me deve essere stato… tipo… mh. Ok, ce l’ho, Metroid. Il mio primo Metroid lo ho giocato in sala giochi. Ci andavo insieme a mio padre, pensate voi che figata. E sono restata letteralmente innamorata di quell’arcade. Per l’epoca era qualcosa di un po’ diverso dai picchiaduro. Il protagonista mi è restato impresso, la storia era bella… e poi ho scoperto che era donna. Samus Aran. Donna. Mi sono sciolta: eccolo il primo personaggio che mi è piaciuto davvero. Solo che non era maschio come credevo. Però lo abbiamo creduto tutti fino alla fine, fino a che lei non si è tolta il casco. A quel punto credo che la reazione della maggior parte dei giocatori sia stato amore a prima vista, indipendentemente dal fatto di essere uomini o donne. I primi ci hanno trovato un ideale di compagna con cui affrontare avventure e farsi coprire le spalle (come fosse un Master Chief), le seconde hanno sognato di essere proprio quella cacciatrice di taglie, o una sua amica e di accompagnarla a spaccare… a spaccare.
Ma se avessimo saputo fin dall’inizio che Samus era una donna? Avremmo giocato Metroid con lo stesso coinvolgimento? Lo ammetto: io no. Perché quando vedo un pg donna temo lo stereotipo: della leggerina sconsiderata, dell’austera superdonna della situazione, di quella che di uomini non ne vuole sapere (per mille motivi), di quella che avrà bisogno di troppo aiuto per arrivare alla fine.
È questo il punto. Questo modo di ragionare lo abbiamo perché è un cliché sociale e il cliché sociale genera il filtro con cui guardiamo il mondo.
Quindi, alla fine, cambio il mio giullare maschietto con un’anima prescelta maschietto che fa da secondo pg ad un primario maschietto.
Che barba? No, io ho trovato la mia risoluzione, che genera brividi lungo le spine dorsali maschili (qualcuno ha confessato):
– pg furfante umano, però giullare (quindi sempre borderline), però con una storia familiare assurda, però sempre divertente
– pg combattente umano, però albino, quindi disgraziato, però a posto con il mondo
– pg incantatore elfo, però reietto, però tenutario di un bordello, però si veste da donna (ogni tanto), però si trucca.
Non sono rappresentativa della media del giocatore di ruolo del pianeta Terra, ma valutando quello che giocano gli altri e le mille possibilità di gioco del panorama ludico la mia conclusione è questa: il personaggio maschile con caratterizzazione strana è quello che rende di più, anche a livello di possibilità di gioco.
Metti dei pantaloni ad un uomo: è normale. Mettili ad una donna: è normale comunque.
Prendi una donna e mettile una gonna e un corsetto: ovvio, scontato.
Prendi un giullare e fagli attraversare la piazza vestito da donna e con un ridicolo cappello a sonagli in testa: ilarità generale in chat. Bene, ci divertiamo tutti, io per prima!
Prendi una donna con armatura completa, pinta di birra e rutto pronto: come già detto, vuole essere qualcosa che non è. Al suo posto un uomo avrebbe suscitato il cameratismo di almeno metà della taverna.
Questo per quanto riguarda il fantasy, ma se consideriamo giochi sci-fi o horror come Cyberpunk o Vampire the Masquerade non cambia niente. L’unico che fa veramente dell’equità di genere è Call of Chthulu, ma per gli Orrori Cosmici siamo tutti uguali e sono loro i veri protagonisti del gioco (per la gioia dei narratori).
Via, cerchiamo di andare in chiusura dell’articolo prima che i colleghi mi lancino un dito della morte.
Non avrei mai pensato di scrivere una frase del genere, ma grazie Hunger Games! Per quanto io metta in discussione la saga, il personaggio femminile è centrale… e femminile. Al contrario di altre donne, che pur sono piaciute moltissimo, ma che non fanno altro che ricalcare la controparte maschile: Trinity di Matrix, l’ufficiale Ellen Ripley di Alien, Scorpion di Battlestar Galactica, la quale nella prima serializzazione era per altro un uomo e questo la dice lunga.
Per contro, ci sono personaggi stracazzuti che mettono in mostra tutta la loro femminilità, arrivando a rasentare il ridicolo. Emblematica è Red Sonja: muscolozzi, asce, spada, scudo… e bikini armatura, per gli Endless! Bikini armatura! Una barbara! Sì, sono molto indignata perché questa cosa non ha né capo né coda, e neppure una vera logica. Ma certo, che importa? Continuiamo a cavalcare a pelle nuda su una sella di cuoio duro e gelido, questo sì che è sensato.
La verità, lo so bene, è che importa quello che si vuole fare, se si vuole giocare con coerenza, scrivere un libro con una logica anche nell’abbigliamento e non solo nell’ambientazione, o se ci si accontenta di prodotti più infantili, di un gioco più semplice e di rese apparentemente più ad impatto visivo, accettando di tralasciare certi dettagli (importanti, per gli Osservatori!). La verità è che in qualche misura le giocatrici stesse sono maschiliste e non perché nella vita non sappiano essere femminili, ma per tutti i problemi evidenziati sopra. E la società – diciamocelo – non fa molto per aiutare a ribaltare l’idea che generi come fantasy e fantascienza, e hobby come il videogioco o il gioco di ruolo, siano anche femminili. Voglio dire, mia madre ad un certo punto (quando ero una fragola un po’ più bianca) voleva buttarmi via tutti i libri di fantascienza: “Perché è roba da maschi e tu ti devi interessare di scarpe e vestiti!”… inutile dire che non la ho molto ascoltata.
Le passioni sono passioni, le scelte di gioco dovrebbero prescindere dal genere, soprattutto perché il mondo ludico è finzione aliena ai problemi sociali, quindi dovrebbe esserci una vera equità. Sono sicura – lo vedo giornalmente nella land in cui gioco – che tanti problemi “sessisti” sono ormai stati superati , ma il problema è il substrato mentale con cui filtriamo inconsapevolmente tutto quello che viviamo. Cambiare questa cosa non sarà questione di anni, ma per fortuna l’apertura sempre maggiore dei generi e delle passioni tipicamente “maschili” all’universo femminile sta avendo un ruolo sempre più importante anche nelle scelte dei produttori. Perché alla fine, sono proprio queste le statistiche che contano: vendita di prodotti e indice di gradimento.
PS per tutti: se avete esperienze diverse, vi prego, mettetemene a parte, perché questo argomento mi interessa molto e vorrei sentire cosa avete da dire.
PS per le giocatrici: fatevi sentire, ma soprattutto provate anche solo per scherzo a giocare un pg uomo: è tutta un’altra cosa. Non dimenticando, ovviamente, di essere sempre fantasiste.
– Lucrezia S. Franzon –