Di come funzionino le cose nell’editoria italiana Alessio Vincenti sembra averne capito abbastanza, o almeno questo è quello che lascia pensare la breve nota biografica sulla quarta di copertina del suo romanzo d’esordio: Il Primo Sigillo. È sicuramente vero infatti che gli aspiranti scrittori superino di gran lunga il numero dei lettori; il corollario a questa affermazione, ovviamente mancante, è che proprio per tale ragione sono tantissime le case editrici che cercano di sfruttare i sogni e le ingenuità di questa folla di persone pronte a tutto pur di vedere pubblicata una loro creazione, anche a pagare in anticipo e di tasca propria la maggior parte delle copie del libro.
È la strada della pubblicazione a pagamento, intrapresa da tantissimi e proprio per questa ragione fonte di grossi guadagni per sedicenti case editrici che, nel migliore dei casi, non sono altro che delle semplici stamperie di pessimi libri, volumi a cui poi non riservano la minima cura, disinteressandosi completamente del lavoro di editing e di promozione, lasciato spesso in mano allo stesso autore. Alle volte, però, la materia prima è sufficientemente buona da reggersi in piedi da sola, con buona pace di correttori e campagne promozionali. Come per il romanzo di Alessio Vincenti, autore che dimostra, al suo primo banco di prova, di conoscere bene tutti gli elementi classici e i meccanismi del fantasy, aspetto fondamentale in un genere troppo spesso simile a se stesso e che raramente riesce a rinnovarsi.
Purtroppo Il Primo Sigillo non riesce a sfuggire agli insidiosi artigli della banalità, a quella sensazione di già letto che non era facile evitare, soprattutto a causa dell’espediente narrativo che regge l’intera trama, ovvero il viaggio in dimensioni parallele, un cliché talmente abusato da essere secondo, in quanto a scontatezza, solo ai viaggi nel tempo. Anche le motivazioni che portano a questo viaggio dimensionale appaiono poco convincenti e, soprattutto, poco verosimili. Il tutto avviene infatti per amore di una donna e più precisamente, in questo caso, per ritrovare Isabel, la compagna di Pau Andrés Santz, morta per un ictus, come scopriamo nel secondo prologo che apre il romanzo. Sì, perché questa storia fa solo da cornice alla trama vera e propria, salvo poi ricollegarsi ad essa nella parte finale del romanzo. La struttura della narrazione è intrigante e regge bene, incuriosendo e spingendo ad andare avanti con la lettura, ma sono altri i problemi. Appare davvero poco credibile infatti che, per quanto sia uno scienziato, Pau di punto in bianco semplicemente “decida” di costruire una macchina in grado di viaggiare nelle varie dimensioni attraverso i ponti di Einstein-Rosen, i cosiddetti wormholes, soltanto dopo aver letto qualcosa a riguardo, parlando più di una volta persino di vincere il Nobel con tale ricerca. Così come appare davvero improbabile anche il solo pensare ad un’impresa del genere per ritrovare la donna amata nell’altra dimensione, senza sapere minimamente neppure se esista o meno in un’altra realtà. Senza considerare per un attimo che, anche ritrovando il corrispettivo della persona che si amava, ci troveremmo comunque di fronte ad un’estranea, che al massimo può avere le sembianze di chi conoscevamo, ma nessuna della altre caratteristiche che sono scomparse per sempre con la sua morte. E questa è, in un certo senso, la triste verità con cui dovrà scontrarsi Pau nel mondo familiare e allo stesso tempo profondamente diverso di Gaian.
Gaian è il termine con cui ci si riferisce alla Terra nell’altra dimensione, e non è difficile riconoscere in questo nome quello di Gaia, la divinità greca della Madre Terra. Ma sono davvero molte le affinità con il mondo reale che si possono ritrovare nell’ambientazione fantasy che fa da scenario alla parte centrale del romanzo, soprattutto con la Spagna, luogo in cui si sviluppa inizialmente la triste vicenda di Pau. Vincenti dimostra di conoscere molto bene la geografia di questa nazione, facendola di continuo scorgere in trasparenza nella descrizione del suo regno di Castillion che, a differenza della vera regione dell’attuale Castiglia, qui comprende tutta la penisola iberica. La narrazione passa quindi repentinamente dai giorni nostri a un medioevo immaginario, come nella più classica delle tradizioni fantasy, e il cambio sembra giovare alla narrazione che diventa più avvincente, grazie anche alle diverse particolarità di questo mondo parallelo, tutte ben costruite. Così come molto intrigante mi è sembrata l’idea della Fratellanza della Verità, che in un primo momento può apparire familiare al lettore, che l’accosterà subito a un ordine religioso, con le stesse funzioni e potere che poteva avere la religione cattolica durante il medioevo in Spagna. Solo in seguito, tuttavia, ci si rende conto che si tratta di qualcosa di totalmente opposto, potremmo dire, addirittura, di un ordine antireligioso, votato alla cancellazione di ogni superstizione e di tutte le false credenze che farebbero ripiombare l’intero regno ai tempi bui prima dell’Illuminazione di Galdon, fondatore dell’ordine. Membro di questo è Calros, primo consigliere di re Evan, da poco salito al trono dopo la morte del padre in un incidente di caccia. Entrambi sono pieni di dubbi e vivono una lotta interiore che li porterà a viaggiare insieme alla ricerca di risposte. Per uno si tratterà di affrontare la scomparsa delle sicurezze e dei valori che gli erano stati dati dal suo ordine e su cui aveva basato la sua intera esistenza, ormai vacillanti dopo aver assistito ad un evento straordinario e inconcepibile per il Credo della Fratellanza; l’altro dovrà combattere contro le sue paure e l’ombra di suo padre, che vede come un re migliore di quanto lui potrà mai essere. Entrambi troveranno le risposte che cercano nelle leggende dimenticate e nell’oscuro passato di Gaian.
Le premesse per un buon fantasy ci sono tutte, e a sorreggere la trama c’è una scrittura solida e curata, eppure sono altri, a mio avviso, i problemi che fiaccano il romanzo. Interessanti e simpatici sono i dettagli culinari, ovvio retaggio del mestiere di cuoco dell’autore, ma lo è molto di meno l’abitudine di voler descrivere sempre ogni cosa, anche quando sarebbe il caso di lasciare i dettagli all’immaginazione del lettore, senza soffermarsi troppo su particolari inutili, tratteggiando con poche parole la scena ed evitando così di appesantire la lettura. In generale poi si ha la sensazione che la vicenda avesse bisogno di ben altri spazi per essere sviluppata per bene, soprattutto a causa dell’abbondanza di situazioni ed eventi che si susseguono e che la fanno sembrare quasi sacrificata all’interno delle appena duecento pagine di un solo romanzo. La stessa abbondanza ridondante che troviamo anche nel finale purtroppo, che mi ha ricordato la vignetta dei Peanuts qui a lato. Sembra quasi che si sia voluta mettere troppa carne al fuoco e l’insieme appare confusionario, rendendo la conclusione poco efficace. È certamente vero che non ci troviamo di fronte al finale vero e proprio, essendo questo solo il primo libro di una saga più ampia, ma comunque sia il volume andava concluso, e poteva essere fatto meglio di così. Tali problematiche sono dovute per lo più all’inesperienza dell’autore e (torniamo qui all’introduzione che ho fatto a questa recensione) alla totale mancanza di cura da parte della casa editrice che si è presa l’onere e l’onore di pubblicare questo romanzo. Se nel primo caso, infatti, alcune ingenuità da parte di un esordiente sono accettabili, soprattutto quando poi ci troviamo di fronte a una scrittura molto curata, frutto sicuramente di grande impegno e amore, nel secondo non possiamo girarci dall’altra parte. Il lavoro di editing e di rifinitura appare infatti grossolano e approssimativo, senza contare i fastidiosi errori di stampa. Tutto il libro, del resto, si presenta quasi come un’autoproduzione, dalla copertina anonima alla mappa del mondo, poco più di un semplice disegno abbozzato su un foglio. Il libro poteva essere valorizzato molto di più da una buona edizione che giustificasse i 15 euro del prezzo.
Il Primo Sigillo è un fantasy godibile e sicuramente interessante, ingabbiato però da alcuni difetti e da un’edizione per certi versi improponibile. La speranza è che gli appassionati del genere diano fiducia ad Alessio Vincenti e alla sua saga di Gaian, e di leggerne presto il seguito, magari in un contesto più fortunato per un nuovo e promettente autore nostrano.
– Davide Carnevale –